Sentenza N. 293 del 1984
Corte Costituzionale
Data generale
19/12/1984
Data deposito/pubblicazione
19/12/1984
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/12/1984
GUGLIELMO ROEHRSSEN – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO
MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof.
VIRGILIO ANDRIOLI – Prof. GIUSEPPE FERRARI – Dott. FRANCESCO SAJA –
Prof. GIOVANNI CONSO – Prof. ETTORE GALLO – Dott. ALDO CORASANITI –
Prof. GIUSEPPE BORZELLINO, Giudici,
del codice di procedura civile promosso con l’ordinanza emessa il 25
gennaio 1979 dal Pretore di Roma sul ricorso proposto da Pucello
Giuliana ed altri contro istituto Poligrafico dello Stato, iscritta al
n. 252 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 154 dell’anno 1979.
Visti gli atti di costituzione di Pucello Giuliana ed altri nonché
l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 16 ottobre 1984 il Giudice relatore
Aldo Corasaniti;
uditi l’avvocato Roberto Muggia, per Pucello Giuliana ed altri e
l’avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio
dei ministri.
Nel corso di un procedimento civile promosso da Pucello Giuliana e
da altri nei confronti dell’Istituto Poligrafico dello Stato per
ottenere sentenza di condanna dell’ente alla corresponsione di
differenze retributive, il Pretore di Roma, essendo stato proposto
dall’Istituto convenuto regolamento preventivo di giurisdizione, ha
sollevato su iniziativa dei ricorrenti, con ordinanza del 25 gennaio
1979 (reg. ord. n. 252 del 1979), questione di legittimità
costituzionale degli artt. 41 e 367 c.p.c., in riferimento agli artt. 3
e 24 Cost..
Il giudice a quo ha rilevato che la sospensione necessaria del
processo a seguito della proposizione di regolamento preventivo di
giurisdizione – verificatasi, nella specie, nel corso dell’istruttoria
disposta dallo stesso giudice proprio al fine di acquisire elementi di
fatto indispensabili per valutare la natura pubblicistica o
privatistica dell’istituto convenuto – si pone in contrasto con il
principio costituzionale della parità delle parti nel processo e con
la garanzia costituzionale del diritto di difesa.
Ha, al riguardo, considerato che l’istituto del regolamento
preventivo, nella sua attuale disciplina, consente alla parte, che
intende proporlo, di scegliere il momento processuale a lei più
favorevole sotto il profilo istruttorio; donde la violazione del
principio di parità e, quindi, dell’art. 3 Cost..
Con riferimento, poi, al profilo di incostituzionalità ex art. 24
Cost., il giudice a quo – premesso che con sentenza di questa Corte n.
73 del 1973 era stata dichiarata infondata analoga questione sul
duplice rilievo della possibilità per le parti di fornire prove
documentali nel giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione e della
natura non vincolante della decisione resa dalla stessa Corte in
relazione al merito della causa – ha osservato che la pronunzia sulla
giurisdizione può pregiudicare il merito e che non è possibile
distinguere, nell’ambito delle attività istruttorie, tra prove
documentali e altri tipi di prove, riferendo di fatto solo alle prime
la garanzia costituzionale di cui all’art. 24 Cost..
Nel giudizio si sono costituiti, chiedendo che la questione sia
dichiarata fondata, i ricorrenti, i quali hanno depositato memorie.
È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o,
comunque, infondata.
L’interventore ha sottolineato che la questione ha per oggetto
norme procedurali relative ai poteri giurisdizionali del giudice a quo
in pendenza del regolamento di giurisdizione, nello specifico ambito
dell’attività istruttoria esperibile ai fini (non già della decisione
del merito, bensì) proprio dell’accertamento della sussistenza o meno
della giurisdizione ordinaria, poteri giurisdizionali la cui
delimitazione è ormai devoluta alla Corte di Cassazione: donde
l’inammissibilità della proposta questione di costituzionalità.
L’interventore ha sostenuto che, comunque, tale questione è
infondata in considerazione, per un verso, della discrezionalità –
entro i limiti di ragionevolezza – da riconoscere al legislatore nella
regolamentazione dei modi della tutela giurisdizionale, per altro verso
del potere delle parti di fornire alla Corte di Cassazione – che
comunque è chiamata a valutare i presupposti di fatto della
giurisdizione – nuove prove documentali.
Con successiva memoria ha insistito pregiudizialmente nel chiedere
che sia dichiarata l’inammissibilità della questione, rilevando in
particolare che le Sezioni Unite hanno medio tempore, con la sentenza
n. 3826 del 1979, deciso irretrattabilmente sulla giurisdizione, alla
cui verifica la questione di legittimità costituzionale era
incidentale, negando la giurisdizione del giudice adito.
1. – Come si desume dalla narrativa, il giudice a quo –
discutendosi se la giurisdizione spettasse al giudice ordinario o a
quello amministrativo, ed essendo stato proposto regolamento preventivo
– ha sospettato di illegittimità costituzionale il combinato disposto
degli artt. 41 e 367 c.p.c. sotto il particolare profilo dell’incidenza
che esso spiega sulla prova in tema di giurisdizione.
Ha sottolineato al riguardo come la normativa denunciata imponga,
per il caso di intervenuta proposizione del regolamento preventivo di
giurisdizione, la sospensione di un’attività istruttoria in punto a
giurisdizione diretta, come quella del giudice a quo, all’accertamento
dei fatti rilevanti senza limitazione di mezzi di prova, e devolva
correlativamente il giudizio alle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione, costrette dalla peculiarità del rito a valutare i soli
documenti già acquisiti (art. 372 c.p.c.) o al più (secondo
un’interpretazione meno rigorosa della detta disposizione) ad acquisire
soltanto nuovi documenti (con esclusione di altri mezzi di prova).
L’illegittimità del congelamento o della limitazione
dell’attività istruttoria che vengono in tal modo a determinarsi è
prospettata con riferimento a due parametri:
a) all’art. 3 Cost. in quanto, dandosi alla parte, alla cui tesi in
punto di giurisdizione siano favorevoli i risultati istruttori in un
dato momento, il potere di determinare unilateralmente, mediante la
proposizione del regolamento preventivo, gli effetti suindicati,
sarebbe violato il principio della parità delle parti nel processo (la
regola del combattimento ad armi pari);
b) all’art. 24 Cost. in quanto gli effetti suindicati
costituirebbero comunque violazione del diritto di difesa considerato
come diritto alla prova.
Va tuttavia rilevato che i due profili di illegittimità danno vita
a una questione sostanzialmente unica. Invero, a parte che la
violazione del principio del combattimento giudiziale ad armi pari
ferisce l’art. 24 Cost. non meno che l’art. 3 Cost., il vizio normativo
denunciato consiste, al di là della prospettazione, non già nella
possibilità che il congelamento o la limitazione della prova
intervengano su iniziativa della parte che in un dato momento la reputi
a sé più favorevole e malgrado l’altra parte, bensì nella
possibilità stessa che il congelamento o la limitazione in sé
considerati intervengano.
2. – L’eccezione di inammissibilità sollevata dall’interventore
nella memoria (sopravvenuta decisione del regolamento preventivo da
parte della Corte regolatrice nel senso della negazione della
giurisdizione del giudice a quo) – a parte ogni dubbio sulla sua
fondatezza in relazione al carattere del dedotto ostacolo preclusivo
(irrilevanza successiva) – rimane comunque assorbita da una diversa e
preliminare ragione di inammissibilità della questione stessa.
Si tratta di una ragione di inammissibilità, che (sia o no
adombrata, come potrebbe ritenersi, nell’atto di intervento) la Corte
ritiene di dovere rilevare d’ufficio.
L’illegittimità prospettata risiede non tanto nella inibizione
della attività istruttoria nei confronti del giudice a quo e nella
rimessione di tale attività ad altro giudice, quanto nelle
peculiarità probatorie del procedimento davanti al giudice ad quem,
cioè alla Corte di Cassazione, o meglio nella loro estensione al
giudizio della detta Corte sulla giurisdizione (solo indirettamente le
denunciate carenze del procedimento davanti alla Cassazione possono
riflettersi sulla legittimità dell’intero istituto del regolamento
preventivo). Sicché unicamente la Cassazione, – di fronte a cui quel
procedimento, con quelle peculiarità, si svolge, ed ai fini del cui
(solo) giudizio l’eliminazione del vizio è pertanto rilevante – può
postularla, e non anche il giudice a quo. Né, per giungere a
conclusione opposta, varrebbero gli argomenti adducibili a favore della
rilevanza per il giudice adito ex art. 700 c.p.c. delle questioni
relative alla legittimità della privazione nei suoi confronti di un
potere di decidere su richieste di provvedimenti di urgenza
anticipatori non devoluto medio tempore ad altro giudice.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di illegittimità
costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., degli artt. 41
e 367 c.p.c. sollevata dal Pretore di Roma con ordinanza del 25 gennaio
1979.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1984.
F.to: LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO
ROEHRSSEN – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ANTONIO LA PERGOLA –
VIRGILIO ANDRIOLI – GIUSEPPE FERRARI
– FRANCESCO SAJA – GIOVANNI CONSO –
ETTORE GALLO – ALDO CORASANITI –
GIUSEPPE BORZELLINO.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere