Sentenza N. 216 del 1972
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1972
Data deposito/pubblicazione
30/12/1972
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/12/1972
GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO
PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv.
ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI – Avv. LEONETTO AMADEI – Prof. GIULIO GIONFRIDA, Giudici,
legge 17 febbraio 1968, n. 108 (norme per la elezione dei Consigli
regionali delle Regioni a statuto normale), promosso con ordinanza
emessa il 13 giugno 1970 dall’Ufficio centrale circoscrizionale di
Benevento per l’elezione del Consiglio regionale della Campania sul
ricorso di Tibaldi Antonio, iscritta al n. 230 del registro ordinanze
1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 235 del
16 settembre 1970.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 22 novembre 1972 il Giudice
relatore Vezio Crisafulli;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti,
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
1. – Con ordinanza emessa il 13 giugno 1970 l’Ufficio centrale
circoscrizionale di Benevento per l’elezione del Consiglio regionale
della Campania ha sollevato questione di legittimità costituzionale,
per contrasto con gli artt. 3 (anche con riferimento all’eguaglianza di
fatto) e 48, comma secondo (specificatamente sotto il riflesso
dell’eguaglianza del voto) della Costituzione, della norma di cui
all’art. 15 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, nella parte in cui
essa dispone l’attribuzione di seggi nel Collegio unico regionale, in
contrasto con la preventiva assegnazione dei seggi spettanti a ciascuna
provincia della regione, in base alle rispettive popolazioni,
consentendo – al limite – che una provincia possa addirittura rimanere
senza propri rappresentanti.
Ritenuta la propria competenza a denunciare la questione di
legittimità costituzionale, l’Ufficio rileva che nella specie, per
effetto della norma in esame, la Provincia di Benevento risulterebbe
avere solo tre consiglieri, invece dei quattro preventivamente
assegnatile in base al numero dei suoi abitanti, rimanendo così senza
effetto il voto di 80.000 elettori.
2. – È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocato generale dello Stato,
con deduzioni depositate il 6 ottobre 1970 nelle quali con argomenti
tratti sia dalla giurisprudenza ordinaria che da quella costituzionale
contesta la natura giurisdizionale dell’ufficio elettorale come pure la
sua appartenenza all’organizzazione giudiziaria, deducendone la
mancanza di legittimazione ad adire la Corte.
Nel merito la questione sarebbe infondata, in quanto il principio
costituzionale dell’eguaglianza del voto concernerebbe soltanto la pari
efficacia potenziale, ma non anche i risultati concreti della volontà
espressa dall’elettore, i quali dipendono esclusivamente dal sistema
adottato dal legislatore ordinario nel suo discrezionale apprezzamento
delle mutevoli esigenze connesse alle consultazioni popolari (cfr.
sentenze n. 43 del 1961 e 6 e 60 del 1963). Nella specie, del resto, la
scelta del legislatore, senza incidere sui diritti costituzionali dei
cittadini, avrebbe ritenuto prevalente l’esigenza di assicurare, a
tutela delle minoranze, una proporzionale rappresentanza politica per
tutti gli elettori nel Consiglio regionale, rispetto all’altra di
garantire una proporzionale rappresentanza territoriale a ciascuna
provincia.
Le conclusioni dell’Avvocatura dello Stato sono, perciò, per
l’inammissibilità o, comunque, per l’infondatezza della questione
proposta.
3. – Alla pubblica udienza l’Avvocatura ha insistito nelle sue
conclusioni, con particolare riguardo alla inammissibilità della
questione.
Come riferito in narrativa, l’Ufficio circoscrizionale elettorale
di Benevento si è posto preliminarmente il quesito circa la propria
qualificazione come giudice, ai fini della idoneità a sollevare
questioni di legittimità costituzionale delle norme di legge che è
chiamato ad applicare e lo ha risolto in senso affermativo, ravvisando
il ricorrere di entrambi i criteri – soggettivo ed oggettivo – che,
alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, permettono, ai fini
predetti, di riconoscere ad un organo il carattere di giudice ed al
procedimento davanti ad esso svolgentesi natura di giudizio. La difesa
dello Stato contesta, invece, tali conclusioni, richiamando anche
argomenti di ordine pratico, inerenti alla particolare celerità che la
legge ha voluto imprimere alle operazioni dirette al risultato della
proclamazione degli eletti, e chiede pertanto che la questione proposta
sia dichiarata inammissibile.
L’eccezione pregiudiziale è fondata.
Sotto il profilo soggettivo, infatti, gli uffici elettorali
circoscrizionali sono organi temporanei, costituiti di volta in volta
“presso il tribunale” nella cui giurisdizione è il comune capoluogo di
provincia, i quali, mentre non si identificano con lo stesso tribunale,
nemmeno danno vita ad altrettante sezioni o particolari articolazioni
del medesimo, e non sono perciò istituzionalmente incardinati nel
potere giurisdizionale dello Stato. La legge prescrive, bensì, che
siano composti di tre “magistrati”, designati dal presidente del
tribunale, ma non dice anche che debbano necessariamente essere formati
da “giudici ad esso appartenenti” (che anzi, gli analoghi uffici
elettorali centrali previsti, per le elezioni comunali nei comuni con
più di diecimila abitanti, dall’art. 71 del testo unico 16 maggio
1960, n. 570, sono soltanto presieduti dal presidente del tribunale o
da altro magistrato da questo delegato e costituiti, per il rimanente,
dai componenti dell’ufficio elettorale della prima sezione, i quali non
sono affatto magistrati; mentre, per l’art. 67, nei comuni con
popolazione inferiore, in luogo degli uffici elettorali
circoscrizionali, funzionano speciali collegi comprendenti i presidenti
delle varie sezioni). D’altronde, a differenza da quanto per regola
generale avviene per gli organi giurisdizionali, ordinari o speciali
che siano, gli uffici circoscrizionali constano, in realtà, di un
numero variabile di membri, essendo attribuita al presidente del
tribunale facoltà di aggregarvi, a richiesta dei rispettivi
presidenti, “altri magistrati, nel numero necessario per il più
sollecito espletamento delle operazioni”.
Sotto il profilo oggettivo, poi, e cioè avendo riguardo alla
funzione esplicata, è da rilevare, anzitutto, che questa si inserisce,
come una sua fase particolare e strettamente delimitata nei compiti e
nel tempo, entro l’arco di un complesso procedimento – al quale, nel
suo insieme, non potrebbe in alcun modo riconoscersi natura
giurisdizionale né a questa assimilabile – che muove dalla formazione
delle liste e dalla presentazione e verifica delle candidature, per
sfociare nel procedimento di convalida degli eletti, di competenza –
per quanto qui interessa – dei consigli regionali. Procedimento
nettamente distinto e diverso da quelli, senza dubbio giurisdizionali,
che potranno svolgersi, in seguito a ricorsi contro le operazioni
elettorali, davanti ai tribunali amministrativi regionali, quali organi
di giustizia amministrativa di primo grado, e poi, in sede di appello,
davanti al Consiglio di Stato, ovvero, per questioni relative alla
eleggibilità, successivamente alla intervenuta convalida, dinanzi alla
autorità giudiziaria ordinaria, attraverso ben tre gradi di
giurisdizione.
Il fine, cui la funzione degli uffici elettorali chiaramente è
preordinata, non è già di dichiarare o attuare nel caso concreto la
volontà della legge, ma consiste piuttosto nel dare soddisfazione al
pubblico interesse alla pronta costituzione, sia pure in una formazione
provvisoria, che potrà in seguito subire dei mutamenti, delle
Assemblee elettive degli enti regionali; ed a tale scopo essi
pervengono – in esecuzione vincolata delle norme di legge – compiendo
una serie di attività materiali e di conteggio, che, com’è stato
anche recentemente ritenuto dalla Corte di cassazione, in relazione
agli analoghi uffici istituiti per le elezioni politiche, sono semplici
operazioni amministrative, dalle quali esula un momento suscettibile di
configurarsi come propriamente decisorio. Potrebbe sembrare, a prima
vista, fare eccezione quel riesame delle schede contenenti voti
contestati e provvisoriamente non assegnati, a conclusione del quale
“l’ufficio… tenendo presenti le annotazioni riportate a verbale e le
proteste e i reclami presentati in proposito, decide, ai fini della
proclamazione, sull’assegnazione o meno dei voti relativi”. Ma – anche
a prescindere dal rilievo che, nella specie, la questione di
costituzionalità è stata sollevata nel corso della fase terminale,
prevista dall’ultimo comma dell’art. 15 della legge del 1968, che è
di mera e stretta esecuzione di operazioni già effettuate dall’ufficio
regionale – l’eccezione è soltanto apparente. Infatti, il compito di
decidere per intanto ed in linea provvisoria, sulle schede contestate e
non assegnate, è attribuito agli uffici elettorali all’unico scopo di
pervenire al più presto alla proclamazione (a sua volta, provvisoria
anch’essa) degli eletti, affinché i consigli siano posti in grado di
insediarsi ed iniziare il proprio funzionamento Ed è superfluo
soffermarsi a sottolineare quanto circoscritto sia anche siffatto
compito, eventuale e puramente strumentale, spettante agli uffici
elettorali circoscrizionali, dal momento che rimangono sottratte al
riesame le schede contenenti voti del pari contestati, ma –
diversamente da quelli – tuttavia assegnati dagli uffici di sezione.
Né può trascurarsi, infine, la considerazione, sulla quale ha
insistito, specie nella discussione orale, la difesa dello Stato, che
le operazioni elettorali successive alle votazioni e culminanti nella
proclamazione degli eletti non possono, per loro natura, subire
sospensioni di più o meno lunga durata, né il loro compimento può
essere procrastinato a volontà dagli uffici elettorali, come
accadrebbe ove questi fossero – in contrasto con tutti i rilievi che
precedono – considerati giudici, legittimati pertanto a porre questioni
di legittimità costituzionale a questa Corte.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 15 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, “nella parte in cui
dispone l’attribuzione di seggi nel collegio unico regionale, in
contrasto con la preventiva assegnazione dei seggi spettanti a ciascuna
provincia della regione”, sollevata dall’Ufficio elettorale
circoscrizionale di Benevento con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1972.
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI –
LEONETTO AMADEI – GIULIO GIONFRIDA.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere