Ordinanza N. RG 1958/2020 del 2021
Tribunale di Cagliari - Sezione Specializzata in materia di Impresa
L’artista sarda Maria Lai nel 2004 ha costituito la Fondazione Stazione dell’Arte e le ha donato circa 50 sue opere. Morta nel 2013, nel testamento aveva nominato come erede universale la figlia. La Stazione dell’Arte si è comportata come se detenesse i diritti d’autore sulle opere di Maria Lai, riproducendole e autorizzando terzi a farlo. Questo comportamento è stato contestato dalla figlia, che si è rivolta al tribunale.
Per quanto la Stazione abbia la proprietà delle opere la “cessione di uno o più esemplari dell’opera non importa, salvo patto contrario, la trasmissione dei diritti di utilizzazione” economica (art. 109 della legge sul diritto d’autore). Non esistendo nessun patto espresso in tal senso, il giudice ha affermato che tali diritti spettano alla figlia: la Stazione non può quindi pubblicare riproduzioni delle opere dell’artista.
TRIBUNALE DI CAGLIARI
Sezione Specializzata in materia di Imprese
Il giudice designato nel procedimento cautelare iscritto al n. r.g. 1958 / 2020 promosso da:
*** residente a Cardedu ed elettivamente domiciliata
a Cagliari presso lo studio dell’avv. Giancarlo Mereu che, unitamente all’avv. Stefano Astorri del
Foro di Roma, la rappresenta e difende per procura a margine del ricorso introduttivo,
RICORRENTE
contro
FONDAZIONE STAZIONE DELL’ARTE con sede in Ulassai, Strada Provinciale 11 (P. IVA
01233120912), in persona del suo Presidente ing. Gian Luigi Serra, rappresentata e difesa, giusta
procura alle liti allegata alla memoria di costituzione, dagli avv.ti Giacomo Bonelli, Omar Cesana,
Francesca Milani e dall’avv. Massimo Lai, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Cagliari, via Leonardo Alagon 1
RESISTENTE
con l’intervento di
COMUNE DI ULASSAI con sede in Ulassai (Nu), via Garibaldi 1, CF 00151970910, in persona del Sindaco ing. Gian Luigi Serra, rappresentato e difeso, giusta procura alle liti allegata alla memoria di costituzione, dagli avv.ti Giacomo Bonelli, Omar Cesana Francesca Milani e dall’avv. Massimo Lai, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Cagliari, via Leonardo Alagon 1
RESISTENTE
a scioglimento della riserva, ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
1.1 In via di premessa si osserva come le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n.
642 del 16.1.2015 hanno ritenuto, in ordine ai requisiti richiesti nel vigente ordinamento processuale per la motivazione delle sentenze, conforme al modello normativo (il quale prevede la sinteticità della motivazione quale corollario del dovere di assicurare la ragionevole durata del processo) la motivazione c.d. per relationem ed, in particolare, valido il richiamo al contenuto degli atti difensivi delle parti e degli altri atti processuali.
Appare pertanto legittima l’adozione di tale schema anche per motivare l’ordinanza con cui si assume
la presente decisione. Pertanto, richiamati, in ordine alla ricostruzione dei profili fattuali della vicenda
controversa, il contenuto assertivo del ricorso introduttivo e della memoria di costituzione, si osserva
per quanto rileva al fine di decidere quanto segue.
1.2 Con ricorso ex art. 156 Legge 22 aprile 1941, n. 633 (“Legge a protezione del diritto d’autore e di
altri diritti connessi al suo esercizio”) depositato in data 13.3.2020, *** ha chiesto al
Tribunale che, dichiarata la sua esclusiva titolarità iure hereditatis del diritto d’autore sulle opere di
Maria Lai e previo accertamento dell’illegittimità della pubblicazione, distribuzione e
commercializzazione ad opera della Fondazione Stazione dell’Arte di una serie di volumi contenenti
immagini di opere dell’artista, venisse inibito in via d’urgenza alla predetta Fondazione di continuare
in dette attività, disponendo la pubblicazione del provvedimento cautelare e la fissazione di una
somma ritenuta congrua per ogni violazione.
A tal fine ha esposto:
– che Maria Lai era stata una grande esponente del panorama artistico italiano ed internazionale del
dopoguerra e che al suo decesso le era succeduta come unica erede universale, in virtù di testamento
datato 1.10.2011;
– che nel maggio 2016 aveva costituito un “Archivio delle opere di Maria Lai” avente lo scopo di
valorizzare e diffondere la figura e l’opera dell’artista e di realizzare il catalogo generale delle opere
così come da onus morale disposto nel testamento;
– che al fine di divulgare la conoscenza e lo studio delle opere di Maria Lai, in data 30.11.2018 aveva
inoltre costituito la “Fondazione Maria Lai” con sede in Lanusei;
– che di recente, era venuta a conoscenza del fatto che la Fondazione Stazione dell’Arte aveva
realizzato condotte in totale violazione del diritto d’autore, o perché volte a recare molestia al
godimento del diritto, ingenerando nei soggetti terzi, dubbi e perplessità sulla effettiva titolarità dello
stesso, o perché volte ad arrogarsi indebitamente tale diritto. Sotto il primo profilo, la ricorrente ha
spiegato che la Fondazione Stazione dell’Arte, ritenendo erroneamente di detenere, con il Comune di
Ulassai, i diritti d’autore sulle opere di Maria Lai, con atto in data 28.11.2019 aveva rilasciato
all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi autorizzazione ad utilizzare a titolo gratuito le immagini di
opere di Maria Lai per la realizzazione del catalogo della mostra “Maria Lai. Suivez le Rythme”
tenutasi nel dicembre 2019 – gennaio 2020; sempre la Stazione dell’Arte, con comunicazione
indirizzata alla Cantina Antichi Poderi di Jerzu in data 08.01.2020, aveva invitato la Cantina “ad
astenersi da qualsiasi iniziativa volta a sfruttare impropriamente l’immagine dell’artista”, nonostante
la Cantina avesse agito munita di espressa autorizzazione della ricorrente. Sotto il secondo profilo,
invece, la ricorrente ha allegato che: (1) nella pagina del sito internet della Fondazione Stazione
2dell’Arte, veniva pubblicizzata una “vasta selezione di idee regalo” che prevedeva la vendita di
pubblicazioni contenenti immagini di opere di Maria Lai quali i volumi: – “Tenendo per mano il sole”
al prezzo di € 130,00 la copia (doc. 5); – “Tenendo per mano l’ombra” al prezzo di € 110,00 la copia
(doc. 6); – “Il Dio distratto” al prezzo di € 110,00 la copia; (2) la commercializzazione del volume “Il
Dio distratto”, veniva peraltro eseguita anche in violazione della ordinanza resa in data 25/7/2019 dal
Tribunale Civile di Cagliari (Sezione specializzata in materia di impresa, RG. 3235/2019) che aveva
già vietato la commercializzazione, la distribuzione o diffusione, in qualunque forma o a qualsiasi
titolo, di detto volume, ordinandone il ritiro dal commercio; (3) la Fondazione Stazione dell’Arte,
inoltre, presso la propria sede, commercializzava, ulteriori volumi, oltretutto privi del contrassegno
SIAE, contenenti immagini di opere di Maria Lai, quali: – “Curiosape” al prezzo di € 150,00 ; – “Come
un gioco” al prezzo di € 25; – “Maria Lai ABC Sguardo Opera Pensiero”; – “Fuori Era Notte” al
prezzo di € 25; – “I luoghi dell’arte a portata di mano” al prezzo di € 150,00;
– che le condotte sopra sintetizzate erano poste in essere in totale violazione del diritto d’autore, non
disponendo la resistente del diritto all’utilizzazione delle immagini di nessuna fra le opere di Maria
Lai, di nessuna di esse, neppure di quelle ad essa donate da Maria Lai;
– che Maria Lai, nel contribuire a costituire la Fondazione Stazione dell’Arte nel 2004 e nel donare
alla Fondazione circa 50 opere, come elencate nell’all. D all’Atto Costitutivo della Fondazione (cfr.
doc.n.16), non aveva trasferito alla Fondazione anche il diritto (come tutelato dall’art. 12 della Legge
n. 633/41 sul Diritto d’Autore) alla utilizzazione, pubblicazione e commercializzazione delle
immagini di queste opere, che aveva invece inteso conservare per sé stessa, per poi trasferirlo, con il
testamento citato, alla nipote, nominata sua unica erede.
Quanto al periculum in mora la ricorrente ha dedotto (in sintesi) che lo stesso doveva ritenersi
riscontrabile nello stesso comportamento della Fondazione, chiaramente volto a rivendicare diritti
alle immagini sulle opere dell’artista del tutto indebitamente, profilandosi in ciò un periculum in re
ipsa, posto che la persistenza dei comportamenti illegittimi, avrebbe di per sé determinato un
aggravarsi quotidiano del danno, anche tenendo in debito conto della difficoltà della sua successiva
quantificazione in sede di merito.
1.3 Con memoria depositata in data 10.9.2020, si sono costituiti in giudizio la Fondazione Stazione
dell’Arte e (con contestuale atto di intervento volontario) il Comune di Ulassai, per resistere al
ricorso.
Le resistenti hanno anzitutto contestato la carenza del fumus boni juris.
A tal fine, hanno dedotto, sotto un primo profilo, di non essere editori dei testi oggetto della richiesta
inibitoria, essendo la casa editrice degli stessi la Arte Duchamp (salvo che per “Maria Lai ABC:
Sguardo Opera Pensiero” edito dalla Agave). La Fondazione convenuta ha quindi sottolineato di non avere alcuna paternità rispetto alla realizzazione e produzione di tali volumi. Pertanto, siccome la
responsabilità di qualsiasi libro, articolo, rivista o altra pubblicazione, incombe esclusivamente sul
soggetto che ne è editore (oltre che naturalmente sull’autore), ossia colui che organizza, finanzia e
decide il contenuto della pubblicazione ed essendo viceversa esclusa qualsiasi responsabilità in capo
allo stampatore, al distributore o al rivenditore, alcuna responsabilità poteva essere imputata alla
Fondazione.
La resistente ha, in proposito, altresì evidenziato che, affinché il semplice distributore o rivenditore
di un prodotto editoriale altrui possa essere destinatario di un provvedimento di inibitoria, occorre
che la illiceità di detto prodotto sia stata preventivamente e debitamente accertata dal giudice in
contraddittorio con l’editore, ipotesi non ricorrente nella fattispecie. L’unico fra i volumi indicati in
ricorso, rispetto al quale vi era stato il predetto accertamento giudiziale in contraddittorio con l’editore
– che era poi sfociato in un provvedimento cautelare volto ad inibirne la pubblicazione, la
commercializzazione e la diffusione – era quello intitolato “Il Dio distratto”, edito dalla Art Duchamp;
per esso tuttavia la Fondazione aveva già provveduto al ritiro dal bookshop del Museo di Ulassai,
mentre la circostanza che il libro risultasse ancora sul sito della Fondazione era da imputarsi ad una
semplice dimenticanza cui si era già da tempo posto rimedio.
Sotto un secondo profilo, le resistenti hanno contestato il diritto della ricorrente ad inibire l’esercizio
dei diritti immateriali attinenti alle opere donate da Maria Lai alla Fondazione, non rispondendo al
vero che la signora *** fosse titolare dei diritti su tutte le opere create da Maria Lai.
In proposito le resistenti hanno dedotto: – che in data 11 ottobre 2004 era stata costituita la Fondazione
“Stazione dell’Arte Ulassai”, avente il dichiarato scopo di attuare “iniziative di interesse artistico
intese alla diffusione e alla conoscenza delle Opere di Maria Lai”; – che il patrimonio iniziale della
Fondazione era rappresentato da una serie di opere dell’Artista; – che l’art. 4 dell’Atto Costitutivo
prevedeva che “la signora Maria Lai assegna alla Fondazione, facendone ad essa donazione, le
opere descritte nell’elenco che si allega al presente atto sotto la lettera D” (una nutrita serie di lavori
rappresentanti gli episodi più significativi dell’intero percorso dell’artista, costituenti la più
importante raccolta organica delle sue opere); – che l’art. 2 dello Statuto della Fondazione, nel
precisare le finalità e i compiti dell’ente, evidenziava quello di “promuovere e attuare studi e ricerche,
convegni, seminari, mostre ed ogni altra iniziativa tendente alla valorizzazione dell’opera e alla
divulgazione e approfondimento del messaggio artistico e umano di Maria Lai”, prevedendo altresì
fra i suoi compiti anche quello di istituire “un museo che accolga le opere più significative di Maria
Lai”; – che, a sottolineare il forte rapporto fra Maria Lai e la Fondazione da questa istituita, lo Statuto
(art. 6) riservava a Maria Lai la presidenza onoraria “a vita” della stessa ed affidava il Consiglio
Direttivo a“tre membri nominati da Maria Lai”; – che Maria Lai, nell’effettuare la donazione delle sue opere alla Fondazione, non aveva affatto trasferire la sola proprietà fisica di tali opere, ma anche
i diritti di utilizzazione economica delle stesse, essendo evidente che la donazione di tali lavori si era
inserita ed era strettamente funzionale a un progetto di diffusione e valorizzazione dell’opera
dell’artista nel quale tutta l’attività della Fondazione era istituzionalmente ed esclusivamente
finalizzata; – che infatti che l’espletamento dei compiti della Fondazione – quali per esempio la
realizzazione di libri, cataloghi, studi, filmati e opere audiovisive, l’organizzazione di convegni,
l’organizzazione di mostre, implicava necessariamente anche lo sfruttamento dei diritti di
utilizzazione economica delle opere donate, a partire dai diritti di pubblicazione (art. 12 l.d.a.) di
riproduzione (art. 13 l.d.a.), di comunicazione (art. 16 l.d.a.), di distribuzione (art. 17 l.d.a.), senza i
quali quegli scopi non avrebbero potuto essere perseguiti; – che ciò era confermato dal fatto che Maria
Lai nel corso di nove anni di intenso rapporto e collaborazione con la Fondazione e con il Comune,
non si era mai opposta agli atti di utilizzazione economica delle opere donate (esposizione nel Museo
gestito dalla Fondazione, riproduzione delle immagini in studi, monografie, cataloghi, realizzazione
di poster, cartoline, gadget ecc.) né aveva mai preteso un compenso dai ricavi derivanti da tali
utilizzazioni (biglietti del museo, ricavi da pubblicazioni varie).
Ulteriori elementi di conferma del trasferimento dei diritti di esclusiva sulle immagini delle opere
donate, potevano rinvenirsi, in primo luogo, nel fatto che, né l’atto Costitutivo della Fondazione, né
il suo Allegato “D” contenessero espressione che potesse far pensare a una qualche limitazione quanto
al trasferimento alla Fondazione delle opere donate dei diritti su essa insistenti, dovendosi anzi
ritenere il contrario attraverso una corretta lettura congiunta degli atti (cfr. pagine 10 e 11 della
memoria di costituzione).
Le resistenti hanno poi chiarito il rilevante interesse economico del Comune di Ulassai (soggetto
intervenuto con la medesima memoria – cfr. in particolare pagine 13-19) ed hanno contestato che
fosse in concreto configurabile un periculum in mora.
1.4 In sede di repliche, a fronte della prima eccezione delle resistenti, la ricorrente ha prodotto tre
ulteriori volumi (“I Maestri e la Terra” in due edizioni e “Il museo sotto il cielo”), evidenziando come
la Fondazione fosse in realtà parte attiva rispetto alla riproduzione di libri contenenti immagini di
opere di Maria Lai, ben potendo quindi essere destinataria della inibitoria invocata.
Le resistenti hanno contestato l’inammissibilità della produzione, non rientrante nel petitum cautelare
del ricorso, evidenziando comunque che la Fondazione non aveva assunto alcun ruolo di “co-editore”
neppure rispetto alla edizione di tali libri.
2.1.1 Preliminarmente, giova richiamare il principio per cui l’autore di un’opera, ai sensi dell’art. 12
L.d.a., ha il diritto esclusivo di pubblicare l’opera e di utilizzarla economicamente in ogni forma e
modo originale o derivato, nei limiti e modi fissati dalla legge. L’art. 109 L.d.a., poi, stabilisce che la cessione di un esemplare dell’opera non importa, salvo patto contrario, la trasmissione dei diritti di
utilizzazione economica connessi a dette opere; in particolare non può ritenersi, in mancanza di prova
contraria proveniente dal proprietario dell’esemplare, che a questi sia stato contestualmente ceduto
insieme alla proprietà sulla res anche il diritto di utilizzazione economica di essa in forme varie, atteso
che l’art. 13 L.d.a. riserva al titolare del diritto d’autore il potere esclusivo di riprodurre ha per
oggetto la moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte
dell’opera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia,
l’incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione.
La giurisprudenza ha poi chiarito che anche la riproduzione fotografica di un’opera d’arte figurativa
nel catalogo di una mostra rappresenta una forma di utilizzazione economica dell’opera e rientra nel
diritto esclusivo di riproduzione riservato all’autore.
Ratio dell’art. 109 l.d.a. è evidentemente quella di tutelare il diritto patrimoniale più vicino e connesso
a quello morale d’autore, ossia il diritto sulla creazione intellettuale dell’opera.
Dunque, con la vendita dell’opera, l’artista non cede all’acquirente il proprio diritto di riproduzione;
in mancanza di diverse pattuizioni, la compravendita trasferisce il diritto di proprietà sulla res ma non
già quello di riproduzione dell’opera.
2.1.2 Venendo al caso di specie, alla luce del testamento di Maria Lai, in cui *** è stata
nominata erede universale (cfr. doc. 1 allegato al ricorso, copia del testamento dell’1.10.2011), deve
allo stato ritenersi comprovato il diritto d’autore in capo alla ricorrente in relazione a tutte le opere
realizzate dall’artista.
La resistente assume in proposito che, in realtà, Maria Lai con la donazione effettuata alla Fondazione
da lei stessa istituita, non avrebbe inteso trasferire la sola proprietà fisica delle opere donate, ma anche
i diritti di utilizzazione economica sulle stesse (con conseguente fuoriuscita degli stessi dalla
successione ereditaria), essendo tale donazione volta a dotare la fondazione di un patrimonio artistico
funzionale allo scopo ideale dell’ente, che è quello di realizzare un progetto di diffusione e
valorizzazione dell’opera dell’artista, nel quale tutta l’attività della Fondazione è istituzionalmente
ed esclusivamente finalizzata.
La suddetta tesi pare scontrarsi con l’inequivoco dato letterale dell’art. 109 L.d.a., sopra richiamato,
secondo cui la cessione dell’opera (o di più esemplari) non comporta, salvo patto contrario, la
trasmissione dei diritti d’autore. Detta disposizione, evidenziando la necessità di un “patto espresso”
avente specificamente ad oggetto detti diritti, pare di per sé precludere che possa opinarsi nel senso
di desumere il trasferimento in questione da una interpretazione sistematica del negozio di cessione,
che pur non abbia esplicitato l’effetto traslativo anche in relazione a detti diritti. Ragionare
diversamente significherebbe di fatto avallare una sorta di interpretazione tendenzialmente
abrogatrice della norma – in quanto volta a far discendere detto trasferimento non da un patto
espresso, ma da un accertamento in concreto di una volontà negoziale, rimasta formalmente
inespressa.
Orbene, è pur vero che Maria Lai nel costituire la Fondazione aveva inteso attribuire alla stessa un
ruolo di rilievo in relazione alla divulgazione e conoscenza della propria arte (si tratta di una
considerazione che non viene posta in discussione dalla ricorrente) e che certamente l’utilizzo delle
immagini donate in questo genere di attività assume un’importanza essenziale; ma è altrettanto vero
che, ciononostante, la stessa artista non ha mai inteso esplicitare nulla, né in sede di atto costitutivo,
né in sede di statuto della fondazione, riguardo ai diritti di autore sulle opere donate, i quali attengono
ad un aspetto diverso ed attinente ad una sfera personale e morale assai delicata.
Il suddetto dato, che emerge nitidamente dagli atti, non può allo stato essere superato dalla
“interpretazione” dell’atto di donazione proposta dalla resistente, in quanto inidonea a surrogare
l’assenza formale di un patto espresso in tal senso. La circostanza che la Lai abbia utilizzato il termine
“assegna” in luogo di “dona”, è inconcludente rispetto al preteso trasferimento dei diritti di esclusiva;
né le conclusioni possono mutare facendo riferimento alla destinazione funzionale delle opere agli
scopi della Fondazione, non essendovi alcuna contraddizione tra l’aver donato alla fondazione
importanti lavori, aver istituito l’ente con compiti di diffusione e valorizzazione delle opere
dell’artista ed aver riservato a sé (e conseguentemente all’erede i diritti di esclusiva sulle predette
opere); ed ancora, ulteriori e convincenti argomenti non paiono potersi trarre dalla circostanza che il
patrimonio della fondazione sia costituito dalle opere donate, dal reddito potenzialmente derivante
dalle stesse e dai proventi eventualmente realizzati dalle ricerche, studi, mostre e altre iniziative svolte
dalla Fondazione, posto che anche i suddetti elementi sono perfettamente compatibili con la volontà
di riservare a sé i diritti di esclusiva sulle immagini delle opere.
Resta dunque il dato formale del negozio testamentario che, allo stato, non pare scalfito dalla
circostanza che parte significativa della produzione artistica di Maria Lai sia stata donata e spetti alla
Fondazione resistente.
Quanto sopra è assorbente (rispetto a tutte le ulteriori deduzioni coinvolgenti la posizione della SIAE,
i presunti dissidi della Lai con la Fondazione, gli ingenti investimenti del Comune di Ulassai) per
ritenere che la ricorrente, sulla base del negozio testamentario vanti i diritti d’autore su tutte le opere
dell’artista Maria Lai, anche su quelle nella proprietà della Fondazione resistente.
2.2 Ciò posto, occorre rilevare che rispetto alla pubblicazione dei volumi “Sguardo opera pensiero”,
“Fuori era Notte”, “I luoghi dell’arte a portata di mano”, “Come un gioco”, “Curiosape”, “Tenendo
per mano il Sole”, “Tenendo per mano l’ombra”, la domanda si appalesa comunque infondata,
essendo stata rivolta nei confronti della Fondazione Stazione dell’Arte, senza che allo stato vi sia
7alcun riscontro in ordine ad una qualche responsabilità della stessa nella pubblicazione o riproduzione
di tali volumi, nelle accezioni rilevanti ai fini della violazione del diritto d’autore.
I libri sopra indicati risultano editi dalla Arte Duchamp con la Arti grafiche Pisano (estranee al
giudizio), in un’epoca in cui la Fondazione non era stata neppure costituita (i volumi risultano editi
nel biennio 2002-2004, la Fondazione è stata costituita nell’ottobre del 2004).
Né la ricorrente ha offerto ulteriori riscontri sul punto: tali non possono essere le difese svolte dalla
Casa editrice Art Duchamp in precedente giudizio cautelare, cui era rimasta estranea la Fondazione,
per la ragione assorbente che tali difese hanno riguardato un solo specifico caso, quello della edizione
de “Il Dio distratto” e non possono essere estese, sic et simpliciter a tutti i rimanenti volumi.
Del resto, in assenza di un effettivo ed oggettivo riscontro in ordine all’assunto, secondo cui, la
Fondazione avrebbe rivestito il ruolo di co-editore o comunque un ruolo allo stesso equiparabile in
relazione alla pubblicazione di tali volumi, l’emissione del provvedimento inibitorio avrebbe come
destinatario principale un soggetto che è rimasto completamente estraneo al giudizio, in quanto non
convenuto.
Allo stato degli atti, deve pertanto escludersi la responsabilità della resistente in relazione alla
violazione dei diritti di esclusiva con riferimento ai volumi in questione, potendo e dovendo trovare
applicazione ai presenti fini, il principio espresso dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, con
riguardo alla posizione di chi si limita a commerciare un’opera illegittimamente riprodotta, secondo
cui: “Se è vero che il diritto di autore, anche nel suo profilo economico, esige una tutela forte, è anche
vero che i singoli soggetti della catena commerciale, estranei alla abusiva riproduzione, non possono
essere gravati di troppo pesanti oneri di controllo, tanto più che la tutela viene comunque almeno in
parte realizzata sotto il profilo “oggettivo” della distruzione o della aggiudicazione degli esemplari
reperiti. Le esposte considerazioni valgono anche ad escludere contraddittorietà fra l’orientamento
giurisprudenziale ribadito con la presente sentenza ed altra decisione di questa stessa Corte (la n.
2364 del 1988) richiamata dalla ricorrente, in cui ‘e affermato che la tutela del marchio di esprime
non solo contro chi abusivamente lo appone sui prodotti, ma anche nei confronti di chi, estraneo alla
prima operazione, fa commercio dei prodotti medesimi. Infatti, mentre nel caso ora in esame il
problema si sostanzia nella contrapposizione fra interesse dei commercianti (estranei all’iniziale
illecito) a non vedersi gravati di eccessivi oneri di controllo ed interesse dell’autore alla piena
realizzazione del profilo economico del suo diritto, nel caso invece del marchio viene in rilievo,
accanto all’interesse del titolare del segno distintivo e a quello dei commercianti estranei alla
contraffazione, l’ulteriore e primario interesse alla genuinita’ del mercato e alla salvaguardia dei
consumatori.”
Alla luce delle deduzioni sviluppate dalla ricorrente nelle note, pare inoltre opportuno precisare che,
quanto argomentato in relazione al volume “Maria Lai ABC: Sguardo Opera Pensiero” (cfr. pagina
10 delle note di replica del 2.10.2020), non trova riscontro nel volume prodotto quale documento 13
– che contiene un piccolo libro intitolato “Sguardo Opera Pensiero”, contenente aforismi e pensieri
dell’artista e che risulta edito dalla Art Duchamp nel 2004 – rispetto al quale valgono le considerazioni
sopra svolte circa l’assenza di un coinvolgimento della Fondazione rispetto alla riproduzione di tali
testi. Ed occorre altresì aggiungere che, in relazione al volume “Il Dio Distratto” – oggetto
dell’ordinanza inibitoria resa in data 25/7/2019 dal Tribunale Civile di Cagliari, Sezione specializzata
in materia di impresa, RG. 3235/2019, giudice Enzo Luchi –, le doglianze della ricorrente avanzate
in ricorso sull’inottemperanza della Fondazione al provvedimento del Tribunale, a seguito delle difese
della Fondazione, che ha rappresentato di aver prontamente disposto il ritiro del volume, sia dal
proprio bookshop presso il Museo, sia dalla propria “vetrina” online, non sono state ulteriormente
replicate, dovendo in proposito ravvisarsi una cessazione della materia del contendere, con la
conseguenza che nulla deve sul punto statuirsi.
2.3 Considerazioni diverse devono invece svolgersi in relazione agli ulteriori volumi prodotti dalla
ricorrente, ovvero “I Maestri della Terra”, nelle due edizioni proposte nel maggio del 2016 (l’una con
copertina bianca, l’altra con copertina nera) ed “Il Museo sotto il cielo” pubblicato nel 2019. Rispetto
a tali pubblicazioni deve infatti ritenersi che le ragioni della ricorrente siano pienamente assistite dal
fumus boni juris.
2.3.1 A fronte delle contestazioni della Fondazione, che assume che i suddetti volumi non rientrano
nel petitum cautelare del giudizio, essendo stati prodotti dalla ricorrente solo con le note di replica,
occorre preliminarmente rilevare che non si ravvisa sul punto alcuna illegittima estensione della
domanda.
La ricorrente ha agito in giudizio in via d’urgenza per chiedere tutela del proprio diritto d’autore,
assumendo che la resistente in via stragiudiziale aveva posto in essere comportamenti volti ad
arrogarsi indebitamente tale diritto; ed il thema decidendum del procedimento come poi profilatosi a
seguito delle difese svolte in giudizio dalla Fondazione attiene alla stessa titolarità dei diritti di
esclusiva riguardanti le opere ricevute in donazione dall’artista.
In tale contesto, deve ritenersi che il riferimento ai volumi oggetto della richiesta di cautela sia niente
di più che un riferimento empirico della domanda di inibitoria ex art. 156 L.d.a. formulata, che non è
stata ristretta all’elenco di libri individuato nelle conclusioni, ma è stata estesa a “tutte le
pubblicazioni esistenti poste dalla Fondazione Stazione dell’Arte in distribuzione ed in commercio”.
Stando così le cose, e posto che il procedimento cautelare non si caratterizza per preclusioni
istruttorie, l’indicazione degli ulteriori volumi prodotti con le note (rispetto ai quali le resistenti hanno
svolto ampie difese nel merito) non altera la domanda cautelare proposta, né comporta una sua
inammissibile estensione.
2.3.2 Ciò posto, occorre evidenziare che la tesi delle resistenti, riprodotta anche in relazione ai volumi
in questione, secondo cui le stesse non sarebbero (in definitiva) legittimate passive dell’azione
inibitoria proposta, in quanto avrebbero semplicemente commercializzato un prodotto edito da una
casa editrice terza – la quale sola potrebbe essere la destinataria passiva della doglianza – non
convince.
Rispetto a tali riproduzioni deve infatti essere adeguatamente valorizzato il ruolo che la Fondazione
Stazione dell’Arte ha assunto nelle stesse pubblicazioni contestate, dovendosi allo stato ritenere
ampiamente riscontrata la circostanza che per questi tre volumi, essa è stata la vera promotrice della
pubblicazione, come dimostrato dall’apposizione del logo della Fondazione sulle copertine (nonché
nelle pagine iniziali e finali) dei libri e dalle stesse “presentazioni” contenute in apertura dei cataloghi
(a firma di membri dello staff della Fondazione). In tale contesto, al contrario di quanto opinato dalla
Fondazione, il ruolo della casa editrice che ha materialmente curato la confezione degli scritti, pare
all’evidenza essere stato quello del mera esecutrice materiale di una condotta illecita consumatasi a
monte, con la pretesa della resistente di esercitare indebitamente i diritti di riproduzione alle immagini
delle opere dell’artista.
2.3.3 Rispetto a tali volumi, deve inoltre ritenersi sussistente anche l’ulteriore presupposto del
periculum in mora, da rinvenirsi nello stesso comportamento della resistente, che manifesta la pretesa
di poter liberamente esercitare i diritti di esclusiva sulle opere dell’artista.
Il valore economico complessivo dei cataloghi non è particolarmente ingente, ma tanto non esclude
di dovere attribuire alla condotta delle resistenti un potenziale effetto di pregiudizio irreparabile ove
le condotte censurate non fossero tempestivamente inibite.
È innegabile che il tempo necessario per lo svolgimento di un’eventuale causa di merito e la
possibilità di ulteriore espansione di tali condotte, determinerebbe quantomeno un aggravarsi del
danno, connesso al persistere dell’illecito e nella difficoltà di una precisa quantificazione dello stesso.
In questa prospettiva, può ritenersi che le violazioni dell’opera intellettuale altrui comportino un
pericolo nel ritardo rappresentato dalla prosecuzione dell’attività censurata appunto nelle more del
giudizio di merito, idonea a radicare un pregiudizio difficilmente risarcibile, anche perché di difficile
previsione.
2.5 Quanto alla cautela da concedere, a fronte della richiesta della *** di inibizione alle resistenti di
produzione e distribuzione dei volumi, di ritiro dal commercio di quelli esistenti e di pubblicazione
del provvedimento cautelare, con fissazione di una somma per le violazioni o per ogni ritardo
nell’esecuzione del provvedimento, ritiene questo giudice di dovere accordare quanto richiesto – in relazione (per quanto sopra chiaritosi) ai volumi “I Maestri e la Terra”, in entrambe le edizioni
prodotte, ed al volume “Il Museo sotto il Cielo” – disponendo la pubblicazione del provvedimento,
per estratto, su uno due maggiori quotidiani a diffusione regionale e su uno tra il Corriere della Sera
e la Repubblica (a scelta delle resistenti), risultando tali misure del tutto sufficienti ad eliminare ogni
pregiudizio effettivo.
***
Le spese seguono la soccombenza. Le resistenti devono pertanto essere condannate alla rifusione in
solido delle spese di lite sostenute dalla ricorrente, che vengono liquidate (in applicazione dei
parametri medi stabiliti per i procedimenti cautelari a complessità media, tenendo conto della
sostanziale assenza di una fase istruttoria autonoma) in Euro 4.454,00 oltre spese generali ed
accessori.
P.Q.M.
visto l’art. 669 octies c.p.c.
1) inibisce alle resistenti l’ulteriore commercializzazione, distribuzione o diffusione, in
qualunque forma o a qualsiasi titolo, dei volumi intitolati I Maestri e la Terra e Il Museo sotto
il Cielo;
2) ordina il ritiro dal commercio di tutti i volumi esistenti;
3) fissa la somma di euro 80,00 a titolo di penale per ogni volume eventualmente diffuso, ceduto
e/o commercializzato in violazione dell’inibitoria di cui al capo 1;
4) ordina la pubblicazione per estratto (intestazione e dispositivo) del presente provvedimento sui
quotidiani La Nuova Sardegna o L’Unione Sarda e sui quotidiani Corriere della Sera o la
Repubblica entro il 2.3.2021;
5) fissa la somma di euro 40,00 a titolo di penale per ogni giorno di ritardo della pubblicazione
(anche in uno solo dei quotidiani) di cui al capo che precede;
6) condanna i resistenti, in solido tra loro, al pagamento a favore della ricorrente delle spese di
lite, che liquida in Euro 4.454,00 oltre spese generali ed accessori.
Si comunichi.
Cagliari 19/01/2021
Il Giudice designato
Bruno Malagoli