Sentenza N. 1 del 2000
Corte Costituzionale
Data generale
07/01/2000
Data deposito/pubblicazione
07/01/2000
Data dell'udienza in cui è stato assunto
17/12/1999
Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
Giudici: prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
numero 3, e 2777, lettera b), del codice civile, promosso con
ordinanza emessa il 3 agosto 1998 dal Tribunale di Vicenza nel
procedimento civile vertente tra Belluzzo s.r.l. e H.B. s.r.l., in
liquidazione e in concordato preventivo, iscritta al n. 872 del
registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle
Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Udito nella camera di consiglio del 13 ottobre 1999 il giudice
relatore Annibale Marini.
1998, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale dell’art. 2751-bis numero 3,
del codice civile (e, per quanto occorra, dell’art. 2777, lettera b),
cod. civ.) “nella parte in cui prevede che hanno privilegio sui
mobili i crediti riguardanti le provvigioni derivanti dal rapporto di
agenzia e non i crediti per provvigioni dovute all’agente”.
2. – Premette il rimettente, quanto alla rilevanza della
questione, che il giudizio a quo ha ad oggetto l’impugnazione,
proposta da una società a responsabilità limitata, di una sentenza
del pretore di Vicenza che ha negato la natura privilegiata del
credito per provvigioni vantato da detta società sull’assunto che il
privilegio non possa essere riconosciuto allorché l’agente creditore
sia una società di capitali.
Il rimettente osserva che è consolidata, nella giurisprudenza di
legittimità, un’interpretazione dell’art. 2751-bis numero 3, cod.
civ. secondo la quale il privilegio generale sui mobili, da cui sono
assistiti i crediti per provvigioni e indennità derivanti dal
rapporto di agenzia, trova applicazione indipendentemente dal fatto
che l’agente sia una persona fisica o una società, atteso che la
norma, a differenza delle altre contenute nel medesimo articolo, non
fa riferimento ai soggetti titolari del credito, ma solo al rapporto
da cui il credito stesso deriva.
Alla stregua di tale interpretazione, assunta come diritto
vivente, l’appello andrebbe dunque accolto.
3. – Ritiene peraltro il rimettente che la norma, così
interpretata, apprestando la medesima tutela a crediti tra loro
disomogenei quanto alla causa, violerebbe il principio di eguaglianza
di cui all’art. 3 Cost., tanto più che tutti i crediti di cui
all’art. 2751-bis cod. civ. sono collocati dall’art. 2777 cod. civ.,
nell’ordine dei privilegi, prima di ogni altro credito e dopo
soltanto quelli per spese di giustizia; e che, in particolare,
l’art. 2777, lettera b), cod. civ. (recte: art. 2777, secondo comma,
lettera b), cod. civ.) pone sullo stesso piano i privilegi di cui ai
numeri 2 e 3 dell’art. 2751-bis cod. civ.
Osserva, in particolare, il giudice a quo che l’art. 2751-bis
cod. civ. – secondo l’opinione più diffusa in dottrina e
giurisprudenza – ha la funzione di “attuare nella fase di
realizzazione dei crediti il principio costituzionale della tutela
del lavoro in tutte le forme ed applicazioni mediante l’attribuzione
di un privilegio di grado eminente non solo ai crediti di lavoro
subordinato, ma a tutti i crediti che, derivando da prestazioni di
attività lavorative, hanno in comune la funzione di procurare al
lavoratore i mezzi di sostentamento per sé e per la sua famiglia”.
Ed invero, i crediti considerati dall’art. 2751-bis cod. civ. – ad
eccezione appunto di quelli derivanti dal rapporto di agenzia – sono
tutti riferiti a prestazioni di lavoro, subordinato o autonomo,
eseguite personalmente dal titolare del diritto. Tanto è vero che la
giurisprudenza della Corte di cassazione non riconosce il privilegio
del prestatore d’opera intellettuale al credito per retribuzione
delle società di revisione contabile, sull’assunto che la norma
(art. 2751-bis numero 2), facendo riferimento esclusivo alla
retribuzione del professionista (o prestatore d’opera intellettuale)
individuale, non è estensibile alle società che svolgono attività
identiche alle professioni intellettuali, in considerazione della
confusione, che si verifica nell’ambito societario, tra la
remunerazione del capitale e la retribuzione di attività lavorative.
Rileva ancora il rimettente che il privilegio di cui
all’art. 2751-bis è sì attribuito anche a crediti derivanti da
attività svolte in forma associata (numeri 5 e 5-bis), ma solo
quando si tratti di società aventi scopo mutualistico (cooperative
di produzione e lavoro e di trasformazione di prodotti agricoli) o in
cui “la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, svolga
in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo
produttivo e (a condizione) che nell’impresa il lavoro abbia funzione
preminente sul capitale”, secondo la previsione dell’art. 3 della
legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge-quadro per l’artigianato). E ciò
sulla premessa che i crediti che derivano, per le cooperative o le
imprese artigiane, dalla vendita di prodotti o dalla prestazione di
servizi rappresentano il corrispettivo di un’attività lavorativa.
La Corte di cassazione è, del resto, costante nell’affermare che
il privilegio di cui all’art. 2751-bis numero 5, cod. civ. è volto a
tutelare crediti assimilabili a quelli di lavoro, in quanto
integranti corrispettivi di servizi prestati da imprenditori
artigiani o da enti cooperativi di produzione, e che i requisiti
essenziali perché una cooperativa di produzione e lavoro sia ammessa
al privilegio di cui alla norma richiamata sono correlati, per un
verso, alla effettività e “pertinenza” professionale del lavoro dei
soci e, per altro verso, alla prevalenza del lavoro di questi ultimi
rispetto a quello dei non soci.
Lo stesso giudice di legittimità, con riferimento al privilegio
di cui all’art. 2751-bis numero 3, cod. civ., ha invece affermato
(nella sentenza n. 10241 del 1992) che il comune denominatore di
tutte le ipotesi di cui all’art. 2751-bis – tale da giustificare il
riconoscimento del privilegio anche a vantaggio dell’agente-società
di capitali – sarebbe rappresentato dallo svolgimento di determinate
attività caratterizzate non da prestazioni isolate o accidentali di
opere o di servizi in genere, “bensì da una situazione di
prestazione continuativa”, ossia dalla professionalità
dell’attività svolta.
Osserva tuttavia il rimettente che la professionalità non sembra
essere elemento comune a tutte le categorie di crediti considerate
dalla norma in esame, come risulterebbe in particolare evidente dal
numero 2, che considera distintamente “i professionisti” (e cioè i
prestatori d’opera intellettuale che si caratterizzano per il
requisito della professionalità) e “ogni altro prestatore d’opera”
(ivi compresi, dunque, i prestatori d’opera intellettuale privi del
suddetto carattere). Mentre, di contro, non tutti i crediti derivanti
da attività svolte con carattere di professionalità (come sono, in
generale, tutte le attività imprenditoriali) sono assistiti dal
suddetto privilegio.
Resterebbe pertanto confermato – ad avviso del giudice a quo –
che l’art. 2751-bis cod. civ. costituisce la sedes materiae dei
privilegi attribuiti ai crediti aventi per oggetto corrispettivi di
prestazioni di lavoro eseguite personalmente dal creditore, come
emergerebbe del resto con chiarezza anche dai lavori preparatori
della legge 29 luglio 1975, n. 426 (Modificazioni al codice civile e
alla legge 30 aprile 1969 n. 153 in materia di privilegi), che ha
introdotto nel codice detta norma.
Tutto ciò premesso, il rimettente ritiene che l’art. 2751-bis
numero 3, cod. civ., come interpretato dal giudice di legittimità,
sia in contrasto con il principio di eguaglianza, in quanto, da un
lato, offrirebbe uguale tutela a crediti disomogenei quanto alla
causa e, dall’altro, determinerebbe una ingiustificata disparità di
trattamento tra gli imprenditori che esercitano attività di agenzia,
i quali godono del privilegio, e tutti gli altri imprenditori, i cui
crediti non sono assistiti da uguale causa di prelazione.
di un credito, vantato da una società a responsabilità limitata a
titolo di provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia, ha
sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 2751-bis numero 3, del codice
civile (e, per quanto occorra, dell’art. 2777, lettera b), cod. civ.,
recte: art. 2777, secondo comma, lettera b), cod. civ.) nella parte
in cui dette norme attribuiscono natura privilegiata ai crediti per
provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia e alle indennità
dovute per la cessazione del rapporto medesimo, indipendentemente
dalla qualità rivestita dal soggetto creditore.
In particolare, secondo il Tribunale rimettente, il
riconoscimento del privilegio di cui all’art. 2751-bis numero 3, cod.
civ. anche alle società di capitali che svolgono attività di
agenzia si pone in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, sotto
il profilo della irragionevolezza della inclusione – in una norma la
cui ratio deve individuarsi nella tutela, in sede esecutiva, del
lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni – di un privilegio a
favore di soggetti, quali appunto le società di capitali,
caratterizzati dall’esercizio collettivo dell’impresa. Mentre, sotto
altro profilo, la norma, come sopra interpretata, verrebbe a creare
una illegittima disparità di trattamento tra l’agente che opera
sotto forma di società di capitali i cui crediti sarebbero garantiti
da privilegio e gli imprenditori che svolgono altre attività ed i
cui crediti sarebbero privi di analoga tutela.
2. – La questione non è fondata, nei sensi di seguito precisati.
2.1. – La premessa interpretativa da cui il rimettente muove, pur
affermandone la incostituzionalità, è quella – conforme alla
giurisprudenza di legittimità – secondo la quale il privilegio
previsto dalla norma denunciata assisterebbe i crediti per
provvigioni e indennità, comunque derivanti dal rapporto di agenzia,
senza dover distinguere, sotto il profilo soggettivo, se l’agente sia
una persona fisica o una società.
Tale tesi si fonda essenzialmente sul tenore letterale della
norma che – diversamente dalle altre contenute nel medesimo
art. 2751-bis – riconosce il privilegio di cui si tratta con
riferimento non già ai soggetti titolari dei crediti, ma al tipo di
credito (“le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia … e le
indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo”), con
esclusione di qualsiasi considerazione di natura soggettiva.
2.2. – L’interpretazione accolta dal rimettente non è, tuttavia,
la sola consentita dal testo e dalla ratio della disposizione
impugnata, che può essere infatti intesa, in conformità alla
giurisprudenza di merito e alla dottrina prevalenti, in un senso del
tutto diverso, tale da superare il denunciato contrasto con l’art. 3
della Costituzione.
2.3. – Va ricordato, al fine di una esatta ricostruzione del
significato della disposizione, come l’art. 2751-bis sia stato
introdotto nel codice civile dall’art. 2 della legge 29 luglio 1975,
n. 426 (Modificazioni al codice civile e alla legge 30 aprile 1969
n. 153 in materia di privilegi) allo scopo, reso palese dai lavori
preparatori, di attribuire ai crediti dei lavoratori autonomi una
tutela di grado pari a quello già riconosciuto dalla legge n. 153
del 1969 ai crediti dei lavoratori subordinati, assegnando loro il
primo posto nell’ordine di prelazione di cui all’art. 2778 del codice
civile. Nella relazione alla prima delle proposte di legge
successivamente unificate (la n. 146 presentata il 30 maggio 1972) si
afferma espressamente, a sostegno della necessità di una tale
parificazione, che “la ratio legis dei numeri 4, 5 e 6 dell’art. 2751
[corrispondenti ora ai numeri 1, 2 e 3 dell’art. 2751-bis] era
infatti la medesima: quella cioè di tutelare i crediti per
prestazione di attività lavorativa in forma sia subordinata che
autonoma”, secondo il dettato dell’art. 35 Cost.
La medesima esigenza di tutela del lavoro risulta altresì posta
espressamente a base dell’emendamento – successivamente approvato con
ulteriori modificazioni – diretto ad attribuire analogo privilegio
generale sui mobili del debitore anche ai crediti dei coltivatori
diretti e delle imprese artigiane (divenuti i numeri 4 e 5
dell’art. 2751-bis).
Sembra perciò difficile contestare che la ratio dell’intero
articolo 2751-bis cod. civ. sia quella di riconoscere una
collocazione privilegiata a determinati crediti in quanto derivanti
dalla prestazione di attività lavorativa svolta in forma subordinata
o autonoma e, perciò, destinati a soddisfare le esigenze di
sostentamento del lavoratore. Ratio che, del resto, inequivocamente,
afferma lo stesso giudice di legittimità in riferimento alle altre
ipotesi di privilegio previste dallo stesso articolo, pervenendo, in
tal modo, a negare il riconoscimento della prelazione a favore dei
creditori diversi dalle persone fisiche (o dai soggetti espressamente
considerati nei numeri 5 e 5-bis).
2.4. – L’assimilazione, quanto ai privilegi, delle società di
capitali alle persone fisiche comporterebbe, dunque, una
ingiustificata equiparazione di situazioni diverse. Pertanto, alla
stregua del canone ermeneutico rappresentato dalla ratio legis e di
quello, più volte enunciato da questa Corte, secondo cui tra più
significati possibili occorre preferire quello conforme a
Costituzione, le disposizioni denunciate devono essere interpretate
nel senso di escludere dal loro ambito applicativo i crediti delle
società di capitali, per la diversità causale di tali crediti
rispetto a quelli che il legislatore ha inteso tutelare. Con
conseguente dichiarazione di infondatezza della censura di violazione
dell’art. 3 della Costituzione sollevata dal rimettente in base ad
una diversa lettura della norma denunciata.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la
questione di legittimità costituzionale degli artt. 2751-bis, numero
3, e 2777, secondo comma, lettera b), del codice civile, sollevata,
in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di
Vicenza con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 1999.
Il Presidente: Vassalli
Il redattore: Marini
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 7 gennaio 2000.
Il direttore della cancelleria: Di Paola