Sentenza N. 260 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
19/07/1996
Data deposito/pubblicazione
19/07/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
10/07/1996
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA,
prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando
SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo
CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo
MEZZANOTTE;
sesto comma, della legge della regione siciliana 29 ottobre 1985, n.
41 (Nuove norme per il personale dell’amministrazione regionale),
promosso con ordinanza emessa il 15 febbraio 1995 dal Consiglio di
giustizia amministrativa per la regione siciliana sui ricorsi riuniti
proposti da Campo Gesualdo contro l’Assessorato ai beni culturali,
ambientali e della pubblica istruzione della regione siciliana e
dall’Assessorato ai beni culturali, ambientali e della pubblica
istruzione della regione siciliana contro Campo Gesualdo, iscritta al
n. 783 del registro ordinanza 1995 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno
1995;
Visto l’atto di costituzione di Campo Gesualdo, nonché l’atto di
intervento della regione siciliana;
Udito nell’udienza pubblica del 16 aprile 1996 il giudice relatore
Riccardo Chieppa;
Udito l’avvocato Antonio Romano per Campo Gesualdo e l’Avvocato
dello Stato Giuseppe Stipo per la regione Siciliana.
tribunale amministrativo regionale della Sicilia – sezione di Catania
– che aveva, tra l’altro, ritenuto valutabile, ai fini della
ricostruzione della carriera, il servizio prestato in qualità di
borsista presso la Soprintendenza ai beni culturali, ambientali e
della pubblica istruzione di Catania dall’arch. Gesualdo Campo,
divenuto poi dirigente tecnico e direttore della Sezione beni
paesistici, architettonici, ambientali e della pubblica istruzione di
Messina, il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione
siciliana, con ordinanza del 15 febbraio 1995, pervenuta alla Corte
costituzionale il 17 ottobre 1995 (r.o. n. 783 del 1995), ha
sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 68,
quinto e sesto comma, della legge della regione Siciliana 29 ottobre
1985, n. 41 (Nuove norme per il personale dell’amministrazione
regionale) per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione.
La norma denunciata, al quinto comma, prevede, in favore del
personale regionale, il riconoscimento dei “servizi svolti
continuativamente presso l’università nella docenza universitaria in
posizione di “assistente volontario” , “laureato esercitatore” ,
titolare di borsa di studio di cui alle leggi 31 ottobre 1956, n. 946
e 24 febbraio 1967, n. 62, nonché titolare di borsa di studio del
Consiglio nazionale delle ricerche o assegnata a seguito di
concorso”; ed aggiunge, al sesto comma, che “per i predetti servizi,
da considerarsi per l’intero anno accademico, sono fatte salve le
istanze di cui alle leggi regionali 28 maggio 1979, n. 114, e 2
agosto 1982, n. 76”.
Il tribunale amministrativo regionale aveva ritenuto applicabile la
norma estensivamente anche a borse di studio utilizzate al di fuori
dell’università, e, pertanto, aveva ritenuto valutabile il periodo
dal 2 novembre 1981 al 1 novembre 1982, in cui l’arch. Campo, quale
assegnatario di borsa di studio istituita ai sensi dell’art. 20,
secondo comma, della legge regionale 1 agosto 1977, n. 80, aveva
prestato servizio presso la Soprintendenza di Catania.
Il collegio rimettente non ha condiviso tale interpretazione,
rilevando che il citato art. 68 prende in considerazione solo i
servizi svolti continuativamente presso l’università nella docenza
universitaria. Peraltro, tale limitazione determinerebbe, ad avviso
del predetto collegio, una ingiustificata disparità di trattamento
nei confronti degli assegnatari di altre borse, come, nella specie,
quelle previste dall’art. 20, secondo comma, della legge regionale 1
agosto 1977, n. 80, che autorizza l’assessore regionale per i beni
culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione ad istituire
borse di studio annuali in numero non superiore a trenta, da
utilizzarsi per motivate esigenze di alta specializzazione, presso
qualificati istituti italiani o esteri.
Gli assegnatari, che godrebbero del beneficio di cui all’art. 68
della legge impugnata ove abbiano prestato servizio presso istituti
universitari, ne sarebbero, invece, irragionevolmente privati, se,
per esigenze e disposizione della stessa amministrazione, siano stati
“inviati presso una soprintendenza” anziché presso un’università,
“e vi abbiano prestato servizio”.
2. – Nel giudizio si è costituita la parte privata, arch. Campo,
chiedendo la declaratoria di illegittimità costituzionale della
norma impugnata.
3. – Ha, altresì, spiegato intervento il presidente della regione
siciliana, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza della questione.
Ha rilevato in proposito che l’assegnazione dell’interessato alla
soprintendenza e non all’università non sarebbe frutto di una scelta
dell’amministrazione, ma sarebbe stata, invece, dovuta alla stessa
disposizione di cui all’art. 20 della legge regionale n. 80 del 1977,
che, al primo comma, prevede la utilizzazione presso le università
del personale dipendente (qualifica all’epoca non rivestita dal
Campo) e, al secondo comma, la utilizzazione di borsisti presso altri
istituti.
Pertanto, date le differenti situazioni giuridiche, non
sussisterebbe la violazione dell’art. 3 della Costituzione.
Né sarebbe pertinente il richiamo all’art. 97 della Costituzione,
essendo la norma denunciata estranea alla materia della
organizzazione degli uffici o della attribuzione delle funzioni ai
dipendenti.
Del resto, il riconoscimento a fini di carriera e pensionistici di
periodi di servizio prestato in qualità di borsista costituirebbe
una deroga eccezionale all’opposto principio generale della
legislazione nazionale, operata nell’esercizio dell’ampia
discrezionalità del legislatore nella materia, e, come tale, non
applicabile estensivamente ad altre fattispecie non previste dalla
legge.
4. – Nell’imminenza dell’udienza, la difesa della parte privata ha
depositato una memoria nella quale insiste per l’accoglimento della
questione, denunciando l’intrinseca irragionevolezza della norma
impugnata, che esclude la valutabilità ai fini della carriera di un
periodo di servizio prestato presso la stessa amministrazione, che è
stato considerato titolo idoneo per l’accesso in via privilegiata al
relativo ruolo.
Nella memoria si evidenzia, altresì, l’elevato livello scientifico
delle soprintendenze ai beni culturali ed ambientali, sicché ogni
discriminazione tra soggetti che hanno goduto della borsa di studio
presso le università e coloro che ne hanno fruito presso le
soprintendenze sarebbe priva di fondamento.
siciliana ha sottoposto a scrutinio di legittimità costituzionale
l’art. 68, quinto e sesto comma, della legge di quella regione 29
ottobre 1985, n. 41 (Nuove norme per il personale
dell’amministrazione regionale) nella parte in cui, nel riconoscere,
ai fini della ricostruzione della carriera dei dipendenti regionali,
i servizi svolti continuativamente presso l’università in posizione
di “assistente volontario”, “laureato esercitatore”, titolare di
borsa di studio di addestramento didattico e scientifico, nonché di
borsa di studio del Consiglio nazionale delle ricerche o assegnata a
seguito di concorso, esclude la valutazione dei servizi prestati da
coloro che abbiano beneficiato di borse di studio presso gli organi
della stessa amministrazione che le ha assegnate. Il mancato
riconoscimento di tali servizi, ad avviso del collegio rimettente,
determinerebbe, in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione,
una ingiustificata disparità di trattamento in danno di coloro che,
per esigenze e disposizione dell’amministrazione, abbiano prestato la
loro attività presso la stessa amministrazione anziché presso
l’università.
2. – La questione non è fondata.
L’art. 68, primo comma, della legge della regione siciliana n. 41
del 1985 disciplina la valutabilità, in favore del personale
dell’amministrazione regionale in servizio alla data del 1 gennaio
1985, ai fini della progressione giuridica ed economica, nonché del
trattamento di quiescenza, dei servizi pregressi. Tali servizi sono
individuati in quelli già indicati dall’art. 9 della legge regionale
2 agosto 1982, n. 76, che, a sua volta, si richiama alle precedenti
leggi regionali 28 maggio 1979, n. 114, 1 agosto 1974, n. 34, e 3
giugno 1975, n. 38. Si tratta dei servizi prestati “presso uffici
centrali o periferici delle amministrazioni dello Stato, comprese
quelle con ordinamento autonomo, o altri enti pubblici sottoposti a
tutela o vigilanza dello Stato o della regione o, a qualsiasi titolo,
alle dipendenze di uffici centrali o periferici dell’amministrazione
regionale…” (art. 1 della legge regionale n. 114 del 1979), nonché
del servizio prestato presso le soppresse scuole professionali
regionali (art. 5 della legge regionale n. 34 del 1974) o, ancora, di
quello svolto in qualità di incaricato presso le scuole sussidiarie
istituite con la legge regionale siciliana 23 settembre 1947, n. 13
(art. 6 della legge regionale n. 38 del 1975).
A tale analitica previsione, che comprende servizi riconducibili a
rapporti di pubblico impiego, anche se non di ruolo (o ad essi
assimilabili per funzioni e natura sostanziale del rapporto), il
comma quinto dell’art. 68 citato ha aggiunto altre categorie,
stabilendo che “per i fini di cui al primo comma sono considerati
utili i servizi svolti continuativamente presso l’università nella
“docenza universitaria” in posizione di “assistente volontario” ,
“laureato esercitatore” , titolare di borsa di studio di cui alle
leggi 31 ottobre 1956, n. 946 (recte: 31 ottobre 1966, n. 942) e 24
febbraio 1967, n. 62″ – di addestramento didattico e scientifico –
“nonché titolare di borsa di studio del Consiglio nazionale delle
ricerche o assegnata a seguito di concorso. Il comma successivo
precisa che “per i predetti servizi, da considerarsi per l’intero
anno accademico, sono fatte salve le istanze di cui alle leggi
regionali 28 maggio 1979, n. 114, e 2 agosto 1982, n. 76”.
Il legislatore siciliano ha, cioè, inteso riconoscere, a fini di
carriera e pensionistici, i servizi accomunati da un unico
denominatore di “docenza”, cioè di elevata qualificazione didattica
e scientifica, resi in ambito universitario anteriormente alla
immissione nei ruoli del personale regionale, assimilandoli a quelli
di cui all’art. 68, primo comma.
3. – La elencazione dei servizi contenuta nell’art. 68, quinto
comma, che riveste, come risulta dalla dizione della norma, carattere
tassativo, e non meramente indicativo, porta a considerare utili, ai
fini della ricostruzione della carriera e del trattamento di
quiescenza, soltanto i servizi “docenza” prestati presso le
università, ivi compresi quelli svolti dai borsisti, non prendendo
in considerazione, quindi, i periodi di fruizione di altre borse di
studio non collegate a “docenza” e per di più assegnate da altri
enti e altrove godute.
Peraltro, tale esclusione non può essere considerata una
violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della
Costituzione, né dei principi di imparzialità e buon andamento
della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione.
Al riguardo, la Corte ha già avvertito che non esiste un comune
canone, enucleabile dalla legislazione in materia di pubblico
impiego, al quale si possa attribuire la valenza di norma generale
sul riconoscimento, ai fini della carriera, dei servizi prestati
(sentenza n. 305 del 1995).
In siffatto quadro, spetta alla discrezionalità del legislatore –
nella specie di quello regionale – stabilire, ai fini della
progressione in carriera dei dipendenti, l’incidenza dei servizi
prestati e graduare il rilievo degli stessi (v. sentenza n. 19 del
1989), con una valutazione che può essere censurata solo sul piano
della ragionevolezza, ovvero in caso di differente trattamento di
situazioni giuridiche identiche: ciò non è ravvisabile nella
fattispecie all’odierno esame. Il legislatore ha ragionevolmente
ritenuto di attribuire rilievo al servizio prestato nell’ambito della
“docenza universitaria”, cui non sono equiparabili i periodi di
fruizione di borse di studio presso altri enti, e non lo sono, in
particolare, quelli previsti dall’art. 20, secondo comma, della legge
della regione siciliana 1 agosto 1977, n. 80, all’origine della
vicenda che ha dato luogo al presente giudizio di costituzionalità.
La citata disposizione prevede che l’assessore regionale per i beni
culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione sia autorizzato,
sentito il consiglio regionale, ad istituire borse di studio annuali,
in numero non superiore a trenta, da utilizzarsi “per motivate
esigenze di alta specializzazione, presso qualificati istituti
italiani o esteri”.
Appare di tutta evidenza che l’assegnazione di tali borse di studio
non è correlata né alla instaurazione di un qualsivoglia rapporto
di lavoro di natura subordinata, elemento che, per quanto si è
chiarito sopra, caratterizza le ipotesi principali cui il legislatore
ha inteso attribuire rilievo ai fini della ricostruzione e
progressione della carriera dei dipendenti regionali, né ad
esplicazione di attività di “docenza universitaria”. Invece, nel
caso di cui si discute, la borsa di studio era intesa semplicemente a
realizzare un’attività di miglioramento ed approfondimento culturale
e di esperienza anche pratica del borsista presso istituti, in essi
ricomprendendosi, nell’applicazione concreta, anche le
amministrazioni specializzate nel settore. Attività cui non si è,
poi, trascurato di attribuire una qualche specifica valenza, tant’è
che, ai sensi dell’art. 18, ultimo comma, della legge regionale 7
novembre 1980, n. 116, la fruizione delle predette borse di studio è
stata riconosciuta quale titolo per l’ammissione ai concorsi per
l’accesso nei ruoli dell’amministrazione dei beni culturali in
Sicilia, nel rispettivo settore, dando, altresì, luogo ad esenzione
dall’obbligo dell’anno di specializzazione, previsto per tutti gli
altri vincitori degli stessi concorsi.
Con ciò è rimasta confermata la finalità di specializzazione
delle predette borse di studio.
Nella prima applicazione della stessa legge n. 116 del 1980, i
vincitori delle borse di studio in questione sono stati, altresì,
ammessi ad un beneficio eccezionale, in sostituzione del sistema
tipico concorsuale di accesso, cioè la sottoposizione ad un semplice
esame di idoneità per l’accesso alla qualifica iniziale di dirigente
tecnico presso la citata amministrazione dei beni culturali.
Ma non è lecito desumere, da tale quadro normativo, alcun obbligo,
costituzionalmente sanzionato, del legislatore di estendere la norma
di favore prevista per le categorie di cui all’art. 68, quinto e
sesto comma, della legge regionale n. 41 del 1985 alle diverse
ipotesi di cui all’art. 20, secondo comma, della legge regionale n.
80 del 1977. E ciò a prescindere dall’ente presso il quale sia stata
fruita la borsa di studio, ma esclusivamente in virtù della distinta
natura, peculiarità e finalità delle borse previste nelle diverse
norme.
Tant’è che non risulta che sia stato riconosciuto il periodo di
servizio svolto dai fruitori delle borse, ex art. 20, secondo comma,
della citata legge regionale n. 80 del 1977, neanche qualora
occasionalmente prestato presso istituzioni universitarie anziché,
come nel caso di specie, presso la Sovrintendenza ai beni culturali,
ambientali e della pubblica istruzione della regione siciliana.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 68, quinto e sesto comma, della legge della regione
siciliana 29 ottobre 1985, n. 41 (Nuove norme per il personale
dell’amministrazione regionale), sollevata, in riferimento agli artt.
3 e 97 della Costituzione, dal Consiglio di giustizia amministrativa
per la regione Siciliana con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1996.
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Chieppa
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 19 luglio 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola