Sentenza N. 14716 del 2015
Tribunale di Milano
Data deposito/pubblicazione
24/12/2015
SENTENZA
n. 14716/2015 pubbl. il 24/12/2015
(Giudice relatore: dott.ssa Paola Maria Gandolfi)
nella causa civile di I Grado iscritta al N. 17541/2014 R.G. promossa da: ASSOCIAZIONE ITALIANA RICERCHE METODO TERZI (c.f. …), con il patrocinio degli avv. LEVANTINO LIDIA e,
ATTRICE;
contro:
ANNALISA RISOLI (C.F. …), con il patrocinio dell’avv. GALLI CESARE e
CONVENUTA
MANUELA PIERA CAPETTINI (C.F. …), con il patrocinio dell’avv. GALLI CESARE e
CONVENUTA
ELENA AROSIO (C.F. …), con il patrocinio dell’avv. GALLI CESARE e
CONVENUTA
CHIARA INCORPORA (C.F. …), con il patrocinio dell’avv. GALLI CESARE e
CONVENUTA
ELENA CORBELLA (C.F. …), con il patrocinio dell’avv. GALLI CESARE e
CONVENUTA
Conclusioni, venivano precisate all’udienza del 24/6/15 e debbono qui ritenersi integralmente richiamate.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.
Con atto di citazione notificato il 18/3/14, l’Associazione Italiana Ricerche Metodo Terzi chiamava in giudizio Annalisa Risoli, Manuela Capettini, Elena Arosio, Chiara Incorpora, per sentire accertare che l’attrice è la sola titolare di tutti i diritti d’autore e di utilizzazione economica delle opere della signora Ida Terzi e delle altre opere pubblicate dalla stessa AIRMT, violati dalle convenute con la pubblicazione dell’articolo “La riabilitazione del bambino con disprassia: protocollo di intervento del Metodo di Integrazione Spaziale Multisensoriale”, con condanna al risarcimento dei danni, alla rimozione dell’articolo e pubblicazione della sentenza. Inoltre l’Associazione attrice chiedeva la condanna delle convenute per l’organizzazione non autorizzata di un corso sul Metodo Terzi presso la Fondazione Sacra Famiglia ONLUS ed infine per illegittima violazione del marchio “Metodo Terzi”, di titolarità di AIRMT.
L’attrice esponeva che la signora Ida Terzi era stata la creatrice di un metodo – frutto della sua personale esperienza nel campo dell’educazione infantile dal 1935 al 1960 – nato come strumento di ausilio per bambini non vedenti e sviluppatosi in una serie di esercizi connessi tra loro in vari cicli, in particolari ambientazioni. Il metodo era stato compiutamente teorizzato in due volumi realizzati da Ida Terzi nel 1983 e 1995. Nel 1995 Ida Terzi aveva dato vita all’Associazione attrice, per “promuovere la conoscenza e divulgazione del Metodo Spazio Temporale Terzi presso organismi pubblici e privati; formare operatori della riabilitazione, educazione e didattica; promuovere e coordinare lo sviluppo e la diffusione del Metodo Terzi, proteggendone l’originalità e tutelandone il codice etico e deontologico, anche mediante seminari, studi, conferenze, convegni, pubblicazione di testi ecc.”. In data 3/7/95 Ida Terzi cedeva tutti i diritti di utilizzazione del Metodo alla Associazione attrice. L’Associazione, del cui Comitato dei Garanti facevano parte Capettini e Risoli, provvedeva quindi a sviluppare e attualizzare l’impianto teorico del Metodo ed a realizzare varie pubblicazioni, tra cui le “Dispense del Primo e Secondo Modulo del Metodo Terzi”, a cura, tra gli altri, di Capettini e Risoli. In data 12/5/05 AIRMT provvedeva a registrare il marchio “Metodo Terzi. L’organizzazione spazio temporale di Ida Terzi”. L’attrice ricostruiva poi alcuni fatti – sostanzialmente relativi all’organizzazione di un corso presso il Centro Ronzoni-Villa – che avevano portato alle dimissioni di Risoli, in data 28/11/11, seguita a ruota da alcuni suoi collaboratori.
A distanza di pochi mesi la rivista Imparare aveva pubblicato l’articolo “La riabilitazione del bambino con disprassia”, di cui in questa sede si controverte, a cura di Risoli, Capettini, Arosio, Incorpora e Corbella, che prevedeva la messa a punto di un protocollo riabilitativo, presentato come frutto di un “Metodo di Integrazione Spaziale e Multisensoriale”, che altro non era che il Metodo Terzi. L’articolo si presentava come plagiario delle Dispense pubblicate da AIRMT ed i suoi contenuti rappresentavano un’appropriazione dei contenuti di cui Ida Terzi e l’Associazione attrice risultano essere esclusivi autori. Tra marzo e settembre 2012 veniva poi tenuto da Risoli un corso presso la Sacra Famiglia ONLUS, (doc. 16 att.) intitolato “Il Metodo Terzi, organizzazione spazio temporale con riferimento allo schema corporeo”, con la cui intestazione venivano anche violati i diritti di marchio attorei.
L’Associazione attrice iniziava quindi il presente giudizio, ritenendo violati il diritto d’autore sulle pubblicazioni di AIRMT – con conseguente lesione del diritto di utilizzazione economica delle stesse, del diritto morale ed all’immagine – ed il diritto sul marchio.
Si costituivano le convenute rilevando come il diritto d’autore non protegga le idee ed i concetti, ma solo la loro espressione formale in un’opera, sicchè un metodo, tanto più medico-scientifico, non ne può essere oggetto, posto che una siffatta privativa si porrebbe in contrasto con la libertà scientifica ex art. 33 Cost. Le convenute sottolineavano in proposito come nessuna delle espressioni formali né delle dispense, né dell’opera di Ida Terzi venisse ripresa nell’articolo in oggetto, che propone una evoluzione del Metodo Terzi sotto il profilo riabilitativo e delle neuroscienze.
Peraltro le convenute sottolineavano come il Metodo Terzi, mai riconosciuto in ambito scientifico, a sua volta costituisse evoluzione delle teorie di Augusto Romagnoli e Maria Montessori, elaborate negli anni venti del secolo scorso. Fin da quando operava all’interno dell’Associazione, Risoli si era impegnata ad una rivisitazione teorica del Metodo Terzi alla luce delle nuove acquisizioni delle neuroscienze sulla organizzazione spaziale, fornendogli più solide basi scientifiche. L’articolo contestato era stato quindi frutto dell’attività di ricerca e rielaborazione del Metodo Terzi effettate da Risoli e non monopolizzabili dall’attrice, mentre i protocolli sul trattamento riabilitativo erano stati realizzati per la ONLUS Sacra Famiglia, considerato che AIRMT non si occupa di erogazione diretta della riabilitazione.
Le convenute contestavano poi in radice la titolarità di diritti d’autore in capo alla Associazione attrice, sia sulle opere di Ida Terzi (spettando quelli di utilizzazione agli eredi e quelli morali ai congiunti) che sulle dispense, di cui Risoli (con la collaborazione di Capettini e altri) è l’unica autrice, come riconosciuto dalla stessa attrice (doc. 19 conv.). Peraltro, secondo la difesa delle convenute, non ricorrono le condizioni di cui all’art. 11 L.A., non risultando che l’opera fosse stata commissionata e coordinata dalla Associazione, né tantomeno versati compensi agli autori.
Quanto alla organizzazione non autorizzata di un corso sul metodo Terzi presso La Sacra famiglia ONLUS, le convenute rilevavano -al di là del principio di libertà scientifica e di insegnamento ex art. 33 Cost.- come lo stesso non fosse comunque stato tenuto.
Infine, il marchio registrato da AIRMT in tanto può considerarsi dotato di carattere distintivo, in quanto riguardato nella sua complessità grafico-denominativa, mentre non potrebbe essere consentito il monopolio sulla indicazione “Metodo Terzi” meramente descrittiva del servizio.
Le convenute concludevano chiedendo, oltre al rigetto della domanda, il riconoscimento della responsabilità aggravata dell’attrice sia in relazione alle espressioni gratuitamente offensive utilizzate ex art. 89 c.p.c., sia per l’evidente mala fede e colpa grave della controparte nel promuovere l’azione ex art. 96 c.p.c.
Concessi i termini di cui all’art. 183,VI c.p.c., senza istruttoria, all’udienza del 24/6/15 la causa veniva rimessa in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE.
Innanzitutto va sottolineato come pacificamente, la normativa sul diritto d’autore non tutela le idee in quanto tali, vale a dire le informazioni, anche contenute in opere formali, che nel loro complesso danno forma ad una frazione del sapere umano.
Oggetto di protezione è infatti esclusivamente il modo con cui l’idea viene espressa, esteriorizzata attraverso uno dei mezzi espressivi elencati a titolo esemplificativo dagli artt. 1 e 2 L.A., assumendo la forma di un’opera, immediatamente percepibile ai sensi. Anche laddove si faccia riferimento, accanto alla c.d. “forma esterna” dell’opera ad una “forma interna”, con tale espressione si intende esclusivamente il modo personale e particolare dell’autore di raggruppare ed intrecciare idee e concetti attraverso un’immagine espressiva (si pensi alla trama di un romanzo frutto di una particolare selezione ed organizzazione in sequenza degli eventi narrati), ma non certo il contenuto intellettuale intrinseco, anche se nuovo ed originale, che all’atto della sua esteriorizzazione entra a far parte del patrimonio culturale universale, a disposizione di tutti.
In particolare, non sono mai tutelati ai sensi della L.A. gli insegnamenti di natura tecnica e scientifica, che possono, se ne hanno i requisiti, divenire oggetto di diverse forme di privativa (es. brevettuale), la cui limitata durata è espressione del generale principio della necessità di acquisirli, alla scadenza, alla comune disponibilità, per l’evidente finalità di favorire il progresso delle scienze e delle conoscenze applicate. Peraltro, per quanto qui ci occupa, i metodi di trattamento terapeutico del corpo umano (al pari delle teorie scientifiche in sé, ove non applicate) non possono neppure essere oggetto di brevetto (cfr. art. 45, IV CPI e art. 52, IV CBE) per l’evidente necessità della loro immediata messa a disposizione del personale medico e tecnico per l’evoluzione della conoscenza e della cura, garantita nel nostro ordinamento costituzionale dall’art. 33.
A maggior ragione, non può neppure concepirsi che l’articolazione di nozioni scientifiche che stanno alla base di un metodo siffatto possano essere monopolizzate attraverso la tutela autorale, peraltro di durata infinitamente, inammissibilmente, più lunga.
Del resto, il Metodo di cui si controverte costituisce a sua volta evoluzione di nozioni ed esperienze in campo medico-educativo (molto vivaci all’inizio del secolo scorso) quali quelle di Augusto Romagnoli e Maria Montessori, e nessuno – neppure l’ente attore che, per volontà della stessa Ida Terzi, si è fatto carico di promuovere e divulgarne nel tempo gli insegnamenti teorico metodologici (doc. 5 att.) – può impedirne l’utilizzabilità sia per attività di cura che per fondarne evoluzioni scientifiche alla luce delle nuove acquisizioni nel campo delle neuro scienze.
Se quindi il metodo in sé non è monopolizzabile, diversamente deve opinarsi per le opere nelle quali i relativi insegnamenti si sono estrinsecati, dopo essere stati sviluppati, organizzati ed elaborati in vista della loro esposizione in una forma esterna, che di per sè non è strettamente ed univocamente dettata dal contenuto, ma frutto di un autonomo lavoro di sintesi.
Dalla difesa attorea si evince chiaramente che sotto tale profilo, oggetto di doglianza non sia la riproduzione di opere di Ida Terzi (i cui diritti morali spettano ai congiunti di cui all’art. 23 L.A. e quelli patrimoniali agli eredi) bensì le “Dispense del Primo e Secondo Modulo del Metodo Terzi”, (doc. 2 att.), opera collettiva realizzata nel 2009 sotto la direzione di Risoli e con la collaborazione, tra gli altri, di Capettini.
Dall’esame della prima, seconda e terza di copertina, nonché del frontespizio, pare al Collegio come ci si trovi di fronte ad un’opera pubblicata sotto il nome, per conto ed a spese dell’AIRMT -associazione che non persegue scopi di lucro (cfr. Statuto doc. 4 att.)- quindi regolata dall’art. 11 L.A., che attribuisce il diritto d’autore all’ente stesso (per la durata di venti anni ex art. 29 L.A.).
Si discute in dottrina e giurisprudenza se l’acquisto dei diritti esclusivi in capo all’amministrazione pubblica o all’ente privato spetti a titolo originario o, come appare preferibile, derivativo (quale articolazione speciale dei generali principi privatistico- lavoristici dell’opera su commissione), ma certamente l’associazione che pubblica l’opera può vantare sulla stessa tutti i diritti patrimoniali di cui agli artt. 12-19 L.A., restando in capo agli autori i diritti morali. Considerata la particolarità della fattispecie e la natura del committente, la norma non presuppone in alcun modo che gli autori siano stati o meno compensati per il loro apporto alla realizzazione dell’opera.
Quanto alla natura di opera protetta dal diritto d’autore, parti convenute non negano che la sintesi e schematizzazione del metodo, nella sua complessità, abbia rappresento il risultato di uno sforzo creativo, che presceglie, tra i molti possibili, gli argomenti utili alla funzione didattica, sintetizzandoli in modo da essere facilmente appresi e memorizzati dai discenti.
Peraltro, come è noto, non è richiesto un livello di creatività particolarmente elevato, ritenendosi sufficiente che l’opera, oggettivamente nuova, rivesta una qualche complessità espressiva, che in caso di opera divulgativa afferisce essenzialmente alla forma esterna in cui si incarna l’idea autorale. La creatività richiesta per accedere alla tutela autorale non è di livello tale da soddisfare una particolare esigenza di ordine culturale, richiedendosi solo che l’autore abbia compiuto una scelta discrezionale, all’ interno di un numero sufficientemente ampio di alternative possibili, per dare corpo all’ idea, dovendo escludersi solo le forme necessitate dalla funzione utilitaria o totalmente standardizzate.
Pertanto, a fronte dei diritti assoluti vantati da AIRMT, neppure Risoli e Capettini, che pure sono ne sono co-autrici, potrebbero riprodurre pedissequamente tutta o parte dell’opera in questione nei loro scritti successivi (salva rituale citazione ex art. 70 L.A.).
Tuttavia, pare al Tribunale che, alla luce del principio sopra enunciato della libera utilizzabilità delle acquisizioni scientifico-curative del Metodo Terzi, la lettura della stessa “tavola sinottica” realizzata da parte attrice (doc. 12 att.) evidenzi come non vi sia stata alcuna ripresa, nell’articolo pubblicato sulla rivista Imparare n. 7/10 (doc. 10 att.), degli elementi formali delle Dispense, cui può attribuirsi tutela in forza della specifica creatività come sopra enucleata.
Invero i temi trattati, liberamente disponibili, sono necessariamente comuni, sicchè esistono alcune espressioni necessitate (pena l’incompletezza dell’informazione scientifico-didattica) che non sono suscettibili di varianti discrezionali (quali la definizione del Metodo come “sistema di intervento cognitivo motorio) e sulle quali nessun diritto autorale può essere vantato.
Invece, laddove le scelte espressive appaiono libere, rispetto alle alternative possibili per enunciare i medesimi principi scientifici, nessuna riproduzione delle Dispense è dato rinvenire nell’articolo contestato.
Pertanto la relativa doglianza dell’Associazione attrice non può trovare accoglimento.
Analogamente, per quanto concerne il ciclo di lezioni denominato “Il Metodo Terzi, corso di approfondimento sulla valutazione” presso la Fondazione Sacra Famiglia (non rileva se poi tenuto o meno), va ribadito come nessuna autorizzazione di AIRMT fosse necessaria per svolgere attività didattico applicativa del Metodo Terzi, da parte di chiunque ed, a maggior ragione, di Risoli e Capettini, che la stessa associazione attrice ha qualificato come formatrici (anche avanzate) del Metodo in questione.
Ed ancora, la formazione di “protocolli di valutazione” e “clinico-riabilitativi” (quandanche in parte realizzati da AIRMT, del che peraltro non vi è prova in atti) adottati dalla Fondazione Sacra Famiglia (sia pure con l’apporto delle convenute) e l’utilizzazione di esercizi propri del Metodo Terzi, sono espressione della sua libera utilizzabilità per la cura ed il progresso delle conoscenze in materia, Infine, l’attrice lamenta anche la violazione dei suoi diritti di marchio per l’utilizzazione dell’espressione “Metodo Terzi”.
Il marchio in questione (doc. 6 conv.) è stato registrato il 2/9/8 al n. 0001133537, su domanda 12/5/05 e consiste “nella dicitura metodo terzi, l’organizzazione spazio temporale di ida terzi tale dicitura è posta accanto alla raffigurazione di una squadretta che ruota sul proprio asse ed è appoggiata su una tavoletta rettangolare sulla quale è leggibile il nome a.i.r.t.m. onlus”.
Si tratta evidentemente di un marchio complesso, nel quale l’elemento denominativo si accompagna ad una particolare rappresentazione grafica.
Considerato che, come detto, “Metodo Terzi” è la denominazione generica della pratica terapeutica di cui si controverte, naturalmente la suddetta espressione non può costituire il “cuore” del marchio registrato, che altrimenti sarebbe totalmente privo di distintività, incorrendo nel divieto di cui all’art. 13 CPI e nella conseguente nullità di cui all’art. 25 lett. b) CPI.
Ed invero, come sottolineato dalle convenute, riconoscere un diritto di marchio sul semplice lemma “Metodo Terzi” consentirebbe all’attrice di costituire, per via indiretta, proprio quell’indebito monopolio sul metodo di trattamento terapeutico che si è visto in contrasto con l’intero sistema normativo, impedendo peraltro alla memoria della signora Terzi ed ai suoi meriti scientifico-educativi di essere evocati in pubblicazioni specialistiche ed in attività di cura, comunque libere.
Tuttavia, come è noto, la denominazione generica di un servizio può entrare a far parte di un marchio complesso, nel quale la funzione distintiva sia assegnata agli altri elementi grafico-denominativi e finanche anche di un marchio “di insieme” (nel quale i vari elementi che lo compongono, singolarmente considerati mancano di distintività ed è soltanto la combinazione a cui danno vita che può avere, per come viene percepito dal mercato, un valore distintivo, più o meno accentuato).
In ogni caso, per quanto rileva nella presente controversia, la riproduzione della mera espressione “Metodo Terzi” nel contesto di una pubblicazione o per l’organizzazione di un’attività didattica o di cura non può in alcun modo ledere i diritti di valida privativa conferiti dalla registrazione n. 0001133537.
In conclusione, le pretese attoree si sono rivelate totalmente infondate e non possono trovare accoglimento.
Le convenute hanno svolto domanda riconvenzionale ex art. 96 c.p.c., fondando le doglianze essenzialmente su talune espressioni gratuitamente offensive contenute negli atti della controparte, anche sotto il profilo di cui all’art. 89 c.p.c. Effettivamente, l’ art. 89 c.p.c., nel disporre che il giudice possa assegnare una somma a titolo di risarcimento del danno alla parte lesa da espressioni sconvenienti ed offensive usate dalla controparte negli atti difensivi, riserva la cognizione dell’ istanza volta ad ottenere la suddetta somma, al medesimo giudice della causa in cui le espressioni illecite sono state utilizzate, che è chiamato a valutare se le stesse conservino un rapporto, seppure indiretto con la materia controversa oppure eccedano le esigenze difensive e siano dettate solo da un incomposto intento dispregiativo. Anche la cancellazione delle espressioni offensive o sconvenienti va esclusa allorchè l’uso di tali espressioni non risulti dettato da un passionale e incomposto intento dispregiativo, rivelando una volontà offensiva nei confronti della controparte, ma, sia preordinato a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del comportamento della controparte, la fondatezza delle pretese. conservando pur sempre un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, senza eccedere dalle esigenze difensive.
In concreto, pare al Tribunale che, malgrado la veemenza di talune espressioni, non vi sia stata alcuna gratuita denigrazione o irrisione delle parti convenute, essendo i passi contestati, pur se infondati, del tutto congrui alla prospettazione attorea di un vero e proprio diritto di monopolio autorale sul metodo scientifico-curativo di Ida Terzi e sulle sue evoluzioni, violato dalle convenute.
Infine, come è noto, l’accoglimento della domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. non può essere fondata sul solo riconoscimento dell’inaccoglibilità delle tesi giuridiche propugnate dalla parte soccombente, essendo comunque necessario che controparte dimostri la ricorrenza del dolo (qui da escludere) o della colpa grave, intesa come mancanza anche di un minimo di diligenza nella valutazione dell’infondatezza delle pretese. In concreto, la pur erronea ricostruzione del sistema normativo che esclude l’appropriazione di metodi e protocolli terapeutici, non pare fondata su inescusabili negligenze, considerato anche le aspettative generate dall’accordo con Ida Terzi (doc. 5 att.) e dalla presenza delle convenute all’interno dell’Associazione, con accettazione delle relative regole, sino al 2011.
L’associazione attrice, soccombente nel merito deve invece essere condannata a rifondere alle convenute le spese di lite, qui liquidate (considerata anche la difesa di più parti) in euro 20.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, sulle domande proposte con atto di citazione notificato il 18/3/14, dall’Associazione Italiana Ricerche Metodo Terzi nei confronti di Annalisa Risoli, Manuela Capettini, Elena Arosio, Chiara Incorpora, ogni altra domanda ed eccezione disattesa:
A) Rigetta le domande dell’Associazione attrice;
B) Rigetta la domanda ex art. 96 c.p.c. delle convenute;
C) Condanna l’Associazione attrice a rifondere alle convenute le spese di lite, come sopra liquidate in euro 20.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Milano, camera di Consiglio del 22/10/15
Depositata il 24 dicembre 2015