Sentenza N. 136 del 1969
Corte Costituzionale
Data generale
15/07/1969
Data deposito/pubblicazione
15/07/1969
Data dell'udienza in cui è stato assunto
01/07/1969
MICHELE FRAGALI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ –
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO –
Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI –
Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO
CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
provincia di Bolzano 24 luglio 1957, n. 8, sulla tutela del paesaggio,
promosso con ordinanza emessa il 3 novembre 1967 dal Consiglio di Stato
– sezione V – sul ricorso di Tirelli Massimo contro la Giunta
provinciale di Bolzano ed altri, iscritta al n. 76 del Registro
ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 139 del 1 giugno 1968 e nel Bollettino Ufficiale della Regione
Trentino-Alto Adige n. 47 del 5 novembre 1968.
Visti gli atti di costituzione di Tirelli Massimo e del Presidente
della provincia di Bolzano;
udita nell’udienza pubblica del 18 giugno 1969 la relazione del
Giudice Michele Fragali;
uditi l’avv. Mario Barbato, per il Tirelli, e l’avv. Giuseppe
Guarino, per la provincia di Bolzano.
1. – Oggetto dell’odierno giudizio è la questione di legittimità
costituzionale della legge provinciale di Bolzano 24 luglio 1957 n. 8,
sulla tutela del paesaggio.
La questione è stata promossa dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale con l’ordinanza 3 novembre 1967, emessa su ricorso
proposto da Tirelli Massimo contro il provvedimento della Giunta
provinciale di Bolzano che aveva negato l’autorizzazione per la
esecuzione di un progetto edilizio, prescritta dalla legge predetta. Il
Consiglio ha prospettato l’assunto che questa legge è in contrasto con
l’art. 95 dello statuto del Trentino-Alto Adige e con l’art. VIII delle
disposizioni transitorie e finali della Costituzione, perché la
provincia manca di competenza legislativa nella materia delle bellezze
naturali, per tale materia non essendo state ancora emanate le norme
d’attuazione dello statuto. Il Consiglio ha richiamato la
giurisprudenza di questa Corte secondo la quale le norme di attuazione
degli statuti regionali sono necessarie soltanto quando occorre
trasferire ad organi della regione funzioni esercitate da organi
statali, e le regioni hanno il potere di emanare leggi nella materia di
propria competenza prima che siano emanate norme di attuazione se non
risultino modificate le attribuzioni di organi statali; ma ha
prospettato il dubbio che, per trasferimento o passaggio di funzioni,
la Corte abbia inteso ogni modificazione nella sfera di competenza
degli uffici statali preesistenti, sia con l’aggiunta di nuove
competenze, sia con la sottrazione di quelle esercitate. In relazione a
ciò il Consiglio ha opinato che la legge denunziata, disciplinando
automaticamente la tutela paesistica del territorio della provincia di
Bolzano ha, quanto meno, sottratto alla sovraintendenza di Trento i
poteri ad essa spettanti sul territorio stesso a norma dell’art. 8
legge 22 maggio 1939 n. 823. Ha inoltre rilevato che le norme di
attuazione sono necessarie, nella materia in discussione, allo scopo di
coordinare i poteri statali con quelli provinciali che incidano sui
medesimi beni e interessi.
In subordine il Consiglio di Stato ha proposto la questione di
legittimità dell’art. 7, in relazione all’art. 15, secondo comma,
della legge, per contrasto con l’art. 42, terzo comma, della
Costituzione, sotto il profilo che, nelle ipotesi in cui la limitazione
dipendente dal vincolo di paesaggio possa concretarsi in un divieto
assoluto di inedificabilità, prevede, non un indennizzo, ma un
contributo speciale nei limiti del bilancio.
L’ordinanza è stata notificata alla parte privata, ai Presidenti
del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige e della Regione
Trentino-Alto Adige in data 2 gennaio 1968, al Presidente della Giunta
provinciale di Bolzano l’8 marzo 1968, al Presidente del Consiglio dei
Ministri il 2 aprile 1968. In questa data è stata comunicata al
Presidente della Camera dei Deputati ed il giorno 3 successivo al
Presidente del Senato. L’ordinanza è stata pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica del 1 giugno 1968 n. 139, ed iscritta al n.
76 del Registro ordinanze 1968.
Innanzi a questa Corte si sono costituiti il Tirelli e la Giunta
provinciale di Bolzano.
2. – La provincia, rilevato che la questione promossa in subordine
è stata dichiarata infondata da questa Corte con sentenza 9 maggio
1968 n. 56, limita le sue deduzioni alla questione principale.
Osserva che l’organizzazione provinciale per la materia di cui si
tratta è in funzione da oltre dieci anni, lo Stato non ne ha mai
contestato la legittimità, e il ministro, il consiglio superiore delle
belle arti, la sovraintendenza ai monumenti non hanno mai, nella
provincia di Bolzano, svolto attività di tutela del paesaggio: la
provincia, dal 1957 al 1968, ha emesso ben 17.470 provvedimenti, tutti
resi pubblici, pochissimi impugnati in sede giurisdizionale, ha
apportato modificazioni a provvedimenti statali anteriori alla legge
denunziata e il ministro o il sovraintendente non ha mai fatto denuncie
penali, né applicato le sanzioni amministrative comminate dall’art. 15
della legge statale. Si aggiunge che nel memorandam presentato
all’Assemblea delle Nazioni Uniti il 12 ottobre 1960 il Governo ebbe ad
elencare la legge denunziata fra quelle che danno un’idea
dell’effettività dell’autonomia provinciale, perché attuate dagli
enti amministrativi della provincia e quindi già entrata in vigore;
esso ritenne che la legge meritava speciale menzione, perché permette
di imporre alla libera disposizione della proprietà ed all’iniziativa
privata limiti diretti a conservare integralmente gli aspetti fisici
dell’Alto Adige, che non trovano riscontro nella legislazione statale.
Sono anche significative le informazioni che gli organi ministeriali
diedero al signor Victor Cranley, incaricato dal Consiglio di Europa di
uno studio preliminare sulla tutela della natura e del paesaggio in
Inghilterra, in Francia ed in Italia: nella sua relazione il Cranley
scrive che nel Trentino-Alto Adige è in vigore una legislazione
propria delle autorità locali. Già altra volta la Corte ha dato
rilievo al comportamento dell’ente interessato agli effetti del
passaggio di competenza dallo Stato alla regione (sentenza 10 marzo
1966 n. 21). E, a tal riguardo, la provincia prospetta il dubbio che
solo lo Stato e non un terzo può invocare il rispetto del principio
della necessità delle norme di attuazione; il che spiega come le
questioni relative alle norme di attuazione siano sorte costantemente
in sede di impugnazione diretta della legge o in sede di conflitto di
attribuzioni, e come lo Stato non abbia mai avvertito l’esigenza di
emanare norme di attuazione quando abbia accettato, di fatto e con atti
concludenti, l’esercizio effettivo di una competenza da parte di una
singola regione o provincia.
Peraltro la modificazione delle competenze spettanti agli organi
dello Stato discende in modo diretto dalle norme della Costituzione e
dello statuto regionale che hanno attribuito determinate materie alla
potestà normativa ed amministrativa della provincia e perciò
presuppongono già avvenuto il passaggio delle funzioni dallo Stato
alla provincia (artt. 13, 16, 46, 76 n. 3 Statuto): importante è
l’art. 13 dello Statuto per il quale sono esercitate dalla regione o
dalla provincia le potestà amministrative relative a materie di
competenza dell’una e dell’altra “che, in base all’ordinamento
preesistente, erano attribuite allo Stato”, con il riferimento ad un
tempo passato, quindi nel presupposto che esse erano state già
trasferite per la forza imperativa dello Statuto.
L’Alta Corte per la Sicilia nelle sentenze 5 agosto 1949 n. 10 e 15
ottobre 1950 n. 15 ha affermato che si impongono norme di attuazione
solo per addivenire ad un completo trasferimento delle funzioni statali
alla regione, volendo riferirsi alle materie o ai nuclei di materie
attribuiti integralmente alla medesima o non connessi a materie di
competenza statale. La Corte costituzionale, nella sentenza 12 marzo
1962 n. 14, decise che l’occorrenza delle norme di attuazione si palesa
in concreto per il bisogno di assicurare un collegamento fra le
attività ed i servizi trasferiti alla regione e quelli che rimangono
allo Stato, di regolare il passaggio del personale dall’una all’altra
amministrazione, di evitare duplicazione di attività o di uffici, in
sintesi, di dar vita nell’àmbito delle ben definite autonomie
regionali, ad una organizzazione dei pubblici uffici e delle pubbliche
funzioni che si armonizzi con l’organizzazione dello Stato, nell’unità
dell’ordinamento amministrativo generale.
Nella specie non v’è stato passaggio di uffici, di locali e di
personale statale, non v’è stata imposizione di obblighi agli uffici
statali, né si è disciplinata la competenza degli stessi, non sono
state modificate le competenze degli organi centrali, ed è rimasta
invariata l’organizzazione della sovraintendenza di Trento; l’art. 18,
per cui la legge provinciale sostituisce quella statale, va inteso nel
senso che gli organi provinciali avrebbero dovuto applicare le norme
provinciali e non più quelle statali.
L’art. 11 n. 1 dello Statuto, attribuisce alla competenza primaria
della provincia una materia nettamente individuata e la attribuisce
integralmente, di modo che non si pone nemmeno un problema di
delimitazione o di coordinamento fra competenza statale e competenza
provinciale: né un problema di connessione necessaria fra poteri
provinciali e poteri di amministrazione statale, a parte che, se mai,
ove connessione vi fosse, la questione di costituzionalità potrebbe
porsi solo per le norme specificatamente coinvolte e non per tutta la
legge. Non v’è poi nulla che obblighi a ritenere che, una volta creata
una disciplina vincolativa provinciale, debba essere venuto meno il
potere dello Stato di porre vincoli a tutela degli interessi dei quali
ha la cura: in tal caso il proprietario dovrà richiedere
l’autorizzazione sia agli organi provinciali sia a quelli statali.
L’art. 9 della Costituzione richiama il paesaggio come bene, non
dello Stato come persona giuridica, ma della Repubblica come
ordinamento generale, che si esprime attraverso la molteplicità e la
varietà delle istanze.
La provincia ha, nella materia, competenza legislativa primaria e
anche per questo non v’è necessità di regolare i rapporti tra leggi
dello Stato e leggi della regione; quella dello Stato è venuta meno
sulla base dello Statuto e infatti nella sentenza 18 novembre 1958 n.
58 la Corte afferma’ che la fonte statutaria doveva ritenersi
sufficiente ad attribuire alla regione i poteri legislativi e
amministrativi in materia di credito.
Già prima la sentenza 9 aprile 1957, n. 53, aveva deciso che, in
mancanza di norme di attuazione in materia di pesca, la regione sarda,
avendo emanato una sua legge priva di qualsiasi coordinazione con la
legge statale, doveva rigorosamente limitare la sua competenza
escludendo ogni esorbitanza in materie connesse di competenza statale;
e così aveva avvertito che, quando mancano norme di attuazione,
determina l’illegittimità della legge regionale, non il semplice fatto
che la regione abbia legiferato, ma la sua esorbitanza in materie
riservate allo Stato, il fatto cioè che la materia è in tutto o in
parte sottratta agli organi statali o è strettamente connessa ad altre
di competenza statale.
È caso per caso, allora, che deve essere dimostrata la necessità
delle norme di attuazione, perché si tratterebbe di apportare deroga
al principio generale della immediata utilizzabilità dei poteri
legislativi primari della regione; principio che non perde il suo
carattere sol perché le deroghe, in ipotesi, possano essere numerose.
Per le materie in cui la competenza è esclusiva della regione, può
esservi soltanto un problema di successione di leggi: fin quando
restano in vigore quelle dello Stato esistono le competenze degli
organi dello Stato, dal momento in cui entrano in vigore le leggi della
regione subentrano invece le competenze degli organi regionali.
La provincia esamina poi il valore che assumono, nella specie,
l’art. 95 dello Statuto e l’art. VIII delle disposizioni transitorie
della Costituzione. In quanto gli statuti hanno inteso garantire
l’autonomia regionale non sarebbe logico, almeno in via generale, che
l’estrinsecarsi effettivo di essa dipendesse dall’emanazione di un
nuovo atto dello Stato. Rispetto alla norma statutaria attributiva di
competenza, le norme di attuazione, hanno il valore sostanziale di un
regolamento di esecuzione, ed è noto che solo alcune leggi necessitano
di una normativa del genere. Se si opinasse diversamente, si
giungerebbe al paradosso che il conferimento in concreto di un potere
legislativo alle regioni potrebbe essere fatto solo con norme di
attuazione e non con legge costituzionale; o si verrebbe a riproporre
la vecchia distinzione tra norma direttiva e norma precettiva di cui la
Corte ha fatto giustizia, o infine si direbbe che le norme degli
statuti che disciplinano i poteri legislativi primari delle regioni
sarebbero rivolte soltanto al legislatore dello Stato. Il secondo comma
della VIII disposizione transitoria della Costituzione poi concerne
l’attività amministrativa, riferendosi espressamente ad ogni ramo
della pubblica amministrazione e non anche alla potestà legislativa, e
comunque sarebbe inapplicabile alle regioni a statuto speciale: si
richiama la sentenza di questa Corte 24 marzo 1963, n. 76, quanto al
primo punto e, sul secondo punto, si rinvia alle sentenze dell’Alta
Corte per la Sicilia 18 ottobre 1950 n. 15, 25 ottobre 1950 n. 17, 1
giugno 1954 n. 4. La disposizione transitoria predetta può quindi
correttamente intendersi solo nel senso che, quando deve provvedersi a
coordinare il passaggio delle funzioni statali alle regioni occorre
emanare una legge dello Stato; e pertanto l’art. 95 dello Statuto
regionale impone in ogni caso emanazione di norme di attuazione. L’art.
92 dello stesso Statuto invece dispone che, nelle materie attribuite
alla regione o alla provincia, fino a quando non sia diversamente
disposto con leggi regionali o provinciali, si applicano le leggi dello
Stato; con che si dimostra che il trasferimento di funzioni dallo Stato
alla regione o alla provincia deriva addirittura in modo diretto dalla
legge regionale o provinciale, che ha il potere di abrogare le
preesistenti norme statali anche circa le competenze attribuite agli
organi dello Stato: essendo stato previsto il divieto di applicazione
della legge dello Stato a decorrere dall’entrata in vigore di quella
regionale o provinciale, nella corrispondente materia e per il medesimo
oggetto, non è la legge locale che abroga quella statale, ma si ha che
una legge costituzionale, come è lo statuto regionale, condiziona
l’efficacia della legge dello Stato all’evento dell’entrata in vigore
della legge provinciale.
La provincia rileva infine che la dichiarazione di illegittimità
della legge denunziata creerebbe nella provincia di Bolzano una
situazione di totale carenza di organi competenti nella materia della
tutela del paesaggio e che la legge oggi in esame è già venuta al
giudizio di questa Corte. La sentenza 19 aprile 1962 n. 37, pur
esaminandola sotto un profilo diverso, ha affermato che la potestà
provinciale di emanare norme legislative in materia di tutela del
paesaggio non è illimitata, e l’interesse a tale tutela deve essere
subordinato a quello ben maggiore della difesa nazionale: ha tratto
tale convinzione dal fatto che l’art. 11 della legge in esame esclude
l’applicazione delle sue norme alle opere destinate alla difesa
militare e quindi ha applicato la legge stessa, e ha presupposto che la
legge sia legittima.
3. – Il Tirelli si rifà alle considerazioni svolte nell’ordinanza
del Consiglio di Stato, elenca inoltre le ipotesi in cui la legge
conferisce ad organi propri attribuzioni che spettano all’autorità
statale e, con riferimento alla questione dell’illegittimità
costituzionale dell’art. 7 della legge in esame, insiste sul carattere
discrezionale del contributo in esso preveduto, che non ha il carattere
d’indennizzo anche perché è ristretto nei limiti di una somma
stanziata in bilancio.
Viene anche contestato che le norme di attuazione siano di mera
esecuzione di quelle statutarie, avendo la finalità di porre, ove
necessario, disposizioni concernenti le relazioni tra Stato e regione e
vengono richiamate le sentenze della Corte nelle quali si afferma’ la
necessità di norme di attuazione per la pura e semplice assunzione da
parte dell’ente autonomo di funzioni che non danno luogo ad alcuno
spostamento di uffici; si sostiene che l’art. 92 dello Statuto del
Trentino-Alto Adige statuisce pure per il caso in cui, dopo
l’emanazione delle norme di attuazione, la regione si astenga dal
legiferare, ma non permette alla regione di regolare il passaggio di
funzioni con proprie leggi, tanto che nella sentenza 30 dicembre 1968,
n. 140 è detto, in materia di coordinamento di scuole materne, che, se
le provincie autonome non avevano legiferato, ciò era dipeso
dall’assenza di norme statali che delineassero e coordinassero le
relative competenze.
Il Tirelli si richiama pure alla dottrina che, in relazione alla
legge in esame, afferma la necessità di coordinamenti con i poteri
statali; e osserva infine, da un lato, che tali coordinamenti sono
richiesti dallo stesso fatto che, nel memorandum alle Nazioni Unite, lo
Stato dichiara’ che la legge in esame ha imposto limiti inesistenti
nella legislazione italiana e, dall’altro lato, il Tirelli rileva che
la dichiarazione dell’illegittimità costituzionale della legge
denunziata non provocherebbe carenza amministrativa, perché
riprenderebbe vigore, nella provincia di Bolzano, la legge statale 22
maggio 1939, n. 823.
4. – All’udienza del 18 giugno 1969 le parti hanno illustrato e
ribadito le proprie tesi.
1. – La provincia di Bolzano contesta senza ragione che la parte
privata abbia interesse a far valere l’asserita illegittimità
costituzionale della legge provinciale denunziata per mancanza, nella
materia, di norme di attuazione dello Statuto speciale. Nella misura
in cui le norme predette siano necessarie, la loro mancanza priva la
regione o la provincia autonoma della legittimazione concreta ad
esercitare la potestà legislativa che le spetta secondo lo Statuto, e
la conseguenza non potrebbe essere se non l’invalidità dell’attività
che ciò non pertanto si fosse esplicata. L’invalidità opererebbe non
soltanto verso lo Stato al quale spettasse la competenza, ma altresì
rispetto a tutti coloro che dell’atto emanato avessero risentito o
dovrebbero risentire gli effetti, perché esso avrebbe violato una
norma di ordine costituzionale: è questione di legittimità
costituzionale così quella che attiene all’osservanza di norme
sostanziali della Carta fondamentale, come quella che concerne l’ordine
delle competenze da questa stabilito.
2. – La parte privata invoca però senza fondamento l’VIII
disposizione transitoria della Costituzione per sostenere che, in
ordine alla materia del paesaggio, era necessaria l’emanazione di norme
di attuazione dello Statuto. La suddetta disposizione impone norme del
genere esclusivamente per il trasferimento delle funzioni
amministrative; e il suo testo infatti esige leggi dello Stato solo per
regolare il passaggio delle funzioni statali “per ogni ramo della
pubblica amministrazione”, di funzioni cioè che, per lo stesso
significato delle parole usate, non possono essere di potere
legislativo. Nella sentenza 24 maggio 1963, n. 76, la Corte affermò
che la norma transitoria succitata proclama la necessità di una
attuazione coordinata dei principi costituzionali dell’autonomia e del
decentramento regionale; ma lo affermò con riferimento ad una legge
regionale che riguardava unicamente l’esercizio di funzioni
amministrative. E ciò a parte il problema della riferibilità della
norma alle regioni a statuto speciale; problema cui la Corte, nella
sentenza 9 maggio 1961 n. 22, accennò per una soluzione negativa.
Non è concludente, ai fini del decidere, l’art. 95 dello Statuto
del Trentino-Alto Adige, che prevede in via generica norme di
attuazione da emanarsi con decreto legislativo. Cosi disponendo lo
Statuto ha regolato la forma che avrebbe dovuto assumere l’atto
normativo, ove fosse stato necessario: sarebbe illogico intenderlo nel
senso che abbia voluto imporre l’emanazione di norme di esecuzione per
tutte le materie statutarie, perché si arriverebbe all’assurdo di
giudicare che esse sono state previste anche per il caso in cui il
testo statutario avesse avuto in sé piena completezza e non avesse
reclamato integrazioni o specificazioni. In tali ipotesi norme di
attuazione non potrebbero mai emanarsi, per mancanza di oggetto; e
nelle ipotesi stesse la competenza regionale o provinciale non potrebbe
mai esercitarsi non ostante l’assenza di dubbi nei limiti della stessa.
3. – Sono queste ultime considerazioni che fanno escludere la
assolutezza del principio invocato dalla parte privata: lo stesso
Consiglio di Stato ha riconosciuto che questo non è insuperabile, e si
è limitato a porre in dubbio che la fattispecie rientri fra le
eccezioni, sotto il profilo che la legge provinciale ha causato
sottrazione di funzioni agli uffici statali e quindi trasferimento di
tali funzioni ad uffici della provincia.
La Corte, sintetizzando il suo pensiero nella sentenza 9 marzo 1962
n. 14, ritenne che l’esigenza delle norme di attuazione si manifesta
nel bisogno di dar vita, nell’ambito delle ben definite autonomie
regionali, ad una organizzazione dei pubblici uffici e delle pubbliche
funzioni che si armonizzi con l’organizzazione dello Stato nell’unità
dell’ordinamento giuridico. Ora, nella specie, non si enunciano
concrete esigenze del genere.
Lo Statuto della regione Trentino-Alto Adige, all’art. 13,
statuisce che, nelle materie e nei limiti in cui la regione o la
provincia può emanare norme legislative, le relative potestà
amministrative, che in base all’ordinamento preesistente “erano”
attribuite allo Stato, sono esercitate rispettivamente dalla regione e
dalla provincia. La norma è direttamente attributiva di competenza: le
funzioni che in base all’ordinamento preesistente “erano” attribuite
allo Stato ovviamente non lo erano più in base allo Statuto, dovevano
intendersi cioè passate alla regione o alla provincia per la forma
immediata dell’atto concessivo dell’autonomia.
Non vale opporre che la legge denunziata riconosce la necessità di
coordinamenti fra la competenza provinciale e la competenza statale
perche statuisce all’art. 7 che i provvedimenti relativi ad opere
pubbliche e ad opere dichiarate di pubblica utilità dallo Stato o
dalla regione debbono essere adottati di concerto con le
amministrazioni interessate. La regola è ovvia, cosicché sarebbe
stato inutile inserirla in norme di attuazione; tanto più che i
termini di quel concerto potrebbero essere definiti solo caso per caso.
Non si chiarisce poi quali ulteriori norme di integrazione o di
specificazione sarebbero state necessarie, oltre la previsione
predetta: è altrettanto ovvio, che, fino a quando l’accordo con le
amministrazioni statali non si raggiunga, ogni provvedimento
provinciale mancherebbe del crisma della legittimità e sarebbe stata
altresì inutile una norma di attuazione che avesse disposto in tal
senso. Ugualmente deve ragionarsi per ogni altra ipotesi in cui un
provvedimento della provincia venisse ad incidere su beni appartenenti
allo Stato o su materie di competenza dello stesso.
Comunque non sarebbe logico ritenere, che fino a quando non si
esaminino prescrizioni del genere riguardo ad ipotesi astratte di
incidenza dell’interesse statale, alla provincia rimanga inibito di
esercitare la sua competenza esclusiva per quelle altre ipotesi che in
concreto non coinvolgano interessi statali. La sentenza di questa Corte
del 19 aprile 1962 n. 37, ha potuto dare alla competenza della
provincia di Bolzano in materia di paesaggio il limite dell’interesse
della difesa militare non ostante l’assenza di norme d’attuazione; e
pertanto deve contestarsi che questa mancanza rechi nell’attività
amministrativa provinciale germi di pregiudizio alla protezione degli
interessi estranei all’organo autonomo. Concorre a far ritenere esatta
tale affermazione, non solo il fatto che, nella materia predetta,
unicamente nel caso deciso con la sentenza da ultimo citata, si è
profilato, nell’arco di un dodicennio, un conflitto di attribuzioni con
i poteri dello Stato, ma l’ulteriore circostanza che il governo, nel
memorandum alle Nazioni Unite ricordato dalla provincia, fondò anche
sulla legge denunziata la prova dell’esercizio dell’autonoma potestà
provinciale in modo ampio e regolare, così attestando che l’esercizio
effettivo di quella potestà, o non turba gli interessi statali, o non
ne impedisce la protezione.
Con ciò non si intende certo dire che l’apprezzamento
discrezionale governativo possa di per sé escludere la necessità
delle norme di attuazione ove in realtà ve ne sia bisogno, ma si
intende dire che, essendo stata attribuita alla provincia una materia
ben definita (e ben definita anche sulla base della legge statale 22
maggio 1939 n. 823, che quella provinciale ricalca), l’inutilità
dell’emanazione di norme di attuazione è provata dalla situazione di
fatto; la quale non ne ha espresso mai la necessità e non ha
prospettato mai l’esigenza di armonizzazione di competenze. Proprio la
mancanza in Bolzano di un ufficio statale di attribuzioni limitate al
territorio della provincia esclude che la legge denunziata abbia
disposto dell’organizzazione dello Stato; la competenza poi della
sovraintendenza di Trento, è stata direttamente incisa dallo Statuto
regionale, e rimane piena per la cura di quegli interessi che
l’esercizio della funzione provinciale non deve mai compromettere. La
competenza provinciale, per quanto esclusiva, trova sempre in quegli
interessi un limite invalicabile: lo si ripete per ribadire i concetti
espressi nella ricordata sentenza del 19 aprile 1962 n. 37 e nell’altra
anteriore del 21 gennaio 1957 n. 23, anch’essa riguardante materia di
competenza regionale primaria.
Con che la Corte precisa il suo punto di vista sull’argomento.
Sono le circostanze che indicano se e in che limiti l’esplicazione
di potestà legislativa da parte di una regione o di una provincia
autonoma in materia di propria competenza sia condizionata
all’emanazione di norme di attuazione dello statuto. In via di massima,
quando delimita con precisione l’oggetto della potestà legislativa che
essa attribuisce alla regione o alla provincia autonoma, la fonte
statutaria deve ritenersi sufficiente a conferire direttamente alla
regione o alla provincia i poteri legislativi e amministrativi relativi
a quella materia (sentenza 18 novembre 1958 n. 58); cosicché la VIII
disposizione della Costituzione, se applicabile nell’ambito degli
statuti speciali, riguarda il passaggio alle regioni o alle provincie
autonome di quelle funzioni amministrative dello Stato che non possono
ravvisarsi direttamente ad essere trasferite dallo statuto, e in ogni
caso concerne il trasferimento alle regioni o alle provincie autonome
di funzionari e di dipendenti dello Stato.
4. – L’altra questione, quella della legittimità dell’art. 7 della
legge provinciale, in relazione al successivo art. 15, in quanto al
vincolo di inedificabilità non corrisponde un indennizzo, è stata
decisa dalla Corte con la sentenza 9 maggio 1968 n. 56 nel senso della
non fondatezza.
Non si propongono motivi nuovi, né la Corte trova ragioni per
ritornare sul suo giudizio.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
della legge provinciale di Bolzano del 24 luglio 1957 n. 8, concernente
la tutela del paesaggio, proposta dal Consiglio di Stato con ordinanza
del 3 novembre 1967 in riferimento alla VIII disposizione transitoria
della Costituzione e all’art. 95 dello Statuto Trentino-Alto Adige.
Dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 7 della stessa legge in relazione al
successivo art. 15, proposta con l’ordinanza suddetta.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 1 luglio 1969.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.