Sentenza N. 110 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
26/05/1971
Data deposito/pubblicazione
26/05/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/05/1971
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI, Giudici,
unico della legge 5 aprile 1961, n. 322 (misura delle compartecipazioni
alle pene pecuniarie per gli scopritori delle frodi nella preparazione
e commercio dei prodotti agrari e delle sostanze di uso agrario), e
dell’art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283 (disciplina igienica
della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle
bevande), modificato dall’art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441,
promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 26 maggio 1969 dal pretore di Torino nel
procedimento penale a carico di Liore Guglielmo e Menegazzi Attilio,
iscritta al n. 400 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 299 del 26 novembre 1969;
2) ordinanza emessa il 10 dicembre 1969 dal pretore di Campobasso
nel procedimento penale a carico di Tamburro Aldo, iscritta al n. 31
del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 57 del 4 marzo 1970.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 21 aprile 1971 il Giudice relatore
Giuseppe Verzì;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese,
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Nel corso del procedimento penale a carico di Liore Guglielmo e
Menegazzi Attilio, imputati del reato di cui agli artt. 5, ultimo
comma, e 8 della legge 13 novembre 1960, n. 1407 (commercio di olio di
oliva in luogo di olio vergine) il pretore di Torino con ordinanza del
26 maggio 1969 ha sollevato la questione di legittimità costituzionale
dell’articolo unico della legge 5 aprile 1961, n. 322, in riferimento
agli artt. 97, primo comma, e 98, primo comma, della Costituzione.
La norma impugnata stabilisce che “metà dell’importo delle pene
pecuniarie, pagate in applicazione delle disposizioni di legge
riguardanti la repressione delle frodi nella preparazione e nel
commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari, sarà diviso
in parti eguali fra gli agenti e funzionari che prelevarono i campioni
e che eseguirono le analisi relative. La quota di partecipazione,
però, non potrà superare in ogni caso e per ogni accertamento lire
50.000”.
Il pretore ritiene che ad integrare il reato di interesse privato
in atti di ufficio, di cui all’art. 324 del codice penale è
sufficiente (a prescindere dall’effettivo conseguimento del profitto)
la mera coincidenza di un interesse privato con quello pubblico. Questa
coincidenza inficia l’operato degli agenti, che prelevano i campioni, e
dei funzionari che procedono alle analisi, specie se si tiene conto che
l’utile privato è condizionato, non già alle normali attività di
tali organi della pubblica amministrazione, ma ad un determinato esito
del giudizio penale, ossia alla condanna dell’imputato. Onde il dubbio
se le testimonianze e gli atti di laboratorio possano, in giudizio,
costituire materiale probatorio; dubbio che può essere escluso
soltanto da una pronunzia della Corte costituzionale se la disciplina
adottata dalla legge n. 322 del 1961 sia in contrasto oppur no, sul
piano obiettivo, con il principio enunciato dall’art. 97, primo comma,
della Costituzione, per il quale i pubblici ufficiali sono organizzati
secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon
andamento e l’imparzialità dell’amministrazione; e, sul piano
soggettivo, con l’art. 98, primo comma, della Carta, per il quale i
pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
La stessa questione, in riferimento all’art. 97, primo comma, ed
altresì in riferimento all’art. 3, primo comma, della Carta, è stata
sollevata, con ordinanza 10 dicembre 1969, dal pretore di Campobasso
nel corso di due procedimenti penali riuniti a carico di Tamburro Aldo,
imputato del reato di cui agli artt. 1, 3 e 4 del r.d.l. 17 maggio
1938, n. 1177, in relazione agli artt. 32 e 61 della legge 15 ottobre
1925, n. 2033 e agli artt. 516-518 del codice penale.
Con la medesima ordinanza il pretore di Campobasso ha sollevato
anche la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della
legge 30 aprile 1962, n. 283, modificato dall’art. 1 della legge 26
febbraio 1963, n.441, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24,
secondo comma, della Costituzione.
L’ordinanza rileva che ai sensi dell’art. 1 della legge n. 283 del
1962, modificato dall’art. 1 della legge n. 441 del 1963, l’autorità
sanitaria può procedere, in qualunque momento, ed a mezzo di
competenti organi ed uffici, ad ispezioni e prelievo di campioni negli
stabilimenti ed esercizi pubblici, a sequestrare merci, fare eseguire
analisi presso laboratori provinciali con conseguente denunzia al
medico od al veterinario provinciale senza che sia possibile per
l’imputato di esplicare, sia in sede di prelevamento, che in sede di
analisi, le attività defensionali previste dal codice di procedura
penale. Le norme impugnate violerebbero dunque sia l’art. 24 della
Costituzione sia l’art. 3, primo comma, in quanto introducono una
ingiustificata diversità di trattamento, sotto il profilo processuale
penale, tra cittadini che producono sostanze alimentari e gli altri.
Nel giudizio davanti questa Corte, non vi è stata costituzione di
parti; soltanto nel primo di essi, è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri.
L’Avvocatura generale dello Stato rileva che il pretore ipotizza
una distorsione dolosa della verità da parte dei verbalizzanti e degli
analisti e ne deduce la impossibilità di decidere, prima che la Corte
stabilisca se sussiste contrasto fra la norma impugnata e gli artt. 97,
primo comma, e 98, primo comma, della Costituzione. Ma sotto questo
profilo, la questione è inammisibile, in quanto la risoluzione di essa
non è rilevante.
Nel merito la questione sarebbe infondata perché: 1) i
verbalizzanti e gli analisti, nella specie, esplicano una attività
vincolata, non discrezionale; 2) la somma data come premio sarebbe
assai modesta in relazione alla severità delle pene pecuniarie,
comminate per i trasgressori; 3) l’attività dei verbalizzanti e dei
funzionari non è definitiva e determinante, ma soggiace al vaglio del
magistrato, il quale può sempre disporre, di ufficio o su richiesta
dell’imputato, una perizia per controllare la fondatezza tecnica dei
risultati delle analisi sottopostigli.
1. – Le due ordinanze di rimessione sollevano la stessa questione
in riferimento agli artt. 97 e 98 della Costituzione. I due
procedimenti pertanto possono essere riuniti e definiti con unica
sentenza.
2. – Secondo le ripetute ordinanze, il principio costituzionale per
cui i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge,
in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità della
pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), sarebbe violato dall’articolo
unico della legge 5 aprile 1961, n. 322, il quale dispone che metà
dell’importo delle pene pecuniarie, pagate in applicazione delle
disposizioni di legge per la repressione delle frodi nella preparazione
e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari, sia
divisa in parti uguali fra gli agenti e funzionari che prelevarono i
campioni e che eseguirono le analisi relative.
L’interesse privato inficerebbe l’operato di tali agenti e
funzionari, tanto da far sorgere dubbi sulla efficacia probatoria sia
delle relative testimonianze, sia dei risultati delle analisi.
Pertanto, l’ordinanza denunzia la violazione dell’art. 97 e
dell’art. 98 della Costituzione, per il quale ultimo i pubblici
impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
3. – La questione è inammissibile. Infatti, il dubbio sulla
imparzialità dei testimoni e degli analisti non verrebbe eliminato da
una eventuale dichiarazione di illegittimità della norma impugnata,
perché gli atti compiuti dai verbalizzanti e dai tecnici
conserverebbero in ogni caso la loro efficacia. Invece, tale dubbio il
giudice può escludere facendo ricorso a tutti i mezzi, che la legge
gli offre, per controllare l’attendibilità della prova, e quindi
definire il procedimento principale.
4. – L’altra questione di legittimità costituzionale dell’art. 1
della legge 30 aprile 1962, n.283, modificato dall’art. 1 della legge
26 febbraio 1963, n. 441, sollevata dall’ordinanza del pretore di
Campobasso, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo
comma, della Costituzione, è stata già decisa dalla sentenza di
questa Corte n. 149 del 1969.
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara la inammissibilità, per difetto di rilevanza, della
questione di legittimità costituzionale dell’articolo unico della
legge 5 aprile 1961, n. 322 (misura delle compartecipazioni alle pene
pecuniarie per gli scopritori delle frodi nella preparazione e
commercio dei prodotti agrari e delle sostanze di uso agrario),
sollevata dalle ordinanze del pretore di Torino del 26 maggio 1969 e
del pretore di Campobasso del 10 dicembre 1969, in riferimento agli
artt. 97, primo comma, e 98, secondo comma, della Costituzione;
b) dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 30 aprile 1962, n.
283 (Modifica degli artt. 242,243,247,250 e 262 t.u. delle leggi
sanitarie, approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina
igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e
delle bevande), modificato dall’art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n.
441, questione sollevata dalla suindicata ordinanza del pretore di
Campobasso in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo
comma, della Costituzione e già decisa con la sentenza n. 149 del 27
novembre 1969.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 maggio 1971.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.