Sentenza N. 178 del 1973
Corte Costituzionale
Data generale
19/12/1973
Data deposito/pubblicazione
19/12/1973
Data dell'udienza in cui è stato assunto
06/12/1973
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Dott.
LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof.
ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO
CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI – Avv. LEONETTO
AMADEI – Prof. GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO
ASTUTI, Giudici,
Regione Campania, notificati il 5 e il 27 aprile 1973, depositati in
cancelleria il 12 aprile e il 10 maggio 1973 ed iscritti ai nn. 3, 4 e
5 del registro conflitti 1973, per conflitti di attribuzione sorti a
seguito delle deliberazioni nn. 3758 e 3759 del 9 febbraio 1973 e n.
3890 del 20 febbraio 1973 della Commissione regionale di controllo per
la Campania concernenti la nom i na dei Commissari straordinari
dell’asilo infantile “Centro” di Sant’Agata dei Goti e degli Enti
comunali di assistenza di Arienzo e di Sarno.
Visti gli atti di Costituzione del Ministro per l’interno, delegato
dal Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 17 ottobre 1973 il Giudice relatore
Giulio Gionfrida;
uditi l’avv. Vincenzo Spagnuolo Vigorita, per la Regione Campania,
ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il
Ministro per l’interno.
1. – Con atto notificato il 5 aprile 1973, il Presidente della
Regione Campania ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione, in
relazione al provvedimento della Commissione regionale di controllo per
la Campania del 9 febbraio 1973, n. 3758, che ha annullato per
incompetenza la delibera della Giunta regionale 26 gennaio 1973, n.
263, esprimente parere favorevole alla nomina, da parte del Presidente
di essa Giunta, di un Commissario straordinario per l’amministrazione
temporanea dell’asilo infantile “Centro” di Sant’Agata dei Goti;
nonché in relazione all’eventuale decreto del Prefetto di Benevento
che avesse provveduto alla nomina medesima.
Ha lamentato, in particolare, la Regione, violazione degli artt.
117 e 118 della Costituzione, che – in materia dell’assistenza e
beneficenza, nella quale appunto si inquadra detto provvedimento – le
attribuiscono competenza legislativa ed amministrativa e, quindi, anche
“il potere politico” di supremazia sugli enti operanti nel settore: il
quale ultimo è da ritenere, evidentemente, comprensivo anche del
controllo amministrativo, non solo sugli atti, ma anche sugli organi.
Del resto, la devoluzione alla Regione della intera materia dei
“controlli sugli enti comunali di assistenza e sulle istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza” risulterebbe espressamente anche
disposto dall’art. 1, lett. e, del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 9
(concernente il “Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle
funzioni amministrative statali in materia di beneficenza pubblica e
del relativo personale”. E lo stesso Ministero dell’interno – Direzione
generale dell’assistenza pubblica – con la circolare n. 25200.503.3 c.
dell’11 marzo 1972, illustrativa di detto decreto – avrebbe ribadito
che i poteri di controllo ora spettanti, in materia, alla Regione si
estenderebbero anche alle forme del controllo – sostitutivo o
repressivo – sugli organi.
In contrario non varrebbe, d’altra parte, richiamare – come,
invece, fa la Commissione di controllo, a giustificazione dell’adottato
provvedimento – la sentenza n. 164 del 1972 della Corte costituzionale.
Detta decisione – che afferma spettare alla Regione ex art. 130
della Costituzione, il solo controllo sugli atti – si riferirebbe,
invero, all’attività di controllo su Comuni e Provincie, su Enti,
cioè, che restano soggetti al potere politico dello Stato e non già,
invece, al controllo sugli istituti di assistenza e beneficenza, posto
che l’intero ordinamento di questi risulta sotto ogni aspetto (e
normativo e amministrativo) trasferito alle Regioni.
Si è costituito, per delega del Presidente del Consiglio dei
ministri, il Ministro per l’interno, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, ed ha chiesto che il ricorso
venga respinto.
Secondo l’Avvocatura, la distribuzione della competenza, tra Stato
e Regioni, nella materia in genere dei controlli, dovrebbe
necessariamente enuclearsi alla luce del precetto costituzionale
racchiuso nell’art. 130 della Costituzione, il quale nell’affidare alla
legge statale la determinazione dei modi di Costituzione dell’organo
regionale competente all’esercizio dei controlli, limita in modo
tassativo il sindacato di legittimità e di merito ai “singoli atti
delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali”.
Del resto lo stesso art. 1 del d.P.R. n. 9 del 1972 invocato dalla
Regione richiamelcbbe, per quanto riguarda lo svolgimento dei
controlli, L’intero capo III del titolo V della legge 10 febbraio 1953,
n. 62, nel quale è compreso l’art. 64, il quale conferma le
attribuzioni del Prefetto previste dalla legge 8 marzo 1949, n. 277.
Le parti hanno successivamente ribadito con memorie le rispettive
argomentazioni.
2. – Altri due ricorsi per conflitto di attribuzione, di analogo
contenuto, sono stati proposti – sempre dalla Regione Campania – con
atti notificati il 5 aprile ed il 27 aprile 1973, avverso i
provvedimenti 9 febbraio 1973, n. 3759, e 20 febbraio 1973, n. 3890,
della Commissione di controllo sull’amministrazione della Regione
Campania, che, per incompetenza, aveva annullato le deliberazioni della
Giunta 26 gennaio 1973, n.264, e 24 gennaio 1973, n. 36, esprimenti
parere favorevole alla nomina, da parte del Presidente della Giunta
medesima, di un Commissario straordinario rispettivamente per
l’amministrazione temporanea dell’ente comunale di assistenza di
Arienzo e per quella dell’ente comunale di assistenza di Sarno, nonché
in relazione agli eventuali decreti dei Prefetti di Caserta e Salerno
che avessero provveduto alle dette nomine.
In entrambi i relativi giudizi si è costituito, per delega del
Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per l’interno con
l’assistenza dell’Avvocatura generale dello Stato la quale ha ribadito
le argomentazioni già svolte in relazione al conflitto sollevato con
il precedente ricorso 5 aprile 1973 della Regione Campania.
All’udienza di trattazione i difensori delle parti hanno illustrato
le rispettive tesi, già svolte anche con memorie, e hanno insistito
nelle conclusioni prese.
1. – I ricorsi della Regione Campania riguardano i provvedimenti
della Commissione di controllo che hanno annullato le deliberazioni
della Giunta regionale, concernenti le nomine di commissari
straordinari per l’amministrazione temporanea dell’asilo infantile
“Centro” di S. Agata dei Goti e degli enti comunali di assistenza di
Arienzo e di Sarno, sotto il profilo che tali nomine costituiscono
esercizio di un potere di controllo sugli organi degli enti locali, il
quale esorbita dall’ambito dei controlli sugli atti attribuiti alle
Regioni dall’art. 130 della Costituzione, ed è riservato allo Stato. I
relativi giudizi possono essere riuniti, in quanto importano la
risoluzione di una medesima questione.
2. – Assume la Regione ricorrente che, versandosi nella specie in
materia di assistenza e beneficenza pubblica, compresa tra quelle per
le quali gli artt. 117 e 118 della Costituzione attribuiscono alle
regioni competenza legislativa e amministrativa, le spettano i poteri
amministrativi sugli enti operanti nel settore, e in particolare,
contrariamente a quanto affermato dalla Commissione di controllo, il
potere di controllo sugli organi, per altro sicuramente compreso tra le
funzioni ammininistrative in materia di beneficenza pubblica trasferite
alle Regioni a statuto ordinario con il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 9
(art. 1, lett. e).
3. – Osserva preliminarmente la Corte che, sulla linea del più
recente proprio indirizzo giurisprudenziale (v. sentenza n. 121 del
1966), secondo cui, per la configurabilità del conflitto di
attribuzioni tra la Regione e lo Stato, basta che l’atto impugnato di
uno dei due enti comporti il disconoscimento (o la menomazione) di
attribuzioni dell’altro, previste da norme costituzionali, pur se
l’organo dal quale proviene non abbia agito nell’esercizio della stessa
funzione che è oggetto della contestazione, sussistono, nella specie,
gli estremi per l’ammissibilità dei ricorsi, posto che i provvedimenti
della commissione regionale di controllo sull’amministrazione della
Regione Campania, che è organo dello Stato, hanno annullato le
deliberazioni della Giunta regionale per difetto di competenza della
Regione secondo la normativa costituzionale, e non già per altro
motivo di illegittimità.
4. – I ricorsi sono fondati.
La Commissione regionale di controllo ha negato che alla Regione
Campania spetti il potere di nomina di commissari per la reggenza
temporanea delle amministrazioni di istituzioni pubbliche di assistenza
e beneficenza incapaci di funzionare, ritenendo che valgono al riguardo
le stesse ragioni poste a base della decisione di questa Corte n. 164
del 1972, la quale ha dichiarato spettare allo Stato il potere di
nomina di commissari per la reggenza di amministrazioni comunali.
Rileva, infatti, la Commissione che, secondo la predetta decisione,
l’art. 130 della Costituzione limita in modo testuale e tassativo il
sindacato di legittimità e di merito, da parte dell’organo regionale
competente all’esercizio dei controlli, ai singoli atti di volta in
volta sottoposti all’organo medesimo, e appunto per ciò la legge 10
febbraio 1953, n. 62, disciplinando al capo 3 del Titolo V i controlli
sulle province, sui comuni e su altri enti locali, e provvedendo alla
istituzione degli organi regionali di controllo “sugli atti” delle
province e dei comuni, mantiene ferme – all’art. 64 – le attribuzioni
del Prefetto di cui alla legge 8 marzo 1949, n. 277.
Ciò posto, la Commissione osserva: a) che l’art. 130 della
Costituzione riguarda non soltanto gli enti territoriali, ma anche “gli
altri enti locali”, tra i quali sono comprese le istituzioni pubbliche
di assistenza e beneficenza a carattere locale, e nei cui confronti
pertanto i poteri di controllo degli organi regionali sono esercitabili
nei limiti sopra indicati; b) che l’art. 1, penultimo comma, del d.P.R.
15 gennaio 1972, n. 9, contenente le norme di trasferimento alle
Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in
materia di beneficenza pubblica e del relativo personale, demandando
all’organo regionale previsto dall’art. 130 della Costituzione la
vigilanza e la tutela sugli enti comunali di assistenza e sulle altre
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, richiama
espressamente, per quanto riguarda le modalità di svolgimento dei
controlli, l’intero capo 31 del Titolo V della legge n. 62 del 1953,
nel quale è compreso il su ricordato art. 64.
Tali argomentazioni, che sono state sostanzialmente fatte proprie
dall’Avvocatura dello Stato nell’atto di Costituzione in questo
giudizio, sono prive di consistenza giuridica.
Quanto alla prima, è da rilevare che la decisione di questa Corte
n. 164 del 1972, affermando che i poteri di controllo della Regione
rispetto ai Comuni e alle Province sono limitati al solo controllo
sugli atti, non ha desunto tale limitazione dall’art. 130 della
Costituzione, isolatamente e di per sé considerato, bensì dal
coordinamento di esso con l’art. 128 della Costituzione. Ha osservato
infatti che da questa norma appare la volontà di mantenere alle
Province ed ai Comuni la figura da essi tradizionalmente rivestita di
parti dell’ordinamento generale dello Stato, al quale pertanto deve
rimanere riservata l’intera loro disciplina organizzativa e funzionale,
e che deve escludersi che la potestà di sostituire nell’ufficio, in
cui si verifichi la temporanea carenza del titolare, un organo
straordinario che lo regga, possa ritenersi inclusa nei poteri di
controllo della Regione previsti dall’art. 130 della Costituzione, i
quali sono limitati al controllo sugli atti. Il fulcro di quella
decisione è pertanto costituito dall’art. 128 della Costituzione.
Ben diversi sono i poteri delle Regioni rispetto agli enti locali
operanti nel settore delle specifiche materie elencate nell’art. 117
della Costituzione. L’art. 130, riguardando i controlli di legittimità
e di merito sugli atti, va coordinato con l’art. 118 che attribuisce
alla Regione le funzioni amministrative per le materie di cui al
precedente articolo, nelle quali funzioni rientrano i controlli
sostitutivi sugli organi degli enti predetti.
Se è vero che la sentenza di questa Corte n. 24 del 1957,
richiamata dalla predetta decisione n. 164 del 1972, ha affermato che i
controlli sugli organi presuppongono un rapporto di supremazia
dell’ente controllante su quello controllato e il potere di interferire
nell’organizzazione del secondo, non è men vero che questa Corte ha
già riconosciuto che gli enti locali che operano nell’ambito di
materie sulle quali spettano alle Regioni competenze legislative e
amministrative “risultano in definitiva sottoposti per molteplici
aspetti ai poteri di supremazia a quelle attribuiti” (sentenza n. 62
del 1973); né è discutibile, come l’Avvocatura dello Stato riconosce
nelle memorie presentate negli attuali giudizi, la facoltà delle
Regioni di incidere sull’ordinamento e quindi sulla organizzazione
degli enti predetti.
Nella specie si versa appunto in materia (la beneficenza pubblica)
compresa tra quelle elencate nell’art. 117 della Costituzione.
Non appare consistente la tesi dell’Avvocatura dello Stato che il
controllo sugli organi costituisca sempre una materia a sé stante,
distinta dalla beneficenza pubblica e dalle altre considerate nell’art.
117 della Costituzione. Fuori di luogo è il richiamo alla sentenza di
questa Corte n. 40 del 1972, giacché trattavasi allora di ricorsi
proposti da alcune Regioni per asserita illegittimità costituzionale
delle norme relative ai controlli sugli enti locali contenute nel capo
3″ del Titolo V della legge n. 62 del 1953, in quanto invasive della
competenza legislativa delle Regioni medesime, cosicché l’inciso della
motivazione che i controlli sugli enti locali non risultano attribuiti
ad alcuna tra le competenze legislative regionali, non essendo compresi
nella materia statutaria né nelle potestà legislative elencate
nell’art. 117, deve intendersi fatto con riguardo ai controlli sulle
Province, sui Comuni e loro consorzi, ai quali soltanto si riferiscono
le norme del predetto capo 3″ del Titolo V della legge del 1953.
Ciò è comprovato dal fatto che la su riferita espressione di
quella sentenza non riguarda specificamente i controlli sugli organi,
ma anche la potestà legislativa rispetto ai controlli “sugli atti”
degli enti locali, e non poteva perciò riferirsi ad enti
istituzionalmente ed esclusivamellte operanti nell’ambito delle materie
previste nell’art. 117 della Costituzione (la inclusione del controllo
sugli atti delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza
nella materia della beneficenza pubblica è implicitamente presupposta
dalla sentenza di questa Corte n. 139 del 1972, che ha ritenuto
legittima la riserva allo Stato delle competenze relative
all’autorizzazione agli enti assistenziali ad accettare lasciti e ad
acquistare immobili “trattandosi di una particolarissima figura di
controlli” inerente al regime comune a tutte le persone giuridiche).
Il vero è che, allorché si tratti di enti operanti nell’ambito
delle materie previste dall’art. 117 della Costituzione, non solo il
controllo sugli atti, ma anche quello sugli organi deve ritenersi
incluso nelle rispettive rnaterie. È in armonia con tale principio, ad
esempio, che il d.P.R. 26 gennaio 1959, n. 97, contenente norme di
attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in
materia di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, regola,
tra l’altro, oltre al controllo sugli atti, anche quello repressivo
sugli organi (art. 7); e che la legge sugli enti ospedalieri e
sull’assistenza ospedaliera prevede esplicitamente la potestà del
Presidente della Regione di sciogliere, in casi determinati, il
Consiglio di amministrazione dell’ente ospedaliero, con conseguente
nomina di un commissario straordinario (art. 17).
5. – Passando ora all’esame del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 9, sul
trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni
amministrative statali in materia di beneficenza pubblica e del
relativo personale, non v’è dubbio che l’art. 1, interpretato in
connessione con le disposizioni degli articoli successivi e alla luce
degli anzidetti principi di carattere costituzionale, comporti il
trasferimento alle Regioni del controllo sostitutivo di cui si discute
negli attuali giudizi promossi dalla Regione Campania.
In virtù del primo comma del detto articolo, tutte le funzioni
amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello
Stato in materia di beneficenza pubblica sono trasferite, per il
rispettivo territorio, alle Regioni a statuto ordinario, ad eccezione
di quelle relative alle competenze specificamente previste negli artt.
3 e seguenti. Per dippiù, i controlli sugli enti comunali di
assistenza e sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza
sono esplicitamente indicati alla lettera e del comma secondo (il quale
elenca alcune delle funzioni che “tra l’altro” si intendono
trasferite), e non sussiste alcuna valida ragione che possa indurre a
limitarne la portata al solo controllo sugli atti.
Del tutto inconsistente, a questo riguardo, è l’argomento su
riferito che vorrebbe trarsi dal richiamo che il comma terzo
dell’articolo in esame fa al capo 3″ del Titolo V della legge n. 62 del
1953, richiamo che, secondo l’Avvocatura dello Stato, dovrebbe
intendersi comprensivo dell’art. 64 della predetta legge.
Basta considerare che il richiamo riguarda soltanto “le modalità”
per lo svolgimento della vigilanza e della tutela e non implica affatto
quello dell’art. 64 concernente le richieste e gli adempimenti per lo
scioglimento o la sospensione dei consigli provinciali e comunali. Una
evidente conferma si trae dall’analogo disposto dell’art. 16 della su
citata legge ospedaliera del 1968, secondo cui la vigilanza e la tutela
sugli enti ospedalieri è esercitata dalla Regione “a norma delle
disposizioni contenute nel capo 3′ del Titolo V della legge 10 febbraio
1953, n. 62”: richiamo che non potrebbe intendersi esteso, al di là
delle modalità cli esercizio della vigilanza e della tutela, alla
riserva dei poteri degli organi dello Stato contenuta nell’art. 64
della legge del 1953, senza contraddire la norma dell’art. 17 della
stessa legge ospedaliera che, come si è già rilevato, attribuisce al
Presidente della Regione la facoltà di sospensione e scioglimento dei
consigli di ammininitrazione degli enti ospedalieri.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta alla Regione Campania il potere di nomina di
commissari straordinari dell’asilo infantile “Centro” di S. Agata dei
Goti e degli Enti comunali di assistenza di Arienzo e di Sarno e, per
conseguenza, annulla le deliberazioni della Commissione di controllo
sull’amministrazione della Regione Campania numeri 3758 e 3759 del 9
febbraio 1973 e n. 3890 del 20 febbraio 1973.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 1973.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO –
ERCOLE ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – PAOLO
ROSSI – LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere