Sentenza N. 124 del 1969
Corte Costituzionale
Data generale
08/07/1969
Data deposito/pubblicazione
08/07/1969
Data dell'udienza in cui è stato assunto
01/07/1969
MICHELE FRAGALI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ –
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO –
Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA –
Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott.
NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
della legge 2 agosto 1967, n. 799 (modifiche al testo unico 5 giugno
1939, n. 1016, sulla protezione della selvaggina e per l’esercizio
della caccia), promossi con due ordinanze emesse il 23 febbraio 1968
dal pretore di Pignataro Maggiore nei procedimenti penali a carico di
De Falco Felice e di Guarino Alberto, iscritte ai nn. 67 e 68 del
Registro ordinanze 1968 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 127 del 18 maggio 1968.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 3 giugno 1969 la relazione del
Giudice Francesco Paolo Bonifacio;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti,
per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
1. – Con due ordinanze di identico contenuto – emesse nei
procedimenti penali a carico di Felice De Falco e di Alberto Guarino –
il pretore di Pignataro Maggiore, accogliendo una eccezione sollevata
dagli imputati, ha proposto una questione di legittimità
costituzionale concernente l’art. 1 della legge 2 agosto 1967, n. 799,
in forza del quale l’uso della licenza di caccia è consentito solo
previa assicurazione per la responsabilità civile verso terzi ed i
contravventori sono puniti con la revoca della licenza da tre a cinque
anni oltre che con l’ammenda che l’art. 7 del testo unico 5 giugno
1939, n. 1016, stabilisce a carico di chi caccia senza licenza.
Il pretore, premesse alcune considerazioni sulla natura del diritto
alla caccia e sui limiti ai quali esso soggiace a tutela di pubblici
interessi, sostiene che la disposizione impugnata, nonostante che
persegua un fine meritevole di protezione sotto il profilo morale,
incorre in una palese violazione dell’art. 3 della Costituzione perché
pone in essere una disparità di trattamento fra la categoria dei
cacciatori muniti di assicurazione e la categoria di quelli che ne sono
sprovvisti.
Il principio di eguaglianza sarebbe inoltre violato anche sotto un
secondo profilo: posto che l’autorizzazione alla caccia è connessa ad
una valutazione discrezionale delle garanzie offerte dai soggetti
interessati di praticarla senza danni e che, di conseguenza, il
fondamento della revoca deve ravvisarsi in un venir meno di tali
garanzie, la norma denunziata, in quanto dispone la revoca della
licenza ed assoggetta il cacciatore alle altre sanzioni previste
dall’art. 1 della legge per un fatto che nulla ha a che vedere con la
legittima concessione della licenza, darebbe vita, secondo le
ordinanze, ad una disparità di trattamento fra chi caccia senza
licenza e chi caccia con licenza ma senza assicurazione.
2. – Le ordinanze, lette in pubblica udienza, sono state
ritualmente comunicate ai Presidenti delle due Camere, notificate al
Presidente del Consiglio dei Ministri e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale n. 127 del 18 maggio 1968.
Nel giudizio relativo all’ordinanza emessa nel procedimento a
carico di Alberto Guarino è intervenuto, con atto depositato il 25
aprile 1968, il Presidente del Consiglio, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato.
3. – La difesa dello Stato mette in evidenza che l’obbligo di
munirsi di assicurazione è una condizione di operatività della
licenza ed è imposto dalla legge in considerazione del preoccupante
incremento dei sinistri venatori: tale ratio, che giustifica la
disposizione in esame, ne dimostra la piena legittimità, perché i
cacciatori titolari di licenza, secondo che siano privi o muniti di
assicurazione, costituiscono due distinte categorie, legittimamente,
perciò, assoggettate a differente trattamento.
Per quanto riguarda il secondo profilo della questione, la
circostanza che il cacciatore con licenza e senza assicurazione sia
punito con le stesse sanzioni previste per la caccia senza licenza non
implica, secondo l’Avvocatura, alcun vizio di costituzionalità:
l’assoggettamento di due diverse fattispecie criminose alla stessa pena
è manifestazione di politica legislativa, sottratta al controllo di
costituzionalità quando, come nel caso qui considerato, non ci sia
un’assoluta irrazionalità della disciplina normativa. L’irrazionalità
della disposizione in esame è da escludere anche se si prende in
considerazione l’ipotesi di chi caccia senza licenza e senza
assicurazione per contrapporla all’ipotesi di chi caccia con licenza ma
senza assicurazione: deve ritenersi, infatti, che chi si metta nella
prima situazione debba rispondere dei due distinti reati previsti e
puniti dagli artt. 7 e 8 del testo unico.
4. – Nell’udienza pubblica l’Avvocatura dello Stato ha concluso
chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata.
1. – Le due ordinanze del pretore di Pignataro Maggiore propongono
un’identica questione di legittimità costituzionale, e pertanto i
relativi giudizi vengono riuniti e decisi con unica sentenza.
2. – Nonostante che il dispositivo delle ordinanze faccia generico
riferimento all’art. 1 della legge 2 agosto 1967, n. 799, la presente
questione, come si evince dai termini nei quali il giudice a quo la
definisce riguarda esclusivamente il nono comma delltart. 8 del regio
decreto 5 giugno 1939, n. 1016, nel testo risultante dalle modifiche
apportate da quella legge.
Tale disposizione prescrive che chi usa della licenza di caccia
“deve dimostrare in ogni momento di avere l’assicurazione per un
capitale unico di responsabilità civile verso terzi pari ad un minimo
di lire 5 milioni” e stabilisce che i contravventori siano puniti con
la revoca della licenza da tre a cinque anni e con le pene che l’art 7
dello stesso testo unico sulla caccia prevede per il cacciatore
sprovvisto di licenza.
Ad avviso del giudice a quo questa disciplina, in violazione
dell’art. 3 della Costituzione, determinerebbe una duplice, illegittima
disparità di trattamento: da un lato “fra cacciatori muniti di
assicurazione e cacciatori che ne sono privi”, dall’altro “fra chi
caccia senza licenza e chi caccia con regolare licenza pur non avendo
ottemperato all’obbligo dell’assicurazione”.
3. – La questione appare priva di fondamento.
Quanto al primo degli aspetti presi in considerazione dal pretore,
sembra sufficiente osservare che l’imposizione dell’onere
dell’assicurazione per il legittimo uso della licenza di caccia
risponde all’esigenza di salvaguardare i diritti dei terzi e si
inquadra perfettamente in quel regime pubblicistico dell’esercizio
venatorio che, come riconosce lo stesso giudice a quo, trova
giustificazione anche nella pericolosità di tale attività: ed è del
tutto evidente che se legittimo è il precetto contenuto nella norma
impugnata, legittima è la discriminazione fra chi vi presta osservanza
e chi lo viola.
La seconda censura enunciata dalle ordinanze appare rivolta, per il
modo in cui essa è stata motivata, non tanto all’assoggettamento del
cacciatore munito di licenza ma privo di assicurazione alla stessa
ammenda stabilita per chi caccia senza licenza (statuizione che, come
esattamente rileva l’Avvocatura dello Stato, è espressione della
discrezionalità del legislatore), quanto alla previsione di sanzioni –
ed, in particolare, di quella, concorrente con l’ammenda, della revoca
della licenza – per un soggetto che pur è stato legittimamente
autorizzato alla caccia.
Al pretore sembra in proposito rilevante la circostanza che l’aver
stipulato l’assicurazione non rientra fra i requisiti che la legge
stabilisce come necessari per conseguire la licenza ed è da tale
circostanza che egli trae la considerazione, a suo avviso decisiva, che
il contravventore si vede revocare la licenza ed incorre nelle altre
sanzioni previste dall’art. 1 della legge n. 799 del 1967 “per un fatto
che nulla ha a che vedere con la concessione legittima dell’atto”. Ma
siffatto ragionamento si rivela del tutto irrilevante sol che si
consideri che la legge subordina all’assicurazione il legittimo uso
della licenza: di tal che cacciare senza assicurazione significa
abusare della licenza stessa e porsi quindi in una situazione che
legittimamente il legislatore può colpire con pena e che, in
particolare, rende del tutto razionale la misura punitiva, aggiunta
all’ammenda, della temporanea revoca della licenza.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. l della legge 2 agosto 1967, n. 799 (contenente modifiche al
testo unico delle norme per la protezione della selvaggina e per
l’esercizio della caccia), nella parte relativa all’art. 8, comma nono,
del regio decreto 5 giugno 1939, n. 1016, sollevata dalle ordinanze
indicate in epigrafe in riferimento all’art. 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 1 luglio 1969.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTTSTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – ANGELO DE
MARCO – ERCOLE ROCCHETTI – ENZO
CAPALOZZA – VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI – NICOLA
REALE – PAOLO ROSSI.