Ordinanza N. 82 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
18/03/1999
Data deposito/pubblicazione
18/03/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
11/03/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
come modificati dalla legge 7 agosto 1997, n. 267, 490 e 503, comma
1, del codice di procedura penale e 6, comma 2, della legge 7 agosto
1997, n. 267 (Modifica delle disposizioni del codice di procedura
penale in tema di valutazione delle prove), promossi con ordinanze
emesse il 19 dicembre 1997 dal Tribunale di Pistoia, il 22 dicembre
1997 dal Tribunale di Savona, il 18 dicembre 1997 dal Tribunale di
Alba, il 2 febbraio 1998 dal Tribunale di Novara, il 26 febbraio 1998
dal Tribunale di Avezzano, il 12 gennaio 1998 dal Tribunale di Bari,
rispettivamente iscritte ai nn. 124, 128, 145, 316, 396 e 399 del
registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 10, 11, 19, 23 e 24, prima serie speciale, dell’anno
1998.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1999 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che il Tribunale di Pistoia (r.o. n. 124 del 1998), il
Tribunale di Savona (r.o. n. 128 del 1998), il Tribunale di Alba
(r.o. n. 145 del 1998), il Tribunale di Novara (r.o. n. 316 del
1998), il Tribunale di Avezzano (r.o. n. 396 del 1998) e il Tribunale
di Bari (r.o. n. 399 del 1998) hanno sollevato, in riferimento agli
artt. 3, 24, secondo comma, 25, secondo comma, 27, primo comma, 101,
secondo comma, 102, secondo comma, 111 e 112 della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale dell’art. 513, comma 1, del
codice di procedura penale, come modificato dalla legge 7 agosto
1997, n. 267 (Modifica delle disposizioni del codice di procedura
penale in tema di valutazione delle prove), nella parte in cui tale
norma subordina al consenso degli altri imputati l’utilizzabilità ai
fini della decisione delle dichiarazioni rese dal coimputato
contumace, assente o che rifiuti di sottoporsi all’esame;
che, in particolare, il Tribunale di Alba e il Tribunale di
Avezzano impugnano, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, secondo
comma, 111, primo comma, e 112 della Costituzione, l’art. 513 cod.
proc. pen. (genericamente il primo e con censura specifica dei commi
1 e 2 il secondo) unitamente all’art. 514 dello stesso codice;
che in via pregiudiziale la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 513, comma 1, cod. proc. pen. è sollevata
dal Tribunale di Bari unitamente agli artt. 490 e 503, comma 1, cod.
proc. pen., “nella parte in cui prevedono che l’imputato che abbia
reso al pubblico ministero, alla polizia giudiziaria su delega del
pubblico ministero, al giudice nel corso delle indagini preliminari o
nell’udienza preliminare dichiarazioni direttamente o indirettamente
indizianti a carico di coimputati nel medesimo procedimento possa non
comparire dinanzi al giudice del dibattimento e comunque possa,
relativamente a quei soggetti, rifiutarsi di sottoporsi all’esame”
con conseguente inutilizzabilità, in mancanza del consenso degli
altri imputati, delle dichiarazioni rese in precedenza, in
riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, 25, secondo comma, 101,
102, primo comma, 111 e 112 della Costituzione;
che il Tribunale di Pistoia solleva altresì in via subordinata,
in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, primo comma, della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale anche
dell’art. 6, comma 2, della legge 7 agosto 1997, n. 267, nella parte
in cui esclude che le dichiarazioni rese dal coimputato sul fatto
altrui possano essere utilizzate, a norma del comma 5 della medesima
disposizione, nel caso in cui al momento dell’entrata in vigore della
legge non sia stata ancora disposta la lettura dei verbali contenenti
tali dichiarazioni;
che le questioni sono state sollevate nel corso di dibattimenti
nei quali gli imputati, citati per la prima volta a comparire dopo
l’entrata in vigore della legge per essere sottoposti ad esame, erano
rimasti assenti al dibattimento o erano contumaci, e che i difensori
degli altri imputati non hanno prestato consenso alla utilizzazione
delle dichiarazioni precedentemente rese;
che a giudizio dei rimettenti l’art. 513, comma 1, cod. proc.
pen. viola l’art. 3 della Costituzione per la irragionevole
diversità della disciplina riservata alle dichiarazioni rese nel
corso delle indagini preliminari dal coimputato contumace, assente o
che rifiuti di sottoporsi all’esame rispetto alla disciplina dettata
per le dichiarazioni testimoniali assunte nel corso delle indagini
preliminari, per le quali è invece previsto il recupero in
dibattimento nelle ipotesi regolate dagli artt. 500, comma 4, 511-bis
512 e 512-bis cod. proc. pen. (r.o. nn. 124, 316 con riferimento
anche alla situazione del testimone prossimo congiunto dell’imputato,
396 e 399 del 1998);
che il Tribunale di Savona ravvisa violazione dell’art. 3 della
Costituzione anche sotto il profilo della disparità di trattamento
tra imputati, in ragione del fatto che per differenti condotte
processuali della difesa il giudice, utilizzando nei confronti di
ciascun imputato un materiale probatorio diverso, può pervenire alla
condanna dell’uno e alla assoluzione dell’altro, pur in presenza di
una identica posizione processuale;
che ad avviso dei giudici a quibus l’art. 513, comma 1, cod.
proc. pen., vietando in mancanza del consenso degli imputati
l’utilizzabilità delle dichiarazioni assunte prima del dibattimento,
deroga irragionevolmente al principio di non dispersione della prova
e impedisce al giudice la piena conoscenza dei fatti del giudizio,
così sacrificando l’esercizio della funzione giurisdizionale, il cui
fine è quello della ricerca della verità, con conseguente lesione
anche del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, in
contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 27, primo comma, della
Costituzione (r.o. n. 124 del 1998), con l’art. 112 della
Costituzione (r.o. n. 128 del 1998), con gli artt. 3 e 112 della
Costituzione (r.o. n. 145 del 1998);
che, secondo i rimettenti, l’art. 513, comma 1, cod. proc. pen.,
subordinando alla volontà delle parti l’utilizzabilità delle
dichiarazioni rese in precedenza da imputati nel medesimo
procedimento, introduce un principio dispositivo in materia
probatoria, in contrasto con i principi di legalità, esercizio
dell’azione penale, funzione conoscitiva del processo e
indefettibilità della giurisdizione, con violazione degli artt. 3,
25, secondo comma, 101, secondo comma, 111 e 112 della Costituzione
(in riferimento: r.o. n. 128 del 1998 agli artt. 3, 25, 101 Cost;
r.o. n. 145 del 1998 all’art. 101, secondo comma, Cost; r.o. n. 316
del 1998 agli artt. 25, 101, secondo comma, 111 e 112 Cost; r.o. n.
396 del 1998 agli artt. 3, 101, secondo comma, e 111, primo comma,
Cost; r.o. n. 399 del 1998 agli artt. 3, 25, secondo comma, 101,
secondo comma, 102, primo comma, 111, primo comma, Cost.);
che nei giudizi promossi con le ordinanze iscritte ai nn. 124,
128, 145, 396, 399 del 1998 è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, riportandosi integralmente, stante l’analogia
delle questioni, all’atto di intervento relativo alla questione di
costituzionalità sollevata con ordinanza iscritta al n. 861 del r.o.
del 1997, nonché all’atto di intervento relativo ai giudizi di
costituzionalità promossi con le ordinanze iscritte ai nn. 776 e 787
del r.o. del 1997, già decisi con sentenza n. 361 del 1998.
Considerato che i rimettenti, muovendo dal quadro normativo
risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 7 agosto 1997, n.
267, sottopongono a censura il regime di inutilizzabilità ai fini
della decisione, in mancanza del consenso degli altri imputati, delle
dichiarazioni rese sul fatto altrui dal coimputato contumace, assente
o che rifiuti di sottoporsi all’esame;
che i giudizi, attesa l’analogia delle questioni, vanno riuniti;
che, successivamente alla emissione delle ordinanze di
rimessione, questa Corte, con sentenza n. 361 del 1998, ha inciso sul
predetto quadro normativo, dichiarando la illegittimità
costituzionale in parte qua tra l’altro, degli artt. 513, comma 2,
ultimo periodo e 210 del codice di procedura penale;
che, per effetto di detta pronuncia, qualora il coimputato, che
abbia in precedenza reso dichiarazioni su fatti concernenti la
responsabilità di altri, in dibattimento rifiuti o comunque ometta
in tutto o in parte di rispondere su tali fatti, si applica la
disciplina degli artt. 210 e 513, comma 2, cod. proc. pen., nonché,
in mancanza dell’accordo delle parti, il meccanismo delle
contestazioni previsto dall’art. 500, commi 2-bis e 4, cod. proc.
pen;
che pertanto occorre restituire gli atti ai giudici rimettenti
affinché verifichino se, alla luce della nuova disciplina
applicabile a seguito della sentenza n. 361 del 1998, la questione
sollevata sia tuttora rilevante;
che in particolare, con riferimento alle censure prospettate dal
Tribunale di Bari (r.o. n. 399 del 1998) nei confronti degli artt.
490 e 503, comma 1, cod. proc. pen., con la sentenza indicata questa
Corte, mediante il richiamo all’art. 210 cod. proc. pen., ha esteso
la disciplina dell’accompagnamento coattivo all’imputato nel medesimo
procedimento chiamato a rendere dichiarazioni sul fatto altrui;
che, con riferimento alla questione di legittimità
costituzionale dell’art. 6, comma 2, della legge n. 267 del 1997
sollevata dal Tribunale di Pistoia, questa Corte con la già
menzionata sentenza n. 361 del 1998 ha disposto la restituzione degli
atti relativi a questioni aventi ad oggetto la medesima normativa,
invitando i giudici rimettenti a valutare se le questioni potessero
considerarsi superate a seguito della modifica della disciplina a
regime, “che ora permette di recuperare mediante il sistema delle
contestazioni i singoli contenuti narrativi delle dichiarazioni rese
in precedenza”;
che, per quanto concerne la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 514 cod. proc. pen. sollevata dal Tribunale
di Avezzano e dal Tribunale di Alba, con la stessa sentenza questa
Corte ha dichiarato l’inammissibilità di analoga questione, sul
presupposto che “l’art. 514 non ha autonomo contenuto normativo
rispetto alle regole di utilizzazione probatoria delle dichiarazioni
rese in precedenza”;
che pertanto la questione va dichiarata manifestamente
inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara la manifesta inammissibilità della
questione di legittimità costituzionale dell’art. 514 del codice di
procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 101,
secondo comma, 111, primo comma, e 112 della Costituzione dal
Tribunale di Avezzano e dal Tribunale di Alba con le ordinanze in
epigrafe;
Ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Pistoia, al
Tribunale di Savona, al Tribunale di Alba, al Tribunale di Novara, al
Tribunale di Avezzano e al Tribunale di Bari in relazione alle
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 513, comma 1,
490 e 503, comma 1, del codice di procedura penale e 6, comma 2,
della legge 7 agosto 1997, n. 267 (Modifica delle disposizioni del
codice di procedura penale).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 marzo 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Neppi Modona
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 18 marzo 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola