Sentenza N. 145 del 1969
Corte Costituzionale
Data generale
03/12/1969
Data deposito/pubblicazione
03/12/1969
Data dell'udienza in cui è stato assunto
27/11/1969
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI, Giudici,
Codice civile, promosso con ordinanza emessa il 14 ottobre 1968 dal
tribunale per i minorenni di Milano nel procedimento di adozione
speciale del minore Bassani Daniele, iscritta al n. 232 del Registro
ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 329 del 28 dicembre 1968.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udito nell’udienza pubblica del 15 ottobre 1969 il Giudice relatore
Vincenzo Michele Trimarchi;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti,
per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il giudice tutelare di Milano che, sotto la data del 28 novembre
1967, aveva ricevuto segnalazione da parte del locale Istituto
provinciale di protezione ed assistenza dell’infanzia, riferiva al
tribunale per i minorenni di Milano che Daniele Bassani di Rina, nato
il 17 settembre 1959 e ricoverato in quell’Istituto, era stato lasciato
dai genitori privo di assistenza materiale e morale senza alcun
giustificato motivo e versava in situazione di abbandono.
Sentita la madre del minore, il tribunale giudicava possibile ed
opportuno che si desse corso al procedimento di dichiarazione dello
stato di adottabilità; ma, avendo il P.M. espresso parere contrario
giacché il minore aveva compiuto otto anni il 17 settembre 1967 ed in
data successiva erano avvenute sia la segnalazione che l’informativa,
con ordinanza del 14 ottobre 1968 dichiarava di concordare con quel
parere, ritenendo che alla specie non potesse essere applicato l’art.
314/4, ultimo comma, del Codice civile e conseguentemente che non
potesse essere dichiarato adottabile il minore nonostante che si fosse
trovato in stato di abbandono prima del compimento dell’ottavo anno.
Con la stessa ordinanza, tutto ciò premesso, il tribunale
dichiarava di considerare l’art. 314/4 in contrasto con l’art. 3 della
Costituzione e sollevava questione di legittimità costituzionale.
Ad avviso del tribunale, in base al primo comma dell’art. 314/4
unici presupposti per la dichiarazione di adattabilità sono le
circostanze che il minore si trovi in stato di abbandono ingiustificato
e che sia di età inferiore agli otto anni; e a tale disciplina
introdurrebbe una limitazione il ripetuto ultimo comma per cui “il
compimento dell’ottavo anno da parte del minore, durante il corso del
procedimento, non osta alla dichiarazione di adottabilità”.
Di conseguenza, dal fatto che la segnalazione della situazione di
abbandono avvenga prima o dopo il compimento dell’ottavo anno di età
da parte del minore, dipende per lo stesso la tutela o meno della sua
“legittima aspettativa all’acquisto dello stato di minore adottabile ed
all’eventuale, conseguente acquisizione di uno stato di figlio
legittimo”. E si verifica, pertanto, “una ingiustificata disparità di
trattamento tra minori di otto anni, segnalati in stato di abbandono, e
minori di otto anni segnalati, nel caso in cui, sia gli uni sia gli
altri, compiano l’ottavo anno permanendo una situazione di abbandono”:
solo i primi, infatti, potrebbero essere dichiarati adottabili.
Ciò, secondo il tribunale, risulterebbe in modo evidente “nel caso
di mancata o tardiva segnalazione da parte delle istituzioni di
protezione ed assistenza” ed ancor di più nel caso in cui “il minore
abbandonato compia l’ottavo anno nell’intervallo di tre mesi che
intercorre tra una trasmissione dell’elenco dei ricoverati ed assistiti
e la trasmissione successiva”.
Il tribunale, infine, dopo aver rilevato che una dichiarazione di
adottabilità di un minore a parecchi anni di distanza dal
raggiungimento dell’ottavo anno di età potrebbe aversi non soltanto
nel caso in cui la norma dovesse essere ritenuta illegittima,
concludeva nel senso sopra indicato; ed in ordine alla rilevanza della
questione, osservava che con la dichiarazione di incostituzionalità
della norma dell’art. 314/4 ultimo comma si verrebbe a stabilire che
“anche i minori non segnalati in stato di abbandono possono essere
dichiarati adottabili dopo il compimento dell’ottavo anno di età,
purché permanga lo stato di abbandono precedentemente esistente”.
L’ordinanza veniva notificata al Presidente del Consiglio dei
Ministri, al P.M. presso il tribunale per i minorenni di Milano,
all’I.P.P.A.I. di Milano e alla madre del minore; comunicata ai
Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati; e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 329 del 28 dicembre 1968.
Davanti a questa Corte spiegava intervento il Presidente del
Consiglio dei Ministri a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato,
che, con atto depositato il 16 gennaio 1969, chiedeva che fosse
dichiarata infondata la questione.
Deduceva, in via pregiudiziale, che la disposizione in effetti
impugnata non sarebbe costituita dal primo comma dell’articolo 314/4
sibbene dall’ultimo comma dello stesso articolo, e che, se così
intesa, la proposta questione di legittimità costituzionale sarebbe
inammissibile siccome irrilevante nel procedimento de quo poiché la
eventuale pronuncia di illegittimità dell’ultimo comma, non
consentirebbe la dichiarazione di adottabilità del minore Daniele
Bassani.
Rilevava però l’Avvocatura che in effetti l’ordinanza indicava
quale norma impugnata l’intero art. 314/4 e che attraverso la denuncia
si tendeva a raggiungere un preciso scopo: stabilire che anche i minori
non segnalati in stato di abbandono possono essere dichiarati
adottabili dopo il compimento dell’ottavo anno di età, purché
permanga lo stato di abbandono precedentemente esistente. In sostanza,
attraverso la pronuncia di illegittimità si vorrebbe modificare
l’articolo in discussione nel senso che il limite di otto anni riferito
dal testo vigente della norma alla dichiarazione di adottabilità,
dovrebbe invece riferirsi allo stato di abbandono. Ma codesta modifica,
a parte il fatto che suaturerebbe le finalità della legge istitutiva
dell’adozione speciale, non rientra, a parere dell’Avvocatura,
nell’ambito dei poteri che a questa Corte sono conferiti dall’art. 136
della Costituzione e dagli artt. 27 e 30 della legge 11 marzo 1953, n.
87.
L’istituto dell’adozione speciale, continuava ancora l’Avvocatura,
è diretto a provvedere ad inserire il fanciullo abbandonato nella
famiglia degli adottanti: egli acquista lo stato di figlio legittimo
dei coniugi che lo adottano, e viene reciso ogni suo legame con la
famiglia d’origine. Ed a tale fine sono stabiliti due presupposti: lo
stato di abbandono ed il limite massimo di età; ed è evidente che
anche questo secondo presupposto attiene all’essenza stessa
dell’istituto.
Il limite massimo di età ha un senso quindi solo se riferito alla
dichiarazione di adottabilità. Se esso venisse riferito, come auspica
il tribunale, alla situazione di abbandono, l’istituto dell’adozione
speciale risulterebbe applicabile anche ad adulti di cui sarebbe
impossibile l’inserimento nella famiglia adottiva, e ciò sarebbe in
contrasto con gli scopi della legge e creerebbe una non spiegabile
disparità di trattamento con altri minori, ai quali, in quanto
abbandonati solo dopo l’ottavo anno di età, sarebbe applicabile la
sola adozione ordinaria.
Così inquadrato il problema – sempre secondo l’Avvocatura – non si
determina alcun contrasto tra il primo comma dell’art. 314/4 e l’art.
3 della Costituzione, atteso il costante orientamento di questa Corte,
secondo cui la diversità di trattamento è legittima quando si
riferisca a situazioni oggettivamente diverse, secondo il razionale
potere discrezionale del legislatore ordinario.
Né il contrasto può essere profilato in relazione all’ultimo
comma dello stesso articolo, in quanto la deroga in esso contenuta si
giustifica razionalmente con l’esigenza di tutelare la legittima
aspettativa creatasi nel minore con l’inizio del procedimento di
adottabilità.
D’altra parte le eventuali ed ipotetiche situazioni limite
prospettate nell’ordinanza di rimessione, non rilevano al fine di
impostare diversamente il problema, ove si consideri che in tutti i
casi in cui il legislatore fissi massimi o minimi di età è
inevitabile che si determinino in fatto inconvenienti pratici, di
portata marginale, ma non sufficienti ad intaccare la validità del
sistema che sia stato scelto.
All’udienza del 15 ottobre 1969, l’Avvocatura generale dello Stato
insisteva nelle precedenti deduzioni e conclusioni.
1. – Il tribunale per i minorenni di Milano ha sollevato la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 314/4 del Codice
civile in riferimento all’art. 3 della Costituzione, assumendo che, in
funzione dell’acquisto da parte dei minori in situazione di abbandono
dello “stato di adottabile”, sussisterebbe una ingiustificata
disparità di trattamento tra coloro che siano e coloro che non siano
stati segnalati prima del compimento dell’ottavo anno.
2. – La questione è ammissibile – non potendo essere accolta la
contraria eccezione prospettata dall’Avvocatura dello Stato, poiché la
rilevanza è stata sufficientemente motivata – ma non è fondata.
Con la legge 5 giugno 1967, n. 431, istitutiva dell’adozione
speciale, il legislatore ha voluto ampliare e migliorare la tutela per
i minori che si trovino in situazione di abbandono materiale e morale,
prevedendo che gli stessi, dichiarati in stato di adottabilità,
possano essere adottati, con la forma speciale, da coniugi ed
acquistare lo stato di figlio legittimo di costoro.
Avvertita altresì l’esigenza di tutelare anche la famiglia
legittima o naturale di detti minori, ha predisposto condizioni e
procedimenti tali da rendere possibile l’adozione speciale, con i
relativi effetti giuridici, solo nei confronti dei minori, di cui, con
le opportune garanzie, sia accertata l’esistenza della già indicata
situazione di abbandono materiale e morale.
Di codesta disciplina fa parte la previsione del procedimento che
ha inizio a decorrere dal momento in cui l’organo giurisdizionale
(giudice tutelare o tribunale per i minorenni) è messo in grado di
avere conoscenza delle situazioni di abbandono, di minori di età
inferiore agli anni otto, e termina con la dichiarazione dei minori in
stato di adottabilità. Nell’ambito di detto procedimento che crea un
presupposto per l’affidamento preadottivo, hanno rilievo la denuncia
della situazione di abbandono (art. 314/5 del Cod. civile) da
effettuarsi prima che ciascun minore abbia compiuto l’ottavo anno, e
l’istanza diretta alla dichiarazione dei minori in stato di
adottabilità. Dall’esistenza della prima consegue il necessario e
doveroso compimento da parte del giudice tutelare e del tribunale per i
minorenni, di attività ed atti, e, presentata l’istanza,
dell’eventuale dichiarazione di adottabilità come atto finale del
procedimento (in una sua prima fase).
3. – Ora, a proposito della questione di cui si discute nei termini
sopra indicati, alla denuncia è ricollegata dall’ordinanza di
rimessione l’asserita portata discriminatoria nei confronti dei minori
di età inferiore agli anni otto privi di assistenza materiale e
morale.
Ma la tesi non è accettabile.
È nella logica del procedimento e risponde alla sua natura e
funzione che l’inizio di esso sia ricondotto alla conoscenza del fatto
da accertare.
D’altra parte l’istituto dell’adozione speciale risponde alla
esigenza di consentire e favorire l’adozione del minore nei primi anni
di vita, che sono ritenuti i più adatti per il migliore inserimento
del minore stesso nella famiglia adottiva.
In sé, quindi, codesta disciplina, la cui concreta determinazione
va per altro ricondotta alla discrezionalità di pertinenza del
legislatore, appare certamente appropriata. Con il citato art. 314/5,
tenuto conto delle possibili situazioni di abbandono dei minori, è
dettata una serie di norme in virtù e in forza delle quali tutti
coloro che di quelle situazioni siano o vengano a conoscenza, possono o
debbono informarne, direttamente o meno, il giudice tutelare o il
tribunale per i minorenni; ed è così previsto un insieme di strumenti
e di modi che ragionevolmente dovrebbero essere idonei e sufficienti
per assicurare la conoscenza o conoscibilità di tutte le situazioni di
abbandono relative ai minori di età inferiore agli anni otto.
Tutto ciò, ovviamente, non può escludere in fatto che un minore,
pur trovantesi in quella situazione, non venga segnalato: ma sembra
evidente come da una eventualità del genere non possa dedursi
l’esistenza dell’asserita disparità di trattamento giuridico.
4. – Fino al compimento dell’ottavo anno, tutti i minori privi di
assistenza materiale e morale (e sempre che la mancanza di assistenza
non sia dovuta a forza maggiore) godono sul terreno legislativo di uno
stesso trattamento: la situazione di abbandono in cui si trovano, può
e deve essere oggetto di denuncia e quindi la possibilità di essere
dichiarati adottabili è aperta a tutti.
Come si è già rilevato, il riferimento che con gli artt. 314/4 e
314/5 vien fatto alla denuncia ed al termine massimo entro cui essa
può aver luogo, appare sicuramente logico e razionale. E d’altra parte
non è censurabile in questa sede che il legislatore abbia scelto come
necessaria la via dell’accertamento, ad opera del tribunale per i
minorenni, della situazione di abbandono, e non ne abbia ritenuto
sufficiente altra tra quelle astrattamente possibili.
Né può influire a favore della contraria tesi il fatto che
l’acquisto di una posizione giuridica di vantaggio, per i minori che
siano segnalati, ed il mancato acquisto della stessa posizione da parte
dei non segnalati, dipendano dal compimento o meno di un dato atto
(denuncia) ad opera di soggetti diversi da quelli che siano
direttamente e personalmente interessati. Il sistema prescelto, tenuta
presente l’età dei soggetti meritevoli di tutela, e valutati gli
interessi e le esigenze in considerazione, appare razionale. È
previsto come possibile e doveroso l’intervento di chi ha la
rappresentanza di quei soggetti o attende alla loro cura o assistenza,
ed è previsto pure come possibile l’intervento di chiunque sia a
conoscenza di situazioni di abbandono relative a minori di età
inferiore agli anni otto; ed è anche ammesso che la segnalazione venga
effettuata, con l’istanza di cui al primo comma dell’art. 314/4, dal
pubblico ministero, dalle istituzioni per l’infanzia e da chiunque
abbia interesse. Si sono, così, tenute presenti le più varie, ampie
ed articolate vie di informazione; ed è perciò ragionevole ritenere
che l’interesse di tutti i minori in situazione di abbandono sia
adeguatamente tutelato e salvaguardato.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 314/4 del Codice civile, sollevata con l’ordinanza in
epigrafe, in riferimento all’art. 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 novembre 1969.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.