Ordinanza N. 4424 del 2018
Corte di Cassazione - Sezione Civile VI
Corte di cassazione
Sezione VI civile
Ordinanza 23 febbraio 2018, n. 4424
PRESIDENTE: PETITTI
RELATORE: SCALISI
Il Collegio preso atto che il Consigliere relatore dott. A. Scalisi ha proposto che la controversia fosse
trattata in Camera di Consiglio non partecipata della Sesta Sezione Civile di questa Corte, ritenendo
il ricorso infondato, avendo il Tribunale di Modena applicato correttamente la normativa richiamata,
nonché i principi in materia così come affermati da questa Corte.
La proposta del relatore è stata notificata alle parti.
Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe, dal quale risulta che il Tribunale di Modena con
sentenza n. 1466 del 2016 ha accolto l’appello proposto dalla società Denny Rose s.p.a. avverso la
sentenza del Giudice di Pace di Modena n. 1057 del 2009 che aveva respinto l’opposizione proposta
dalla ricorrente avverso il verbale della Polizia Stradale di Modena di accertamento della violazione
dell’art. 23, comma 7 e 13-bis, c.d.s. per aver fatto installare al margine dell’autostrada del sole Km.
154+200 nord località Campogalliano (MO) un cartello pubblicitario non autorizzato. Secondo il
Tribunale di Modena, sarebbe stato onere dell’Amministrazione dimostrare che l’autore materiale
dell’abusiva installazione fosse la società opponente e non lo avrebbe assolto. Ed ancora, il Tribunale
di Modena riteneva che l’Amministrazione avrebbe dovuto dare atto nel verbale di aver compiuto una
verifica diretta circa il comportamento tenuto dall’appellante e che, pertanto, era da escludersi la
possibilità di ritenere il suddetto verbale dotato di fede privilegiata.
La cassazione è stata chiesta dal Ministero dell’Interno per due motivi: 1) per violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 23 e ss. della l. n. 689 del 1981 e dell’art. 2967 c.c. in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 3, c.p.c.; 2) per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 13 e 23, comma 7, del
d.lgs. n. 285 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. ed omessa e contraddittoria
motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5,
c.p.c.
Ritiene che il ricorso, contrariamente alla proposta formulata dal Relatore e comunicata alle parti, sia
fondato e vada accolto. Va qui osservato che in tema di giudizio di cassazione, anche dopo le novità
introdotte nell’art. 380-bis c.p.c. dal d.l. n. 168 del 2016, conv., con modif., dalla l. n. 197 del 2016,
il procedimento può essere definito con rito camerale ove ricorra un’ipotesi diversa da quella opinata
nella proposta del relatore, atteso che la detta disposizione stabilisce che la Corte deve rimettere la
causa alla pubblica udienza, soltanto se ritiene che non ricorrano le ipotesi previste dall’art. 375,
comma 1, nn. 1 e 5, c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente:
a) con il primo motivo (pur riconoscendo l’esistenza di un consolidato orientamento
giurisprudenziale, secondo il quale l’amministrazione, pur essendo formalmente convenuta nel
giudizio di opposizione all’ordinanza ingiunzione irrogativa di una sanzione amministrativa,
sostanzialmente assume la veste di parte attrice, incombendo sulla stessa la prova dei fatti costitutivi
del diritto fatto valere, mentre compete all’opponente, che assume la veste di convenuto, di provare
la sussistenza di fatti impeditivi o estintivi della pretesa, tuttavia) ritiene che, nel caso specifico,
apparendo logico presumere che l’installazione sia stata effettuata secondo la volontà della società
pubblicizzata, dovrebbe ritenersi sussistente a carico della società appellante l’onere di dimostrare che
il fatto si fosse verificato contro la propria volontà;
b) con il secondo motivo, si duole del fatto che il Tribunale abbia disconosciuto la valenza di fede
privilegiata al verbale oggetto del presente giudizio perché qualunque verbale che eroga sanzioni, ai
sensi del codice della strada hanno il valore di atto pubblico. E, d’altra parte, quell’esclusione non
sarebbe in linea con il chiaro disposto degli artt. 13 e 23, comma 7, del d.lgs. n. 285 del 1992 che non
impongono tale specifico esame da parte dell’Amministrazione.
E di più, la motivazione contenuta nella sentenza impugnata laddove si sottolinea come
l’Amministrazione non avrebbe svolto alcun accertamento diretto circa il comportamento tenuto dal
ricorrente, mentre dall’altro si riconosce l’esistenza del cartello e la mancanza di autorizzazione,
sarebbe contraddittoria, addirittura omessa.
2. I motivi che vanno esaminati congiuntamente, per l’innegabile connessione che esiste tra gli stessi,
sono fondati.
Va qui premesso che nel giudizio di opposizione ad una ordinanza ingiunzione in materia di sanzioni
amministrative davanti al Giudice competente, l’oggetto dell’opposizione non è l’accertamento della
legittimità dell’atto amministrativo, ma la pretesa sanzionatoria: il Giudice, al quale sono riconosciuti
poteri istruttori, deve pronunciarsi, non tanto sull’operato della Pubblica Amministrazione (da
ritenersi lecito sino a prova contraria), ma sulla responsabilità dell’opponente che andrà provata in
giudizio. Pertanto, nel procedimento di opposizione al provvedimento irrogativo di una sanzione
amministrativa pecuniaria, va mantenuto il principio, riconosciuto anche dal ricorrente, secondo il
quale l’Amministrazione, pur essendo formalmente convenuta, assume sostanzialmente la veste di
attrice; spetta, quindi, ad essa, ai sensi dell’art. 2697 c.c. fornire la prova dell’esistenza degli elementi
di fatto integranti la violazione contestata e della loro imputabilità all’intimato, mentre compete
all’opponente, che assume formalmente la veste di convenuto, la prova dei fatti impeditivi od estintivi.
Con l’ulteriore precisazione che l’Amministrazione può avvalersi di presunzioni (essendo anche
queste mezzi di prova dei fatti giuridici), che trasferiscono a carico dell’opponente l’onere della prova
contraria.
Ora, nel caso in esame, accertato l’esistenza del cartello pubblicitario e l’assenza di autorizzazione
(del resto mai contestata dalla società Denny Rose s.p.a.), nonché valutato che il contenuto
pubblicitario tornava a beneficio della società Denny Rose s.p.a., era ragionevole presumere che la
stessa società fosse, comunque, corresponsabile con il materiale installatore del manifesto
pubblicitario, giusta la normativa di cui all’art. 197 c.d.s.
I dati e le circostanze di fatto erano sufficienti, dunque, ad acclarare la responsabilità (se non
esclusiva, solidale) della società Denny Rose s.p.a. in ordine all’apposizione del cartello oggetto di
causa e, pertanto, l’Amministrazione aveva assolto l’onere della prova relativa all’imputazione del
comportamento sanzionato Era, invece, onere della società Denny Rose di dimostrare che il fatto
certo, l’affissione, non autorizzata, di un cartello pubblicitario che la riguardava direttamente, si era
verificato senza la sua volontà e/o, comunque, contro la sua volontà. D’altra, come ha evidenziato,
pure, parte ricorrente, ove si dovesse ritenere che la Pubblica Amministrazione avrebbe dovuto
dimostrare l’esistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie ovvero che il cartello era stato
installato su incarico della Denny Rose s.p.a., non solo non si darebbe rilevanza alla circostanza che,
comunque, la pubblicità contenuta nel cartello di cui si dice tornava utile alla società Denny Rose,
ma verrebbe accordato un favor eccessivo all’opponente, che potrebbe vedersi accogliere la domanda,
anche, laddove, non abbia provato la sua estraneità ai fatti reali ed apparenti.
In definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata al Tribunale
di Modena in persona di altro magistrato per una nuova valutazione dei dati processuali alla luce dei
principi espressi in motivazione. Il Tribunale del rinvio provvederà anche per il regolamento delle
spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Modena in
persona di altro Magistrato, il quale provvederà ad una nuova valutazione dei dati processuali alla
luce dei principi espressi in motivazione e a predisporre il regolamento delle spese, anche per il
presente giudizio di Cassazione.