Sentenza N. 120 del 1969
Corte Costituzionale
Data generale
08/07/1969
Data deposito/pubblicazione
08/07/1969
Data dell'udienza in cui è stato assunto
30/06/1969
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI, Giudici,
dall’Assemblea regionale siciliana l’11 giugno 1969, recante
“provvedimenti per l’intervento nel settore agricolo alimentare”,
promosso dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana con
ricorso notificato il 19 giugno 1969, depositato in cancelleria il 23
successivo ed iscritto al n. 5 del Registro ricorsi 1969.
Visto l’atto di costituzione della Regione siciliana;
udita nell’udienza pubblica del 30 giugno 1969 la relazione del
Giudice Ercole Rocchetti;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese,
per il ricorrente, e gli avvocati Salvatore Orlando Cascio ed Enzo
Silvestri, per la Regione siciliana.
Con ricorso notificato il 19 giugno 1969, il Commissario dello Stato
presso la Regione siciliana ha impugnato la legg approvata
dall’Assemblea regionale nella seduta dell’11 giugno 1969, recante
“Provvedimenti per l’intervento nel settore agricolo alimentare”,
chiedendo che ne sia dichiarata la illegittimità costituzionale.
La legge impugnata autorizza l’Ente siciliano di promozione
industriale (E.S.P.I.), presso il quale costituisce un fondo di lire 2
miliardi e 600 milioni, a reintegrare alla S.A.C.O.S. le perdite subite
nell’acquisto di notevoli quantitativi di agrumi effettuato
anteriormente alla entrata in vigore della legge stessa, per sostenere
il mercato agrumicolo. Nella legge si precisa che tali perdite vanno
reintegrate limitatamente al prodotto conferito alla S.A.C.O.S. in
misura non superiore, per ogni produttore, a 50 tonnellate.
Il Commissario dello Stato rileva che, a prescindere da qualsiasi
apprezzamento di merito sulla compatibilità del provvedimento
impugnato con il disposto dell’art. 92 del Trattato istitutivo della
Comunità Europea, la legge in esame concreta una palese violazione
degli artt. 92 e 93 del Trattato stesso in quanto la Regione avrebbe
dovuto rispettare l’obbligo di comunicare, nei modi di legge, alla
Commissione C.E.E. il progetto legislativo di aiuti finanziari a
sostegno del settore agrumicolo.
Pertanto, la intervenuta approvazione della legge da parte della
Assemblea regionale senza dubbio configura, ad avviso del Commissario
dello Stato, una violazione della procedura prevista dall’art. 93,
paragrafo terzo, del Trattato di Roma: e tale violazione si risolve in
motivo di illegittimità costituzionale della legge stessa, secondo i
princìpi stabiliti in una fattispece analoga (sentenza n. 49 del 1963)
della Corte costituzionale.
Con atto depositato in cancelleria il 27 giugno 1969, si è
costituita in giudizio l’Avvocatura generale dello Stato, in difesa del
Commissario dello Stato deducendo che la legge impugnata è
costituzionalmente illegittima perché contrasta con l’art. 1 dello
Statuto della Regione siciliana; difatti, sebbene non sia espressamente
previsto per la Sicilia il limite del rispetto degli obblighi
internazionali dello Stato, il fatto che la Regione siciliana sia
inquadrata “entro la unità politica dello Stato italiano” indica che
tale limite è imolicitamente operante anche nei confronti di quella
Regione. Pertanto, secondo l’Avvocatura, gli obblighi internazionali
assunti dallo Stato nel Trattato di Roma riguardano sia lo Stato stesso
sia le Regioni, rispetto alle quali, stante la struttura unitaria della
Repubblica Italiana, non potrebbe mai essere invocata la c.d. “clausola
federale” di cui, per altro, non v’è traccia nel Trattato istitutivo
delle Comunità Europee.
Il limite del rispetto degli obblighi internazionali dello Stato
può essere strutturato, secondo l’Avvocatura, in duplice direzione:
non solo come limite nell’esercizio della competenza regionale
esclusiva, nel senso che la Regione è obbligata alla osservanza degli
obblighi derivanti dal Trattato di Roma; ma anche e soprattutto come
preclusione della possibilità di esercizio della legislazione
regionale esclusiva, in materie che abbiano formato oggetto di un
trattato internazionale.
Sotto il primo profilo il provvedimento legislativo impugnato
sarebbe affetto da illegittimità costituzionale per la violazione
dell’iter procedurale prescritto dal Trattato di Roma; sotto il secondo
profilo, nel presupposto che l’esecuzione dei trattati internazionali
è di esclusiva competenza del legislatore statuale, la illegittimità
costituzionale deriverebbe dalla incompetenza assoluta della Regione ad
emanare norme che sarebbero di produzione esclusiva dello Stato.
La Regione siciliana, costituitasi in giudizio con atto del 28
giugno 1969, ha chiesto che il ricorso sia rigettato, allegando la
insussistenza della dedotta violazione degli artt. 92 e 93, paragrafo
terzo, del Trattato di Roma.
Per quanto attiene all’art. 92, la difesa della Regione rileva che,
nella specie, non ricorrono i presupposti per l’applicabilità del
primo comma, sia perché l’intervento predisposto dalla Regione è
stato di entità irrisoria in rapporto al volume degli scambi
internazionali, sia perché “un aiuto con danaro pubblico può incidere
sugli scambi internazionali e può falsare la concorrenza soltanto se
si riferisce a una futura attività economica”, mentre la legge
impugnata, come ammette lo stesso Commissario dello Stato, ha
indennizzato in parte la S.A.C.O.S. esclusivamente per le perdite che
questa aveva subi’to in passato.
Tuttavia, anche se volesse ritenersi che l’intervento della Regione
sia in contrasto con il primo comma del citato art. 92, il
provvedimento in esame, secondo la difesa della Regione, rientrerebbe
nelle deroghe di cui all’art. 92, comma secondo (aiuti a carattere
sociale) e di cui all’art. 92, comma terzo, lettere A e C (aiuti
destinati a favorire il tenore di vita anormalmente basso e aiuti
destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività).
Neppure sussiste, secondo la difesa della Regione, la violazione
dell’art. 93, comma terzo, in quanto l’onere delle comunicazioni alla
Commissione della C.E.E. è escluso, non solo per quei progetti che non
hanno lo scopo di istituire aiuti ai sensi del citato art. 92, ma anche
per i progetti di aiuti, consentiti dall’art. 2 del Regolamento C.E.E.
n. 159/66 – che disciplina l’organizzazione dei mercati per il settore
ortofrutticolo – ai sensi dell’art. 94 del Trattato di Roma.
Nella discussione orale i difensori delle parti hanno illustrato le
proprie tesi difensive e insistito nelle già prese conclusioni.
Il Commissario dello Stato ha impugnato la legge dell’Assemblea
regionale siciliana di cui in atti per un vizio di carattere
procedurale, e cioè per la mancata preventiva notificazione del
relativo progetto alla Comunità economica europea, cui, ai sensi
dell’art. 93 paragrafo terzo del Trattato di Roma, il progetto stesso
avrebbe dovuto essere comunicato, perché disponeva “aiuti” diretti a
sostenere il prezzo del mercato degli agrumi.
L’impugnazione del Commissario dello Stato è fondata.
Le norme del trattato istitutivo della Comunità economica europea
(reso esecutivo con legge 14 ottobre 1957, n. 1203), al fine di
assicurare libertà di circolazione dei beni e parità di accesso ai
mercati agli Stati membri, impongono a ciascuno di essi obblighi ed
oneri che, in parte derivano dalle norme stesse del Trattato, ed in
parte dalle norme emanate dalle istituzioni comunitarie sotto forma di
“regolamento”, “obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente
applicabile” in ciascuno dei detti Stati (art. 189, comma secondo, del
Trattato).
Non può esser dubbio, e non è contestato dalla Regione, che tali
obblighi ed oneri, derivanti dalle disposizioni del Trattato e dai
regolamenti comunitari, vincolino anche l’esercizio dell’attività
legislativa delle Regioni a statuto speciale. Le ragioni, attinenti
alla posizione sovrana dello Stato nei confronti delle Regioni, fruenti
di autonomia “entro l’unità politica dello Stato italiano” (art. 1
Statuto speciale per la Sicilia) il quale è “uno e indivisibile” (art.
5 Costituzione) ed è fornito di personalità internazionale, sono
state ampiamente svolte dalla Corte nella sentenza n. 49 del 1963.
Tra gli obblighi nascenti dal Trattato vi è appunto quello
dell’art. 93, paragrafo terzo, di cui si è detto, e che impone agli
Stati membri di comunicare “i progetti diretti ad istituire o
modificare aiuti”. Tali aiuti comprendono tutti gli interventi che la
mano pubblica può effettuare per modificare la formazione dei prezzi
in regime di concorrenza: regime che il Trattato intende
sostanzialmente tutelare, pur non disconoscendo la possibilità di
legittimare tali interventi nell’interesse sociale, ma a condizione di
parità di tutti gli Stati membri, e quindi ordinariamente sotto il
controllo e con l’autorizzazione degli organi comunitari.
Non è qui il caso di esaminare quali e quante specie di tali
“aiuti” il Trattato contempli come compatibili direttamente o a seguito
di autorizzazione, bastando, per quanto attiene alla risoluzione del
problema proposto in causa, rilevare che gli aiuti consistenti in
“interventi sul mercato” nel campo dei prodotti ortofrutticoli sono
considerati tra quelli compatibili solo mediante autorizzazione degli
organi della Comunità, perché minutamente disciplinati dai due
“regolamenti” numeri 23 del 1965 e 159 del 1966 e segnatamente da
questo ultimo che dedica alla materia l’intero titolo secondo.
Ed a riprova della incidenza di quelle disposizioni nella materia e
nel caso in esame, sta la circostanza che lo Stato italiano, per
intervenire con acquisti di arance a mezzo dell’A.I.M.A., nel febbraio
di quest’anno in Sicilia, e cioè nello stesso periodo in cui ha
spiegato i suoi interventi anche la Regione, ha dovuto chiedere ed
ottenere l’autorizzazione della Comunità economica europea, che ha
espresso il consenso e dettato le condizioni nei due regolamenti, del
Consiglio n. 324/69 e della Commissione n. 332/69.
Oppone la difesa della Regione che tale procedura lo Stato ha
seguito ed ha dovuto seguire perché ha chiesto ed ottenuto, a sostegno
della operazione, l’intervento finanziario dello speciale fondo della
Comunità economica europea, mentre la Regione, che ha agito con fondi
propri o di suoi organismi, e non chiede rimborsi, non sarebbe tenuta
al rispetto di quelle procedure. Ma tale giustificazione non può
essere accolta, perché la struttura del Trattato, volto ad assicurare
libertà e parità di accesso e di condizioni a tutti gli Stati membri
sui mercati nazionali di ciascuno, non consente discriminazioni nelle
operazioni di sostegno dei prezzi che, siano effettuati o no con
l’apporto finanziario degli organi comunitari, rappresentano sempre
attività dirette a modificare le condizioni di concorrenza e soggetti
perciò al vaglio di merito della loro opportunità, ai fini della
possibile autorizzazione.
Egualmente infondato è poi da ritenersi l’altro rilievo della
Regione, che intenderebbe sottrarre la legge impugnata alle censure di
illegittimità sotto il profilo che essa provvederebbe soltanto a
reintegrare le perdite subite dagli organismi regionali E.S.P.I. e
S.A.C.O.S., che hanno poi effettuato l’intervento di mercato per
incarico della stessa Regione, conferito loro in forma amministrativa.
È ovvio che non può accettarsi, né ha rilievo ai fini della
valutazione delle condizioni di legittimità della legge regionale, la
tesi secondo la quale, una volta comunque effettuato l’intervento, gli
oneri di esso, facenti carico agli organismi incaricati di compierlo,
devono essere rifusi dalla Regione che ha conferito l’incarico e che,
in ogni caso, intenda addossarseli.
È ovvio invece che, se la Regione non poteva intervenire, o non
poteva farlo senza autorizzazione di altri organi, nel caso quelli
comunitari, nulla rileva che, precorrendo i tempi e trascurando
adempimenti, essa sia già intervenuta, perché il fatto compiuto non
può servire, sul piano del diritto, a legittimare il suo operato.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale della legge approvata
dall’Assemblea regionale siciliana nella seduta dell’11 giugno 1969
recante “provvedimenti per l’intervento nel settore agricolo
alimentare”.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 30 giugno 1969.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.