Sentenza N. 163 del 1977
Corte Costituzionale
Data generale
29/12/1977
Data deposito/pubblicazione
29/12/1977
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/12/1977
OGGIONI – Avv. LEONETTO AMADEI – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO
ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof.
LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott.
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO
PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE, Giudici,
gennaio 1968, n. 30 e 30 dicembre 1970, n. 1239 (modifiche ed
integrazioni alla tabella dei diritti per la visita del bestiame, dei
prodotti ed avanzi animali ai confini dello Stato ai sensi dell’art. 32
del t.u. delle leggi sanitarie), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 13 marzo 1975 dal tribunale di Milano, nel
procedimento civile vertente tra la società UNIL-IT e
l’Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritta al n. 364 del
registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 268 dell’8 ottobre 1975;
2) ordinanza emessa il 16 maggio 1976 dal Presidente del tribunale
di Roma, sul ricorso proposto dalla società ARIETE contro
l’Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritta al n. 312 del
registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 237 del 31 agosto 1977.
Visti gli atti di costituzione della società UNIL- IT, della
società ARIETE e del Ministero delle finanze;
udito nell’udienza pubblica del 30 novembre 1977 il Giudice
relatore Guido Astuti;
uditi l’avv.Ugo Ferrari per la società UNIL-IT, l’avv. Nicola
Catalano per la società ARIETE ed il sostituto avvocato generale dello
Stato Giorgio Zagari, per il Ministero delle finanze.
Nel corso di un procedimento civile vertente tra la società
UNIL-IT e l’Amministrazione delle finanze dello Stato, ed avente ad
oggetto la richiesta ripetizione, da parte della prima, di somme pagate
a titolo di tassa sanitaria in occasione della importazione in Italia
di prodotti lattiero-caseari da paesi comunitari, il tribunale di
Milano ha sollevato, di ufficio, questione di legittimità
costituzionale delle leggi 23 gennaio 1968, n. 30 e 30 dicembre 1970,
n. 1239, in riferimento all’art. 11 Cost.
Le norme impugnate, infatti, introdurrebbero delle tasse di effetto
equivalente ai dazi doganali, come tali in contrasto (anche in
relazione ai principi enunciati dalla Corte di Giustizia delle
Comunità Europee), con gli artt. 9, n. 1, 12, 13 e 95 del trattato di
Roma, nonché con l’art. 12 del regolamento comunitario 5 febbraio
1964, n. 13 e artt. 19 e 22 del successivo regolamento comunitario 27
giugno 1968, n. 804. Tale contrasto tra norme comunitarie e leggi
nazionali successive comporterebbe violazione dell’art. 11 Cost., su
cui riposa il fondamento di legittimità della legge di ratifica del
trattato di Roma, che implica, tra l’altro, piena e diretta efficacia
obbligatoria in tutti gli Stati membri delle norme comunitarie.
Identica questione, con riferimento alla legge 30 dicembre 1970, n.
1239, è stata sollevata, nel corso di un procedimento monitorio, dal
presidente del tribunale di Roma sul ricorso proposto dalla Soc. Ariete
contro l’Amministrazione finanziaria dello Stato.
Nel giudizio promosso dal tribunale di Milano si è costituito il
Ministero delle finanze, a mezzo dell’Avvocatura generate dello Stato,
affermando la infondatezza della questione proposta, per la
compatibilità tra normativa comunitaria e norme interne impugnate.
Si sono costituite in giudizio sia la soc. UNIL-IT, che la soc.
Ariete, affermando la fondatezza della questione proposta con
argomentazioni analoghe a quelle svolte nelle ordinanze emesse nei
rispettivi giudizi.
1. – l’ordinanza del tribunale di Milano – emessa nel giudizio
promosso dalla società UNIL-IT contro l’Amministrazione delle finanze
dello Stato, per ripetizione delle somme pagate a diversi uffici
doganali negli anni 1969-1973 per “diritti di visita”, all’atto della
importazione in Italia da altri paesi della Comunità economica europea
di partite di formaggi, burro e latte -, solleva di ufficio, in
riferimento all’art. 11 Cost., la questione di legittimità
costituzionale delle leggi 23 gennaio 1968, n. 30 e 30 dicembre 1970,
n. 1239, contenenti modifiche ed integrazioni alla tabella dei diritti
per la visita del bestiame e dei prodotti ed avanzi animali ai confini
dello Stato, prevista dall’art. 32 del t.u. delle leggi sanitarie,
approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265. Si osserva nell’ordinanza
che per espresse disposizioni dei regolamenti del Consiglio C.E.E. 5
febbraio 1964, n. 13 e 27 giugno 1968, n. 804, negli scambi
intracomunitari è vietata “la riscossione di qualsiasi dazio doganale
o tassa di effetto equivalente”, e che la Corte di giustizia delle
Comunità europee, pronunciando in termini sull’interpretazione di tale
divieto, ha dichiarato che i diritti di visita sanitaria costituiscono
tassa di effetto equivalente a dazio doganale; pertanto, “di fronte
alle persistenti e convinte difese dell’Avvocatura di Stato nel
sostenere l’efficacia e quindi la piena operatività della legge
interna anche se contrastante con norme comunitarie preesistenti”, e
“constatata la impossibilità di dirimere il conflitto tra le due
normative a mezzo degli ordinari canoni di interpretazione”, il
tribunale, richiamandosi alla giurisprudenza di questa Corte circa i
rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento interno, denuncia la
illegittimità costituzionale delle due leggi sopra ricordate, per
contrasto con i principi sanciti dal trattato di Roma e con le
disposizioni dei regolamenti del Consiglio C.E.E., e conseguente
violazione indiretta dell’art. 11 della Costituzione.
La stessa questione viene sollevata di ufficio dal presidente del
tribunale di Roma, nel procedimento monitorio promosso dalla società
Ariete contro l’Amministrazione finanziaria dello Stato, per
ripetizione delle somme pagate, successivamente al 29 luglio 1968, per
“diritti di visita”, all’atto della importazione in Italia dalla
Germania di quantitativi di latte e crema di latte freschi. Il giudice
a quo, ritenuto che i diritti di controllo sanitario delle merci
all’atto del passaggio della frontiera vanno considerati, giusta la
giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità, tasse di
effetto equivalente ai dazi doganali, la cui percezione contrasta con
l’art. 13, n. 2 del trattato di Roma e più in particolare con gli
artt. 22, n. 1 e 37 del regolamento del Consiglio C.E.E. 27 giugno
1968, n. 804; che d’altra parte “il contrasto tra norma comunitaria
d’immediata applicazione e legge nazionale successiva dà luogo ad una
questione di costituzionalità della seconda, con riferimento all’art.
11 della Carta costituzionale”, denuncia la illegittimità
dell’articolo unico della legge 30 dicembre 1970, n. 1239, per la parte
concernente i prodotti di cui alle lettere F e G dell’allegata tabella.
2. – Avendo per oggetto la medesima questione, i giudizi possono
essere riuniti e definiti con unica sentenza.
In ordine al secondo giudizio deve controllarsi, in via
pregiudiziale, la legittimazione del presidente del tribunale a
sollevare questioni di legittimità costituzionale in sede di
procedimento monitorio, prima di emettere decreto ingiuntivo e ai fini
della pronuncia sulla relativa domanda.
Al riguardo, meritano piena conferma le considerazioni svolte dal
giudice a quo nell’ordinanza di rimessione: il presidente del
tribunale, organo competente a definire un procedimento di
giurisdizione contenziosa, che si differenzia da quello ordinario
soltanto perché il contraddittorio è posticipato, e chiamato a
pronunciare, su ricorso del creditore, decreto motivato di ingiunzione
di pagamento (artt. 633-641 c.p.c.), è indubbiamente legittimato a
sollevare questioni di legittimità delle leggi che deve applicare,
pregiudiziali alla sua decisione di merito. Ricorrono infatti entrambe
le condizioni di proponibilità del giudizio davanti a questa Corte,
richieste dall’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1
e dall’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
3. – La questione è fondata. In conformità alle disposizioni
degli artt. 9 e seguenti del trattato istitutivo della Comunità
economica europea, “fondata sopra una unione doganale che si estende al
complesso degli scambi di merci, e importa il divieto, fra gli Stati
membri, dei dazi doganali all’importazione e all’esportazione e di
qualsiasi tassa di effetto equivalente, come pure l’adozione di una
tariffa doganale comune nei loro rapporti con paesi terzi”, il
Consiglio della Comunità ha emanato, tra l’altro, i regolamenti 5
febbraio 1964, n. 13 e 14, relativi alla graduale attuazione di
un’organizzazione comune dei mercati nel settore del latte e prodotti
lattiero-caseari, e, rispettivamente, nel settore delle carni bovine;
regolamenti abrogati (a decorrere dal 29 luglio 1968) e sostituiti dai
successivi regolamenti 27 giugno 1968, n. 804 e 805, relativi alla
organizzazione comune dei mercati nel settore del latte e prodotti
lattiero-caseari, e, rispettivamente, nel settore delle carni bovine.
Tutti questi regolamenti recano la clausola finale: “Il presente
regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente
applicabile in ciascuno degli Stati membri.
L’art. 12 di entrambi i regolamenti n. 13 e 14 del 1964 dichiara
“incompatibile” con l’applicazione delle disposizioni regolamentari
comunitarie “la riscossione di qualsiasi dazio doganale o tassa di
effetto equivalente”, sia negli scambi tra gli Stati membri, tanto
all’importazione quanto all’esportazione, sia per le importazioni dai
paesi terzi. L’art. 22 dei successivi regolamenti n. 804 e 805 del 1968
conferma il “divieto” di riscossione di qualsiasi dazio doganale o
tassa di effetto equivalente negli scambi intracomunitari, divieto
tenuto fermo anche per gli scambi con paesi terzi dall’art. 19 del
regolamento n. 804 e dall’art. 20 del regolamento n. 805, “salvo
contrarie disposizioni del regolamento stesso o deroga decisa dal
Consiglio, su proposta della Commissione, secondo la procedura di cui
all’art. 43, paragrafo 2, del trattato”.
4. – L’interpretazione dei regolamenti dianzi ricordati, ha dato
luogo ad una puntuale giurisprudenza della Corte di giustizia delle
Comunità europee, davanti alla quale la nostra Amministrazione
finanziaria aveva sostenuto che l’articolo 36 del trattato di Roma
consentirebbe tali controlli “giustificati da motivi di tutela della
salute e della vita delle persone e degli animali”, e che dovrebbe
quindi ritenersi conforme al trattato, e compatibile con le
disposizioni dei regolamenti n. 14/1964 e 805/1968 relativi al settore
delle carni bovine, la riscossione alla frontiera dei diritti fissi di
visita sanitaria, comprensivi anche delle eventuali operazioni
diagnostiche o ricerche di laboratorio.
Con una prima sentenza 14 dicembre 1972 (in causa 29/72, Marimex
contro Ministero finanze), la Corte di giustizia ha dichiarato che la
norma dell’art. 36, “che deroga al principio fondamentale
dell’abolizione di tutti gli ostacoli alla libera circolazione delle
merci fra gli Stati membri, va interpretata restrittivamente, e non
può quindi essere intesa nel senso ch’essa autorizzi provvedimenti
diversi da quelli contemplati dagli artt. 30-34”; che d’altra parte il
divieto di applicare, nei rapporti fra Stati membri, dazi doganali e
tasse di effetto equivalente “si riferisce a qualsiasi onere riscosso
in occasione o in ragione dell’importazione, il quale, colpendo
specificamente le merci importate, e non invece le merci nazionali
similari, ne alteri il costo ed abbia quindi sulla libera circolazione
delle merci la stessa influenza restrittiva di un dazio doganale”. Per
questi motivi la Corte ha stabilito in diritto che “vanno considerati
tasse di effetto equivalente ai dazi doganali gli oneri pecuniari
riscossi, per ragioni di controllo sanitario, al momento del passaggio
della frontiera, qualora tali oneri siano determinati secondo propri
criteri di calcolo, non comparabili con i dati di quantificazione
dell’onere pecuniario gravante sulle analoghe merci nazionali”.
Gli stessi principi sono stati confermati dalle successive sentenze
della Corte di giustizia 5 febbraio 1976 (in causa 87/75, Conceria
Bresciani contro Ministero finanze), e 15 dicembre 1976 (in causa
35/76, Simmenthal contro Ministero finanze), con le quali è stato
ulteriormente precisato che “un onere pecuniario imposto
unilateralmente, a prescindere dalla sua denominazione e dalla sua
struttura, e che colpisce le merci importate da un altro Stato membro
al passaggio della frontiera, costituisce una tassa di effetto
equivalente a un dazio doganale”, essendo “irrilevante il fatto ch’esso
sia commisurato alla quantità delle merci importate e non al loro
valore”, e che “sulla valutazione degli effetti prodotti dalla
riscossione di un tributo del genere sulla libera circolazione delle
merci non influisce neppure la circostanza ch’esso sia proporzionato
alle spese per il controllo sanitario”, in quanto l’attività
amministrativa dello Stato diretta ad attuare tale controllo
nell’interesse generale non può essere considerata un servizio reso
individualmente all’importatore, e di conseguenza “le relative spese
devono essere poste a carico della collettività nazionale che, nel suo
complesso, fruisce dei vantaggi derivanti dalla libera circolazione
delle merci”. È stato infine osservato che il Consiglio della
Comunità ha da tempo emanato direttive, imponendo agli Stati membri
l’obbligo di adeguare a quanto dalle stesse prescritto le disposizioni
nazionali in materia di polizia sanitaria, al fine di spostare i
relativi controlli verso gli Stati membri speditori e rendere superflua
la molteplicità dei controlli al confine, pur lasciando allo Stato
destinatario la possibilità di vigilare sull’effettiva esistenza delle
garanzie offerte dal sistema di controlli sanitari uniformi.
Questa giurisprudenza della Corte di giustizia è confermata da una
serie di sentenze relative ai controlli sanitari su altri prodotti
agricoli parimenti sottoposti al regime dei prelievi, anche se
importati da paesi associati o da paesi terzi, con le quali è stato
ripetutamente enunciato il principio che “la nozione di tassa d’effetto
equivalente ai dazi doganali all’importazione nella Comunità comprende
qualsiasi tassa riscossa all’atto o a causa dell’importazione e che,
colpendo specificamente una merce importata a differenza dalla merce
comunitaria analoga, ha sulla libera circolazione delle merci la stessa
incidenza restrittiva di un dazio doganale” (sentenza 9 luglio 1975, in
causa n. 21/75).
5. – Richiamandosi alla interpretazione data dalla Corte di
giustizia alle disposizioni del trattato di Roma e dei regolamenti
comunitari n. 14/1964 e 805/1968, relativi al settore delle carni
bovine, le ordinanze di rimessione hanno constatato che non può
sussistere dubbio sulla interpretazione delle identiche disposizioni
dei regolamenti n. 13/1964 e 804/1968, relativi al settore del latte e
dei prodotti lattiero-caseari; e d’altra parte, interpretando
autonomamente la normativa vigente in Italia circa la percezione dei
diritti di visita sanitaria alla frontiera, in base alle tabelle
allegate alle leggi 23 gennaio 1968, n. 30 e 30 dicembre 1970, n. 1239,
hanno concordemente ritenuto che tale normativa confligga in modo
palese con le ricordate disposizioni comunitarie, emanate in materia di
competenza degli organi della Comunità con piena ed immediata
efficacia obbligatoria, e dia quindi luogo a questione di legittimità
costituzionale delle leggi interne.
In questa sede, l’Avvocatura dello Stato ha contestato la
sussistenza del denunciato vizio di incostituzionalità, sotto un
duplice profilo. È stato anzitutto sostenuto che la Corte di giustizia
delle Comunità avrebbe recentemente modificato la propria
giurisprudenza circa il divieto di riscossione dei diritti di controllo
sanitario, secondo quanto risulterebbe da due sentenze del 25 gennaio
1977 (in causa n. 46/76) e del 12 luglio 1977 (in causa n. 89/76),
prodotte in udienza. Ma l’esame di queste decisioni non legittima
l’assunto dell’Avvocatura sulla asserita evoluzione giurisprudenziale.
Infatti, con la prima sentenza la Corte ha deciso che soltanto “gli
oneri pecuniari riscossi in ragione di controlli sanitari imposti da
una norma comunitaria, (direttiva del Consiglio C.E.E. 26 giugno 1964,
n. 432), aventi carattere uniforme e da effettuarsi obbligatoriamente,
prima della spedizione, nello Stato membro esportatore, non
costituiscono tasse di effetto equivalente a dazi doganali
all’esportazione, purché il loro importo non ecceda il costo effettivo
del controllo”; mentre invece, “qualsiasi ulteriore controllo imposto
unilateralmente da uno Stato membro sia di propria iniziativa, sia per
soddisfare esigenze, ormai ingiustificate, di un altro Stato membro,
costituisce una misura di effetto equivalente a una restrizione
quantitativa, e qualsiasi onere pecuniario riscosso in ragione di
siffatto controllo è, per tale motivo, incompatibile con il diritto
comunitario”.
Con la seconda sentenza – emanata in giudizio promosso dalla
Commissione delle Comunità contro il regno dei Paesi Bassi a norma
dell’art. 169 del trattato C.E.E. per violazione degli obblighi
comunitari, dipendente dalla riscossione di diritti per ispezione
fitosanitaria delle piante e di prodotti d’origine vegetale esportati
in altri Stati membri -, la Corte ha ritenuto che detti diritti,
connessi al rilascio dei certificati fitosanitari richiesti dalla
convenzione internazionale per la protezione delle piante firmata a
Roma il 6 dicembre 1951, non costituiscono misura unilateralmente
imposta dal regno dei Paesi Bassi, trattandosi di “controlli
organizzati su basi identiche in tutti gli Stati membri, in quanto
partecipanti alla convenzione”, talché i diritti medesimi “non si
possono considerare tasse d’effetto equivalente a dazi doganali, se il
loro importo non supera il costo effettivo delle operazioni in
occasione delle quali essi vengono percepiti”. Anche questa decisione
non può dunque ritenersi indicativa di un nuovo orientamento
giurisprudenziale della Corte di giustizia, in quanto si riferisce ad
un particolare tipo di controllo sanitario uniforme, istituito in base
ad una convenzione internazionale, la cui efficacia fatta salva
dall’espressa disposizione dell’art. 234 del trattato di Roma.
6. – L’Avvocatura dello Stato ha inoltre fatto richiamo ad una
direttiva del Consiglio C.E.E. 12 dicembre 1972, n. 462, sulla cui
interpretazione pende davanti alla Corte di giustizia delle Comunità
un giudizio promosso dal pretore di Alessandria, a norma dell’art. 177
del trattato di Roma, nel fine di stabilire se in base a detta
direttiva possa o non ritenersi legittima la riscossione da parte della
nostra Amministrazione finanziaria “di somme corrispondenti al costo
effettivo dei controlli sanitari eseguiti su prodotti importati da
paesi terzi”; ed ha pertanto osservato Cloe in tale ipotesi il
contrasto con le norme comunitarie “riguarderebbe solo le importazioni
intracomunitarie e non quelle provenienti da paesi terzi”.
L’obiezione non può essere accolta per i seguenti motivi:
a) a norma dell’art. 189, terzo comma, del trattato di Roma le
direttive, a differenza dai regolamenti comunitari, non hanno, di
regola, efficacia normativa diretta, in quanto si rivolgono
generalmente agli Stati, ai quali richiedono l’adozione, entro certi
termini, di provvedimenti legislativi, regolamentari o amministrativi,
per il conseguimento di determinati obbiettivi comuni.
Esse non possono, pertanto, giustificare, né sanare con effetto
retroattivo eventuali norme di diritto interno preesistenti,
incompatibili con i regolamenti comunitari. Nella specie, la direttiva
n. 462 del 1972 stabilisce al riguardo che gli Stati membri sono tenuti
ad attuarne le diverse disposizioni in più tempi, per il 1 ottobre
1973, per il 1 gennaio 1976, e per il 1 gennaio 1977 (art. 32).
b) La direttiva 12 dicembre 1972, n. 462, “relativa a problemi
sanitari e di polizia sanitaria all’importazione di animali delle
specie bovina e suina e di carni fresche in provenienza dai paesi
terzi”, prevede una minuziosa disciplina di autorizzazioni e divieti di
importazione da parte degli Stati membri, sulla base di certificati di
sanità rilasciati da veterinari ufficiali dei paesi terzi speditori
(artt. 11 e 22), e di ulteriori controlli sanitari degli animali e
delle carni al loro ingresso nel territorio della Comunità (artt. 12 e
23-24). A parte l’ovvio rilievo che trattasi d’un regime speciale,
comunque non applicabile alle importazioni di latte o prodotti
lattiero-caseari, non occorre sottolineare la differenza tra il regime
di controlli previsto da questa direttiva (e quello previsto, con
disposizioni diverse, dalla parallela direttiva 12 dicembre 1972, n.
461, “relativa a problemi di polizia sanitaria in materia di scambi
intracomunitari di carni fresche”), e il sistema dei diritti fissi di
visita imposti dalla legge italiana in misura corrispondente al numero
dei capi o al quantitativo dei prodotti, e non limitati soltanto al
rimborso delle spese effettive di controllo; diritti che sono inoltre
richiesti, per una parte delle voci tariffarie – tra cui proprio il
latte e i prodotti derivati – soltanto per l’importazione, e non invece
per l’esportazione.
Come gli altri Stati membri, anche l’Italia potrà ovviamente
emanare provvedimenti di attuazione delle due direttive del 1972,
uniformandosi a quanto dalle medesime prescritto. Del resto, già il
regolamento n. 805/1968 prevedeva per le importazioni di carni
l’eventualità della applicazione di misure di carattere sanitario, da
adottarsi però mediante deliberazioni comunitarie, secondo la
procedura di cui all’art. 43, n. 2 del trattato di Roma.
7. – L’inconsistenza delle eccezioni sollevate dall’Avvocatura
dello Stato è dimostrata dalle disposizioni della recentissima legge
14 novembre 1977, n. 889 (G. U. 12 dicembre 1977, n. 337), con le quali
i diritti fissi di visita sanitaria di cui alla tabella annessa alla
legge n. 1239 del 1970 sono stati soppressi e dichiarati “non dovuti
sui prodotti soggetti ad organizzazione comune dei mercati agricoli,
nonché sugli altri prodotti indicati nella tabella stessa, in
importazione ed esportazione interessanti il territorio di uno degli
Stati membri della Comunità economica europea, ovvero dei Paesi
associati” (art. 1); e sono state al tempo stesso “abrogate tutte le
disposizioni che esentano i prodotti sopra indicati dal pagamento dei
diritti di visita sanitaria all’interno del territorio nazionale” (art.
2). Giova qui ricordare che il legislatore nazionale ha non solo
abrogato le norme contrastanti con il diritto comunitario, ma altresì
istituito fondi per il “finanziamento dei regolamenti comunitari
direttamente applicabili nell’ordinamento interno” (legge 3 ottobre
1977, n. 863); e d’altra parte ha impegnato anche le Regioni
“all’applicazione dei regolamenti della C.E.E. nonché all’attuazione
delle sue direttive”, sotto il controllo e potere d’intervento
sostitutivo del Governo nel caso di inadempimento agli obblighi
comunitari (legge 22 luglio 1975, n. 382 e d.P.R. 24 luglio 1977, n.
616).
8. – La pubblicazione della citata legge 14 novembre 1977, n. 889,
le cui disposizioni valgono solo per l’avvenire, ovviamente non esonera
questa Corte dal pronunciarsi sulla questione di costituzionalità
sollevata dalle ordinanze di rimessione, rilevante ai fini delle
decisioni dei giudici di merito sui rapporti pregressi.
Preso atto delle motivazioni che giustificano, in conformità ai
principi e fini fondamentali dell’ordinamento comunitario, la
interpretazione data dalla Corte di giustizia delle Comunità,
nell’ambito della propria competenza esclusiva sancita dall’art. 177
del trattato di Roma, alle disposizioni dell’art. 12 del regolamento n.
14/1964 e degli artt. 20, n. 2 e 22 del regolamento n. 805/1968
(interpretazione che deve riconoscersi sicuramente estensibile alle
identiche disposizioni dell’art. 12 del regolamento n. 13/1964 e degli
artt. 19, n. 2 e 22 del regolamento n. 804/1968), questa Corte ritiene
di aderire, anche in base alle considerazioni già esposte, alla
interpretazione data dalle ordinanze di rimessione alle denunciate
norme legislative italiane sulla imposizione dei diritti di visita
sanitaria, le quali rivelano, con chiara evidenza, per il loro
contenuto obbiettivo e per le caratteristiche e modalità di
applicazione di quei diritti fissi, il palese ed incontestabile
contrasto con il tassativo divieto di riscossione di qualsiasi tassa di
effetto equivalente a dazio doganale, disposto dai regolamenti
comunitari sopraindicati.
È forse superfluo avvertire che non viene qui in discussione il
potere dei singoli Stati di attuare provvedimenti di controllo
sanitario per ragioni di tutela della pubblica salute; ma questo
potere, per gli Stati membri della Comunità economica europea, deve
essere esercitato in forme che non confliggano con i principi
dell’unione doganale e non costituiscano ostacolo alla libera
circolazione delle merci nell’ambito del mercato comune.
Ciò posto, non occorre ricordare qui i principi già enunciati da
questa Corte circa il regime dei rapporti tra ordinamento comunitario e
ordinamento interno, e in specie circa la piena efficacia obbligatoria
e diretta applicabilità dei regolamenti comunitari, i quali prevalgono
sulle norme incompatibili con essi, previgenti nei diversi Stati
membri, e debbono – sempreché abbiano completezza di contenuto
dispositivo – entrare contemporaneamente in vigore in tutti gli Stati,
come fonte immediata di diritti ed obblighi sia per gli Stati sia per i
loro cittadini in quanto soggetti delle Comunità, ricevendo ovunque
applicazione uguale ed uniforme nei confronti della generalità dei
destinatari (cfr. le sentenze n. 183/1973; n. 232/1975; n. 205/1976).
In conformità a questi principi, che la Corte conferma, si deve
riconoscere che le citate disposizioni dei regolamenti del Consiglio
C.E.E. 5 febbraio 1964, n. 13 e 14, e 27 giugno 1968, n. 804 e 805,
hanno rispettivamente determinato l’implicita abrogazione delle
anteriori disposizioni, con esse incompatibili e confliggenti,
dell’art. 32, quarto comma, del t.u. delle leggi sanitarie approvato
con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, e della annessa tabella, come
modificata con d.lgs. del Capo provvisorio dello Stato 27 settembre
1947, n. 1099, nonché della legge 23 gennaio 1968, n. 30, che saranno
pertanto disapplicate dal giudice a quo, senza che qui occorra
dichiararne l’illegittimità costituzionale. Deve invece pronunciarsi,
in base ai principi enunciati nella sentenza n. 232 del 1975, la
incostituzionalità, in riferimento all’art. 11 Cost., della
successiva legge 30 dicembre 1970, n. 1239, emanata in contrasto con le
disposizioni degli artt. 19, n. 2 e 22 del regolamento n. 804/1968,
nonché con i principi sanciti dagli articoli 9, 12, 13 e 95 del
trattato di Roma, limitatamente alla parte in cui è prevista
l’applicazione dei diritti di visita sanitaria per le importazioni o
esportazioni disciplinate da detto regolamento del Consiglio C.E.E.
La pronuncia di questa Corte, in relazione a quanto sopra
constatato e ritenuto sulla identità delle due normative comunitarie,
non può non estendersi, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo
1953, n. 87, anche alla parte della stessa legge n. 1239 del 1970, in
cui è prevista l’applicazione dei diritti di visita sanitaria per le
importazioni o esportazioni disciplinate dal regolamento n. 805/1968
del Consiglio C.E.E.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo unico della
legge 30 dicembre 1970, n. 1239 e della annessa tabella dei diritti per
la visita sanitaria ai confini dello Stato del bestiame, delle carni,
dei prodotti e avanzi animali: a) nella parte in cui prevede
l’applicazione dei diritti di visita per i prodotti ai quali si
riferisce il regolamento 27 giugno 1968, n. 804 del Consiglio della
Comunità economica europea; b) nella parte in cui prevede
l’applicazione dei diritti di visita per i prodotti ai quali si
riferisce il regolamento 27 giugno 1968, n. 805;
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
di legittimità costituzionale della legge 23 gennaio 1968, n. 30,
sollevata dal tribunale di Milano con l’ordinanza di cui in epigrafe,
in riferimento all’art. 11 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 dicembre 1977.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
LEONETTO AMADEI – EDOARDO VOLTERRA –
GUIDO ASTUTI – MICHELE ROSSANO –
ANTONINO DE STEFANO – LEOPOLDO ELIA –
GUGLIELMO ROEHRSSEN – ORONZO REALE –
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere